15 maggio 1969
La nostra finestra si apre sopra di voi, che con grande Nostra consolazione Ci fate dono della vostra presenza.
Ci invitate a questo breve dialogo ed attendete d'essere da Noi benedetti.
E oggi, festa dell'Ascensione, questo Nostro gesto suggerisce simbolicamente la Nostra parola: bisogna guardare il mondo dall'alto, come chi sale in montagna, e contempla il panorama nella sua prospettiva d'insieme.
Vogliamo dire, quasi salendo con Cristo nel cielo, che bisogna ricordare
le dimensioni globali delle cose,
il disegno generale della nostra vita,
lo svolgimento e la direzione finale, che essa assume nel disegno del tempo e degli avvenimenti che passano e il termine ultimo a cui si dirige.
In linguaggio cristiano diremo che dobbiamo avere il senso « escatologico » del nostro breve pellegrinaggio nel tempo, cioè l'avvertenza dei destini ultimi, che ci aspettano, e che la festa odierna ci prospetta in un mondo ultraterreno, in una pienezza terminale della nostra esistenza, nella partecipazione con Cristo a una forma nuova e felice di vita divina.
Sempre che, appunto, a questa mèta ci sappiamo dirigere senza farci prigionieri del tempo presente, prezioso ma fuggevole, e degli interessi terreni, estremamente importanti solo se collegati con quelli supremi, ultraterreni.
Pensiamoci, Figli carissimi, perché questa è la visione dall'alto, quella vera della vita.
Ma abbiamo altre cose da dirvi: oggi, 15 maggio, è l'anniversario della pubblicazione della Enciclica Rerum novarum di Leone XIII, che prospettò alla Chiesa e al mondo la famosa questione sociale in termini di giustizia cristiana: quella parola merita ricordo perché ancora viva e attuale.