19 gennaio 1969
Noi pensiamo anche oggi alla pace, alla pace del Vietnam, per cui sospira quel caro e tormentato Paese, ma a cui tutto il mondo aspira, come ad un bene comune, come ad un preludio di una conclusione del vecchio e deprecabile metodo di decidere e regolare con le guerre i rapporti interni ed esterni dei popoli.
Si guarda tutti a questo episodio della storia mondiale, tutti desiderando che si concluda con una pace, che sia principio definitivo del nuovo ed umano metodo di risolvere i conflitti, che sempre insorgeranno nella convivenza dell'umanità,
non con la guerra,
non con misure di forza e di violenza,
non con spargimento di sangue fraterno ( gli uomini ormai sono e devono essere tutti fratelli ),
non con orribili rovine,
non con vittorie d'orgoglio e di sopraffazione,
non con espedienti dilatori per collisioni e rivincite future.
Se viene questa pace, essa diventa simbolo profetico, programma politico, speranza per una nuova storia del mondo.
Tanto è il desiderio di pace, tanto evidente è il suo diritto a prevalere sugli eventi umani e sugli interessi particolari, che a chi, come Noi, guarda il dramma dal di fuori, la pace sembrerebbe facile e rapida; e il primo felice sintomo che oggi ne abbiamo, sembra un'aurora foriera della sua luce, nella tempesta che ancora tragicamente continua.
Ma si vede subito che la pace, la pace vera, quella che rispetta la libertà e l'onore dei contendenti, è ancora difficile, quasi come un miracolo; perché presuppone negli animi di chi ne guida le sorti, e nei cuori stessi dei Popoli, virtù grandi e magnanime:
esige sapienza,
esige clemenza,
esige moderazione e pazienza,
esige soprattutto amore; amore perfino verso chi è avversario, come insegna il Vangelo di Cristo;
esige anzi un aiuto di virtù morali e spirituali, che solo Dio può dare al debole e ribelle spirito umano.
Ed affinché queste virtù guidino le trattative iniziate, e Dio le sostenga con la sua misteriosa assistenza, noi oggi dobbiamo cordialmente pregare.