24 ottobre 1971
Siamo orami abituati a celebrare « Giornate », cioè a dedicare una data giornata, di solito ogni anno ricorrente, ad un pensiero speciale per derivarne motivi a scopi speciali; e ciò facciamo quando la causa in questione riveste grande importanza.
Oggi celebriamo la Giornata Missionaria; e la causa ch'essa presenta è di tale importanza da scuotere l'abitudine a simili celebrazioni, e da obbligare a rivolgere pensieri e propositi a questa « Giornata » di sommo interesse.
Nessun'altra forse, all'infuori delle feste religiose, è così impegnativa.
Essa appassiona il Nostro pensiero: abbiamo davanti il disegno divino circa la diffusione sulla terra e nella storia del regno di Dio, del Vangelo, della vera fede, della Chiesa; circa cioè il piano della salvezza dell'umanità.
Dio, si è detto, ha bisogno degli uomini!
Perché questo piano praticamente ha da compiersi mediante la cooperazione degli uomini, che si fanno missionari per annunciare e per fondare la Chiesa, organo della salute portata al mondo da Cristo.
Ora l'aspetto interessante di questo grande disegno, messo in chiara evidenza dal Concilio, si è che tutti siamo chiamati, in quanto cristiani, ad essere missionari, secondo le nostre possibilità; possibilità che ciascuno deve scoprire e promuovere ed accrescere nel programma della propria vita.
Lo sforzo missionario è una vocazione comune a tutti, è una responsabilità di ciascuno di noi, la quale si fa viva ed urgente quando, come oggi, ogni fedele si chiede:
per il fatto che io sono cristiano cattolico, mi sento io missionario?
Che cosa faccio io per le missioni?
Non esistono umili ed eroiche stazioni missionarie, in qualche parte del mondo, che mi chiamano alla solidarietà, alla carità verso il loro sforzo apostolico?
Ed ecco allora come questa « Giornata » è la giornata dell'avventura senza fine nella storia della Chiesa e del mondo.
Ne abbiamo oggi davanti una scena che possiamo dire emblematica: è la presenza di un gruppo di pellegrini di Apia, un'isola dell'arcipelago di Samoa nell'Oceano Pacifico.
Sono venuti a restituirci la visita che Noi abbiamo fatto alla loro popolazione, lo scorso anno, per attestarci la loro fraternità nella fede: quale meraviglia! dal Pacifico a Roma per fare omaggio a Cristo e alla Chiesa.
E poi non abbiamo Noi, con gli altri Concelebranti, distribuito poco fa, durante la Messa nella Basilica, quattrocento Crocifissi agli apostoli nuovi, ai Missionari e alle Missionarie, che lo porteranno sul cuore per annunciarlo col cuore a lontani futuri catecumeni e cristiani?
E allora, voi Campanari dell'Emilia e della Romagna, con alcuni Veronesi, oggi presenti in questa Piazza, salutate col vostro squillante concerto la Chiesa missionaria, tutta la Chiesa sulla terra dove Cristo è arrivato o deve arrivare.
Sappiamo che siete circa duecentocinquanta, e che rappresentate magnificamente la vostra categoria, la vostra arte: quella che dà voce di campane alle nostre chiese: voce di bronzo, forte e gentile, che chiama da secoli le Nostre comunità di fedeli al pensiero religioso, librato nell'alto;
le convoca alla preghiera, canta con loro a Dio,
per loro inneggia ai giorni del Signore,
saluta la Madonna ed i Santi,
accompagna il lavoro umano,
dà il benvenuto a chi nasce,
festeggia chi sposa,
scongiura le tempeste,
dà ritmo al tempo e piange chi muore,
e fa della vita profana un dialogo sacro fra terra e cielo!
Sonate, ché questo giorno è bello, è grande; è giorno delle missioni, giorno del regno di Dio che vuol diffondersi sulla terra per darle fede, speranza, amore; per darle forza e pace e gioia.
Sonate, così che l'eco metallica ed angelica delle vostre campane si diffonda nel mondo per annunciare ancora e sempre il mistero pasquale della nostra salvezza umana e cristiana.
Anche a voi, Campanari, la Nostra benedizione, alla vostre famiglie, ai vostri colleghi di lavoro, alle vostre officine, alle vostre campane!
Preghiamo insieme la Madonna, Madre della Chiesa e Regina del Cielo!