10 novembre 1968
Sapete Voi che oggi la gente dei campi celebra la « Giornata del Ringraziamento »?
Terminato il ciclo dei lavori agricoli e nella prossimità della festa di San Martino ( ch'è domani ), la quale segna in molti luoghi le scadenze e le decorrenze dei contratti di lavoro dei rurali, s'è pensato da qualche anno di istituire questa pausa spirituale per ringraziare quel Padre celeste, « il quale fa sorgere il sole … e fa piovere » sulla terra, su tutti, buoni e cattivi, e feconda la fatica umana affinché vi sia cibo sulla nostra mensa e benessere per la nostra vita e speranza per le stagioni future.
Non è questo un pensiero buono?
Non solo perché lo riporta alla serena pittoresca e arcadica scena della natura,
e offre ristoro e dignità e poesia all'opera primaria dell'uomo, obbligato a guadagnarsi il pane col sudore della sua fronte; ma anche perché scopre nelle condizioni del lavoro umano, risultante da due coefficienti,
uno quello naturale, quello della fecondità della terra e dell'utilità della materia prima,
l'altro quello umano, quello della fatica delle braccia e dell'ingegno dell'uomo, l'agricoltura e la tecnica,
un terzo coefficiente, imponderabile ma reale, l'azione della Provvidenza, presente con le leggi meravigliose delle cose create e con la sua libertà misteriosa,
che dispone nei ritmi stabiliti degli avvenimenti un gioco suo proprio,
che tutto sommato è, per chi lo sa riconoscere, un disegno di bontà,
anche quando la fatica è pesante e sterile,
e la vicenda inesorabile degli elementi naturali diventa pena e sventura,
una realtà questa che abbiamo tutti nel cuore, amarissima, in questi giorni.
Ma tuttavia questa visione del quadro, in cui si svolge il dramma lieto e triste della nostra esistenza, è pia, è sapiente, è doverosa.
Dobbiamo anche noi contemplarla,
per onorare la gente dei campi e auspicare anche per essa giusta ricompensa e stima sociale;
per nutrire un alto concetto del lavoro, qualunque sia, non staccato dalla religione, ma a questa coordinato;
e per benedire Iddio da cui tutto ci viene e che tutto ci dà come pegno di altri e maggiori doni futuri.
Così preghiamo.