4 maggio 1969
Noi ricordiamo la letizia infantile con cui, andando a scuola, portavamo fiori per l'altare della Madonna: lumi, canti, preghiere e « fioretti » davano gioconda espressione alla devozione verso Maria Santissima, che ci appariva allora come la regina della primavera; primavera della natura e primavera delle anime.
Perché non ricordare con animo semplice, quasi ritornasse evangelicamente fanciullo, questa associazione ideale del culto alla Vergine con la fioritura della vita?
Questa è pietà ingenua e popolare; ma è sapiente e piena di segreti conforti.
Vale ancora la pena di meditare come Maria sia davvero, e per tutti coloro che sanno comprendere con umile cuore le grandi verità del mondo cristiano, la figura unica e tipica di bellezza, di innocenza, di vita nuova, alla quale è sempre doveroso e sempre benefico rivolgere lo sguardo, per vedere in Lei il riverbero più perfetto di Cristo, e perciò quella pienezza di grazia, che riempie lo spirito di esuberante ammirazione e di vittoriosa speranza.
Non è questa autentica spiritualità cristiana?
Non è questa una sorgente di quelle virtù evangeliche, che fanno pia, buona e lieta la vita; la capacità di credere e di amare, la stima gelosa della purezza, la fusione della fortezza con la mitezza, e così via?
Non è sentimentalismo; è scuola di alta umanità.
Maria ci è guida e sostegno.
In giorni come i nostri, in cui la degradazione dei valori morali sembra diventare una moda senza freno e rasentare certi casi che fanno tanto parlare di sé, orrendi e sciagurati livelli di bassezza, di vizio, di delitto, sarà tanto più salutare che ci ricordiamo della « rosa mistica », e che ritroviamo gioia e pace dicendo a Lei, con rinato fervore: ave, Maria.