14 marzo 1971
Il nostro pensiero è ancora rivolto alla pace nel mondo, là specialmente dove essa è tuttora così gravemente turbata, e dove le speranze d'un suo prossimo ristabilimento si alternano a nuovi periodi di più lunghi ed estesi conflitti.
Noi ora non siamo che spettatori delle tristi situazioni dell'estremo Oriente e del prossimo Oriente; ma non possiamo rimanere indifferenti e silenziosi.
Noi sentiamo ripercuotersi nel nostro cuore le violenze, le sofferenze, le rovine, le minacce di queste scene di guerra, e assumiamo in Noi, a causa del nostro ministero, le ansie e le aspirazioni delle popolazioni coinvolte nelle interminabili contese, come pure facciamo nostri i sentimenti dell'intera umanità desiderosa di ordine e di tranquillità.
Perciò Noi con umile, ma non timida voce ci rivolgiamo alle grandi istituzioni internazionali affinché vogliano promuovere e favorire senza posa ogni leale tentativo di un equo ristabilimento di normali rapporti fra i popoli.
Noi scongiuriamo i Capi responsabili delle parti in causa a dare effettiva esecuzione ai loro conclamati propositi di conclusive trattative per un nuovo ed onorevole equilibrio internazionale.
Noi esortiamo gli arbitri dell'opinione pubblica a confortare le speranze di sempre possibili soluzioni pacifiche, e a non permettere che si degradi nella coscienza delle nuove generazioni l'ideale della giustizia, della libertà e della fratellanza dei popoli.
Occorrerà riaffermare le ragioni riconosciute alle diverse Nazioni del diritto alla loro indipendenza, e alla legittima integrità e inviolabilità dei loro territori.
Dovranno tenersi in effettivo rispetto, da tutte le Parti, gli accordi già sanciti per assicurare un pacifico assetto ai territori che sono ora teatro di guerra.
Bisognerà dare massima considerazione alle necessità vitali dei profughi e delle popolazioni vittime delle anormali condizioni causate dai presenti conflitti.
Bisognerà anche rinunciare alle lotte di puro prestigio e di egemonia o d'interesse economico, per ritrovare invece formule generose di accordo e di reciproco rispetto.
E riferendoci più specialmente alla situazione del prossimo Oriente, la quale merita ben più ampio discorso, sentiamo di avere anche Noi un grave diritto-dovere da tutelare, e non solo in Nostro nome, ma anche di tutta la cristianità, quello del riconoscimento delle peculiari esigenze dei Luoghi Santi nella Palestina, della permanenza dei Cristiani in quell'avventurato Paese, e dello statuto di Gerusalemme, dove non si può negare la convergenza specialissima d'un pluralismo di diritti storici e religiosi.
Questa complessa e drammatica visione, che abbraccia così vasti orizzonti, deve impegnare la nostra comune ed amorosa vigilanza, sostenuta, in questo periodo specialmente, forse decisivo per tanti problemi, dalla nostra fiduciosa preghiera.