8 agosto 1971
Ecco l'agosto.
È il momento caratteristico delle vacanze: si sospendono le consuete occupazioni, chiuse le scuole, fermo il lavoro, tutti in movimento in cerca di contatto con la natura, di svago, di riposo.
È una specie di evasione dalla costrizione e dalla fatica che l'intensità obbligata della vita moderna fa pesare sulla società organizzata e progredita.
Noi auguriamo a tutti buona e serena e ristoratrice questa pausa, che sembra tanto naturale e tanto vicina alla felicità.
Ma con due raccomandazioni.
La prima: non dimentichiamo quelli che non possono godere di questa beata distensione fisica e psicologica: cioè quelli che devono rimanere al lavoro anche in questo periodo, e specialmente coloro che sono al loro posto di impegno e di fatica proprio perché gli altri possano godere le loro vacanze: dobbiamo almeno un pensiero di rispetto e di riconoscenza a questi operatori dell'altrui vacanza.
Poi come non ricordare quelli che soffrono, i malati ed i poveri in modo particolare?
Essi devono avvertire ora maggiormente la loro infelice condizione, la disparità della loro sorte; non li dimentichiamo; e sappiamo avvertire l'ambiguità del nostro mondo, in cui vicino al benessere crescente vi è ancora un malessere così diffuso e tanto più sentito quanto più confrontato con l'agiatezza altrui e non di raro quanto più ingiusto e bisognoso d'un solidale e cristiano soccorso.
Questo umano ricordo non diminuisce, ma accresce la serenità delle buone vacanze.
Poi un'altra raccomandazione: che la beatitudine della vacanza non ci illuda sulla vera beatitudine, ch'è ancora quella evangelica, della vita tesa dai doveri e dalle speranze d'un mondo, che non è qui.
Che la concezione edonistica e gaudente della vita non abbia il sopravvento su quella vera e forte del nostro programma difficile, ideale e buono, di persone cioè impegnate in una missione generosa e valorosa di bene.
Prendiamo fiato anzi per essere validi a questa qualificazione di vita guidata dalla fede e dall'amore, seguace di Cristo.
Prima di darvi la Benedizione, vogliamo salutare due gruppi speciali, presenti a questo Nostro incontro festivo.
Il Gruppo cioè delle « Volontarie di Don Bosco » qua convenute per celebrare in letizia spirituale e in fortezza morale la recente erezione canonica del loro Istituto secolare di ottime figlie della Chiesa di Dio e di alunne del grande Santo fondatore dei Salesiani.
Esse si propongono di offrire la loro vita, secolare nella forma, ma consacrata nella sostanza, al servizio dei Poveri e della Gioventù: quale più bella ed esaltante missione di questa.
Queste « Volontarie salesiane esterne », hanno la loro sorgente a Torino, ma sono già numerose e diffuse in varie Nazioni, in zone di missione, dedicano eroicamente l'opera loro alle forme di apostolato più delicate e più urgenti, assistono lebbrosi nell'Estremo Oriente, e danno silenziosa e commovente testimonianza della perenne e primaverile vitalità della Chiesa cattolica, in questi giorni che sembrano così aridi per la nuova fioritura del Regno di Dio.
Noi le salutiamo, le incoraggiamo e le benediciamo di cuore.
L'altro gruppo, che poi incontreremo un momento nella sala superiore, è quello dei 41 Pellirossa Canadesi; sì, i famosi Pellirossa della nostra letteratura e della nostra fantasia; autentici « Indiens Pieds-noirs », cattolici, della rinomata missione di Padre Lacombe, detto « l'homme au grand cœur » e ora condotti qua dal Padre Maurice Goutier, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.
Siamo felici di accoglierli, come figli, come fratelli; siamo lieti di presentarli a voi, come membri cari e fedeli della Chiesa, degni del nostro affetto e della nostra comunione cattolica, e di tutto cuore li salutiamo come testimoni dell'unità e dell'universalità della vocazione cristiana, benedicendo, con particolari voti, loro ed il loro Popolo.