5 luglio 1970
La stagione invita alle vacanze, allo svago, al risposo, all'evasione dalla monotonia e dall'affanno della vita consueta.
Ma lo spirito non va in vacanza.
Ce lo dice il Signore.
Bisogna pregare sempre. ( Lc 18,1 )
Innanzi tutto perché questa è la legge dello spirito: vigilare, vigilare sempre; e se il ritmo delle solite occupazioni si allenta un po', e se ci consente qualche momento di distensione, la coscienza dovrebbe profittarne per rientrare in se stessa, per riflettere su di sé e sulle cose e sulle vicende del nostro tempo, dalle quali siamo tanto assorbiti, e per affrancarsi dall'alienazione a cui ci obbligano le occupazioni ordinarie.
Se abbiamo questa fortuna, allora la ricerca dell'orientamento vitale, la riflessione sui veri valori e sui doveri superiori, il bisogno d'un colloquio, che salga dal cuore verso la Presenza trascendente, in cui, quasi senza accorgerci, « viviamo, ci moviamo ed esistiamo », ( At 17,28 ) diventano facili e spontanei.
La preghiera si accende quasi da sé.
È bene favorirla.
Qualche momento di vita contemplativa restituisce alla nostra esistenza il suo senso, il suo gusto; e il consueto programma d'orazione, liturgica o privata, col quale la Chiesa sempre ci assiste, viene in aiuto della nostra inabilità al dialogo trepido e filiale con Dio.
E poi le circostanze della cronaca dei nostri giorni sembrano stimolarci e quasi incalzarci alla medesima attitudine di riflessione e di preghiera:
come chiudere gli occhi su ciò che avviene nel mondo?
su ciò che incombe su la nostra società?
sull'equilibrio necessario al progresso e alla pace?
Minacce gravi s'intrecciano con speranze buone: non possiamo per queste e per quelle prescindere dall'aiuto di Dio.
E forse Dio permette che si producano queste tensioni proprio per farci più coscientemente buoni e forti, e richiamarci al primo nostro dovere, ch'è quello religioso, quello di pregare.
Credete a Noi: v'è oggi bisogno di questo, come sempre e più di sempre.