22 marzo 1970
Dobbiamo riprendere in mano i nostri rami d'olivo.
Li abbiamo anche Noi stessi poco fa benedetti e distribuiti durante la cerimonia liturgica celebrata a San Pietro, ai giovani specialmente, rievocando il Vangelo, quando Gesù entrò festosamente in Gerusalemme e fu pubblicamente acclamato Messia, il figlio di David, il Re promesso della liberazione e della pace per il Popolo di Dio e per l'intera umanità.
Il pensiero ritorna così alla pace.
Alla pace preziosa, già conseguita, ma ancora così incompleta nei cuori e nella società.
Alla pace di compromesso e imperfetta fra alcune Nazioni, la quale sembra volersi finalmente comporre e giustamente consolidare.
Alla pace sofferente e intollerabile, dove manca il pane sufficiente per la fame della misera gente ( proprio oggi, ci dicono, l'iniziativa delle « mani tese » ce lo ricorda ).
Alla pace fittizia, dove manca vera libertà civile e religiosa.
Alla pace ferita e sanguinante in diverse regioni del mondo colpite da conflitti rovinosi e micidiali.
Alla pace minacciata da crescenti e spaventosi armamenti.
Povera pace! tanto desiderata, tanto necessaria, tanto conclamata; e ancor oggi tanto simulata, insidiata, offesa e tradita.
Dobbiamo sempre desiderarla e servirla, e non perdere la fiducia di poterla raggiungere.
Occorrerà certo generarla ad ogni ora della vita e della storia.
E noi sappiamo che lo possiamo, perché Cristo è la nostra pace ( Ef 2,14 ).
Oggi a lui offriamo il tributo di questa nostra fiducia, e gli rinnoviamo la promessa di ascoltare la sua voce.
Dovremo unire l'olivo alla croce!
E intanto prendiamo coraggio invocando la Regina della Pace.