23 febbraio 1969
È questo il tema dell'ora storica presente.
Tutti lo sappiamo.
Sappiamo come in questo termine geografico si raccolgano gli elementi d'una tradizione secolare, determinanti per la civiltà moderna e per quella futura.
E intravediamo come dal valore che sarà riconosciuto a questo nome di Europa dipenderà la sorte dei popoli, che lo hanno proprio, e anche forse quella di altri.
La causa della pace vi è implicata strettamente.
Vediamo tutti come il grande problema dell'Europa sia quello della sua effettiva ed organica unificazione, nel rispetto, anzi nell'interesse delle singole Nazioni, che hanno ormai chiara e definita la loro personalità etnica e culturale.
È un problema, sì, assai difficile, che i politici devono trattare e risolvere.
I Nostri voti sono perché sia loro data la saggezza per questa impresa ardua, ma grande e, a quel che pare, indispensabile e indifferibile; matura.
Non tocca a Noi sentenziare e intervenire in proposito.
Ma è di tutti, e Nostro in modo speciale, il dovere di creare l'atmosfera morale nuova, la quale può agevolare la soluzione sperata.
L'atmosfera cioè di una mentalità nuova relativa alle relazioni fra popolo e popolo.
Non può essere
la mentalità della discordia, dell'egemonia, dell'egoismo nazionalistico;
e nemmeno quella d'un precario equilibrio di convivenza, fondata sulla bilancia di forze difensive o offensive,
e nemmeno sull'indifferenza di isolamenti puramente neutrali.
Deve essere una mentalità di reciproca stima, di mutua collaborazione, di progressiva convergenza in una pace attiva di comune vantaggio.
Cioè una mentalità umana più larga, più generosa, una mentalità spirituale, a formare la quale lo spirito cristiano, universale anzi, e cioè cattolico, può tanto giovare.
Dall'antica « cristianità » storica dell'Europa può derivare la socialità internazionale, di cui ha bisogno il suo progresso e la sua pace, per sé e per il mondo.
A questo fine oggi preghiamo.