Codice di Diritto Canonico |
Can. 617
I Superiori adempiano il proprio incarico ed esercitino la propria potestà a norma del diritto universale e di quello proprio.
Can. 618
I Superiori esercitino in spirito di servizio quella potestà che hanno ricevuto da Dio mediante il ministero della Chiesa.
Docili perciò alla volontà di Dio nell'adempimento del proprio incarico, reggano i sudditi quali figli di Dio, e suscitando la loro volontaria obbedienza nel rispetto della persona umana, li ascoltino volentieri e promuovano altresì la loro concorde collaborazione per il bene dell'istituto e della Chiesa, ferma restando l'autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto.
Can. 619
I Superiori attendano sollecitamente al proprio ufficio e insieme con i religiosi loro affidati si adoperino per costruire in Cristo una comunità fraterna nella quale si ricerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa.
Diano perciò essi stessi con frequenza ai religiosi il nutrimento della parola di Dio e li indirizzino alla celebrazione della sacra liturgia.
Siano loro di esempio nel coltivare le virtù e nell'osservare le leggi e le tradizioni del proprio istituto; provvedano in modo conveniente a quanto loro personalmente occorre; visitino gli ammalati procurando loro con sollecitudine le cure necessarie, riprendano gli irrequieti, confortino i timidi, con tutti siano pazienti.
Can. 620
Sono Superiori maggiori quelli che governano l'intero istituto, o una sua provincia, o una parte dell'istituto ad essa equiparata, o una casa sui iuris, e parimenti i loro rispettivi vicari.
A questi si aggiungano l'Abate Primate e il Superiore di una congregazione monastica, i quali tuttavia non hanno tutta la potestà che il diritto universale attribuisce ai Superiori maggiori.
Can. 621
Col nome di provincia si designa l'unione di più case che costituisce una parte immediata dell'istituto sotto il medesimo Superiore, ed è canonicamente eretta dalla legittima autorità.
Can. 622
Il Moderatore supremo ha potestà, da esercitare secondo il diritto proprio, su tutte le province dell'istituto, su tutte le case e su tutti i membri; gli altri Superiori godono di quella potestà nell'ambito del proprio incarico.
Can. 623
Per essere validamente nominati o eletti all'ufficio di Superiore si richiede un periodo adeguato di tempo dopo la professione perpetua o definitiva, da determinarsi dal diritto proprio o, trattandosi di Superiori maggiori, dalle costituzioni.
Can. 624
§1. I Superiori devono essere costituiti per un periodo di tempo determinato e conveniente secondo la natura e le esigenze dell'istituto, a meno che le costituzioni non dispongano diversamente per il Moderatore supremo e per i Superiori delle case sui iuris.
§2. Il diritto proprio provveda con norme opportune che i Superiori costituiti a tempo determinato non rimangano troppo a lungo in uffici di governo senza interruzione.
§3. Tuttavia durante il loro incarico possono essere rimossi dal loro ufficio o trasferiti ad un altro, per ragioni stabilite dal diritto proprio.
Can. 625
§1. Il Moderatore supremo dell'istituto sia designato mediante elezione canonica a norma delle costituzioni.
§2. Alle elezioni del Superiore di un monastero sui iuris, di cui al can. 615, e del Moderatore supremo di un istituto di diritto diocesano presiede il Vescovo della sede principale.
§3. Gli altri Superiori siano costituiti a norma delle costituzioni, in modo però che se vengono eletti necessitino della conferma del Superiore maggiore competente; se poi vengono nominati dal Superiore, si premetta una opportuna consultazione.
Can. 626
I Superiori nel conferire uffici e i membri nelle elezioni osservino le norme del diritto universale e del diritto proprio, si astengano da qualunque abuso o preferenza di persone e, null'altro avendo di mira che Dio e il bene dell'istituto, nominino o eleggano le persone che nel Signore riconoscono veramente degne e adatte.
Inoltre nelle elezioni rifuggano dal procurare in qualunque modo voti per sé o per altri, direttamente o indirettamente.
Can. 627
§1. I Superiori abbiano il proprio consiglio a norma delle costituzioni e nell'esercizio del proprio ufficio siano tenuti a valersi della sua opera.
§2. Oltre ai casi stabiliti dal diritto universale, il diritto proprio determini i casi in cui per procedere validamente è richiesto il consenso oppure il consiglio, a norma del can. 127.
Can. 628
§1. I Superiori designati a tale incarico dal diritto proprio dell'istituto visitino con la frequenza stabilita le case e i religiosi loro affidati, attenendosi alle norme dello stesso diritto proprio.
§2. È diritto e dovere del Vescovo diocesano visitare, anche per quanto riguarda la disciplina religiosa:
1° i monasteri sui iuris, di cui al can. 615;
2° le singole case di un istituto di diritto diocesano che sono nel suo territorio.
§3. I religiosi si comportino con fiducia nei confronti del visitatore e rispondano secondo verità nella carità alle domande da lui legittimamente poste; a nessuno poi è lecito distogliere in alcun modo i religiosi da un tale obbligo, né impedire altrimenti lo scopo della visita.
Can. 629
I Superiori risiedano ciascuno nella propria casa, e non se ne allontanino se non a norma del diritto proprio.
Can. 630
§1. I Superiori riconoscano ai religiosi la dovuta libertà per quanto riguarda il sacramento della penitenza e la direzione della coscienza, salva naturalmente la disciplina dell'istituto.
§2. I Superiori provvedano con premura, a norma del diritto proprio, che i religiosi abbiano disponibilità di confessori idonei, ai quali possano confessarsi con frequenza.
§3. Nei monasteri di monache, nelle case di formazione e nelle comunità più numerose degli istituti laicali vi siano, d'intesa con la comunità interessata, confessori ordinari approvati dall'Ordinario del luogo, senza tuttavia alcun obbligo di presentarsi a loro.
§4. I Superiori non ascoltino le confessioni dei propri sudditi, a meno che questi non lo richiedano spontaneamente.
§5. I religiosi si rivolgano con fiducia ai Superiori, ai quali possono palesare l'animo proprio con spontanea libertà.
È però vietato ai Superiori indurli in qualunque modo a manifestare loro la propria coscienza.
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