9 giugno 1968
La scorsa settimana ha scosso il mondo a causa, come tutti sappiamo, dell'uccisione di Robert Kennedy, e delle circostanze drammatiche e tragiche di questo avvenimento, che si iscrive a caratteri indelebili non solo nella storia degli Stati Uniti d'America, ma altresì nella coscienza dell'umanità, come folle ed esecrando, e come stimolo perciò ad una perenne e salutare reazione spirituale.
Noi possiamo accogliere nelle intenzioni della nostra preghiera domenicale queste penose e profonde impressioni, perché le dobbiamo riportare a quella provvidenziale fecondità, che innalza la figura della vittima illustre e buona - accanto a quella del fratello John e di Luther King -
ad umana e cristiana condanna della violenza e della criminalità,
e le conferisce lo splendore d'un testimonio,
di cui faremo bene a ricordare la voce,
in favore dei poveri,
dei diseredati,
dei segregati,
dell'urgente progresso,
in una parola, della giustizia sociale,
conseguita non con la violenza e con la lotta discorde fra cittadini e fratelli,
ma con l'affermazione energica e coerente della libertà,
della fratellanza
e della responsabilità,
in virtù delle quali deve rinnovarsi la convivenza civile fra gli uomini.
Il coraggio ideale e morale di queste vittime insigni della viltà micidiale e delle passioni perverse, donde essa trae la sua spietata ferocia, l'odio e l'egoismo specialmente, sia monito salutare a ciascuno di noi a consacrarvi il nostro pensiero e la nostra azione:
i veri valori della vita trovano in quell'inerme coraggio il loro splendore, che li raccomanda alla nostra scelta generosa:
la verità, la bontà, la giustizia, l'amore.
Non li dimentichiamo.
Li ha dapprima annunciati Cristo, la divina Vittima per la redenzione umana; preghiamo per esserne noi stessi degni cultori, con la medesima fiducia in Cristo, che questi eroi vi hanno saputo attingere.