9 gennaio 1972
Non dobbiamo staccarci dai buoni e alti pensieri che hanno dato ragione di festa e di gaudio alle passate solennità natalizie.
Il pensiero dominante, che dobbiamo portare con noi, è quello della fede.
Il Natale, che ci ha fatto celebrare la nascita di Cristo a Betlemme 1971 anni fa, deve riflettere oggi in ciascuno di noi lo stesso mistero: la nascita di Cristo.
Qual è questa nascita?
È la fede, lo sappiamo;
è la convinzione che quella realtà storica e mistica è per noi verità che ci salva;
è l'adesione cosciente e voluta al fatto che siamo cristiani, che ciascuno di noi deve vivere di questa certezza e di questa coscienza.
Credere bisogna; credere che da questo spirituale contatto deve derivare la luce interiore e la norma superiore della nostra maniera di pensare e di agire.
Non è cosa semplice, anche perché siamo tutti pressati a prescindere dalla nostra fede religiosa, e a comportarci come se noi non la avessimo, o come se essa non avesse alcuna importanza effettiva e pratica.
Invece no: il cristianesimo, al quale dobbiamo essere grati e fieri di appartenere, altro non è, nella vita vissuta, che un fatto di coerenza:
bisogna vivere non senza fede, o puramente con una fede dormiente e inoperante;
ma dobbiamo vivere traendo dalla fede il principio logico e realistico della nostra esistenza.
Ripeteremo per tutti: cristiano, sii cristiano.
Tutto qui; ma come vedete, non è poco; ed è bello, ed ha in se stesso la forza, cioè la grazia, per essere realizzato.
E voglia la Madonna, che ora invocheremo e che nel Natale abbiamo riconosciuto al centro della storia della nostra salvezza, « causa della nostra letizia », esserci sempre vicina, affinché noi possiamo essere sempre vicini a Cristo.
Ancora a tutti: buon Natale e buon Anno!