27 aprile 1969
Gli immensi orizzonti della vita pellegrina nel tempo Chiesa e mondo siano oggi presenti nella nostra preghiera.
Queste due visioni, della Chiesa e del mondo, ci sono offerte da due avvenimenti della nostra cronaca romana, annunciati l'uno e l'altro per domani, lunedì.
Avremo infatti domani il Concistoro con la nomina di trentatré nuovi Cardinali, la maggior parte dei quali proviene da ogni parte della terra: Roma li fa suoi, li colloca titolari delle sue Chiese, li mette al nostro fianco per la guida di tutta la grande comunità cattolica.
La Chiesa intera celebra così la sua unità e la sua universalità, nella medesima fede, nella medesima carità.
Cristo si fa misticamente presente, in questa nostra Roma, con maggior evidenza, con maggior esigenza della nostra fedeltà e della nostra autenticità cristiana.
La Chiesa appare più viva, più benedetta, più responsabile, più impegnata, più solidale e più fraterna; è questa un'ora grande e drammatica, felice e promettente della sua storia.
Noi cattolici, noi di Roma specialmente, dobbiamo meditarla e renderla feconda di fortuna spirituale per noi, per i Fratelli cristiani ancora da noi separati e per tutta l'umanità.
Ecco il primo quadro, quello della Chiesa, che deve interessare i nostri animi.
L'altro quadro, quello del mondo, che comprende il primo, ci è aperto davanti dalla visita del Segretario delle Nazioni Unite, il Sig. Thant, con altri esponenti di organismi internazionali, che fanno capo alla massima Organizzazione per la pace e per il progresso di tutti i Popoli del mondo.
Lo riceveremo con onore, per assicurare la nostra libera collaborazione morale ai grandi programmi dell'ONU per il bene solidale di tutti gli uomini.
Anche questo scopo interessa moltissimo, sebbene esso sia su un altro piano, quello temporale, che non quello della nostra missione spirituale.
E ciò tanto più in un momento, come il presente, tanto teso e grave per la sorte della civiltà.
Chiesa e mondo: gli orizzonti sono immensi, e sono quelli della nostra vita pellegrina nel tempo.
Siano quelli in cui respira largamente la nostra preghiera.
Sappiamo che oggi l'interesse pubblico è chiamato a celebrare la « Giornata della Madre e del Bambino ».
L'iniziativa, Ci dicono, ha due motivi principali: la festa della Mamma e la commemorazione del decennale della proclamazione, fatta dall'Organizzazione delle Nazioni Unite ( O.N.U. ), della Carta dei diritti del Fanciullo.
Noi dobbiamo fare nostro questo interesse, promosso da benemerite istituzioni civili, non solo perché « niente di ciò ch'è umano consideriamo estraneo » al nostro senso cristiano e alla nostra missione nel mondo, ma perché l'una e l'altro di questi soggetti oggi celebrati, la madre e il fanciullo, sono per noi esseri sacri e sublimi, al vertice della dignità umana, e capolavori dell'opera creatrice e amorosa di Dio.
La madre, perché donna,
la creatura della bellezza, della bontà e dell'amore,
per essere la consorte incomparabile e inseparabile dell'uomo, il suo specchio ideale e il suo ausilio complementare,
la sorgente inviolabile della vita nuova
la nutrice e l'educatrice del figlio,
la lampada del focolare e
la custode della famiglia,
la maestra del primo linguaggio e del senso morale,
la base della società buona ed onesta.
Il bambino: nessun elogio è pari al prodigio ch'egli è, nessuna cura bastevole ai bisogni e ai diritti della sua debolezza, nessuna protezione sufficiente ai doveri della società, in cui egli nasce, cresce e deve diventare cittadino sano, cosciente, libero e forte.
Sappiamo tutte queste cose; ma sono così belle e importanti che faremo bene a ripensarle, specialmente alla luce di una duplice ragione:
di sana e sofferta reazione la prima, al confronto del clima troppo spesso malsano e moralmente infettivo in cui la maternità e l'infanzia vengono a trovarsi nel disordine e nella licenza del mondo moderno;
di gaudioso e confortante riferimento la seconda: a Maria, la Madre per eccellenza, e a Gesù, figlio dell'uomo e figlio di Dio, nei quali ogni Mamma e ogni bambino possono trovare il loro sommo modello e la loro superiore salvezza.