Auctorem fidei |
LXXI. Parimenti quella prescrizione la quale proibisce che le immagini, specialmente della Beata Vergine, si distinguano con altri titoli, fuorché con le denominazioni che siano analoghe ai Misteri dei quali si fa espressa menzione nella sacra Scrittura;
Quasi che non si potessero dare alle immagini altre pie denominazioni, le quali anche nelle stesse pubbliche preci la Chiesa approva e raccomanda;
* * *
LXXII. Parimenti quella la quale vuole che si estirpi come abuso il costume di conservare velate certe immagini;
* * *
Promemoria sulla riforma delle feste, § 3.
LXXIII. La proposizione la quale afferma che l'istituzione delle nuove feste ha avuto origine dalla trascuratezza nell'osservare le antiche, e dalle errate conoscenze della natura e del fine delle medesime;
* * *
Ibidem, § 8.
LXXIV. La deliberazione del Sinodo circa il trasferimento nel giorno di domenica delle feste istituite nel corso dell'anno, essendo certo che compete al Vescovo la disciplina ecclesiastica relativa a materie meramente spirituali; conseguentemente necessita abrogare anche il precetto di ascoltare la Messa nei giorni nei quali lo stesso precetto è ancora in vigore per precedenti leggi della Chiesa; e necessita anche trasferire nell'avvento, con decisione del Vescovo, i digiuni da osservarsi durante l'anno per precetto della Chiesa;
In quanto afferma essere lecito al Vescovo, per proprio diritto, trasferire i giorni prescritti dalla Chiesa per la celebrazione delle feste e dei digiuni, o di abrogare il precetto ingiunto di ascoltare la Messa;
* * *
Promemoria circa la riforma dei giuramenti, § 5.
LXXV. La dottrina la quale dice che nei tempi felici della Chiesa nascente i giuramenti sembrarono talmente alieni dagl'insegnamenti del Divino Maestro e dall'aurea semplicità Evangelica, che "lo stesso giurare senza una estrema ed indispensabile necessità sarebbe stato considerato come un atto irreligioso, indegno di un cristiano";
inoltre, "che l'ininterrotta serie dei Padri dimostra che il sentimento comune era di considerare i giuramenti come proscritti";
pertanto condanna i giuramenti che la curia ecclesiastica, modellandosi sulla giurisprudenza feudale, ha adottati nelle investiture e perfino nelle sacre Ordinazioni dei Vescovi;
e stabilisce perciò doversi implorare dal potere secolare una legge per l'abolizione dei giuramenti che si esigono anche nelle curie ecclesiastiche per essere ammessi a cariche, uffici e generalmente in qualunque atto curiale;
* * *
Delle conferenze ecclesiastiche, § 1.
LXXVI. Il modo oltraggioso con cui il Sinodo tratta la Scolastica, come quella
che "aperse la strada
all'invenzione di nuovi sistemi fra sé discordanti sulle verità più
preziose, e infine condusse al probabilismo ed al lassismo";
In quanto attribuisce alla Scolastica i vizi dei singoli, i quali poterono abusare o abusarono della medesima;
* * *
Ibidem.
LXXVII. Parimenti in quanto soggiunge che "il mutamento della forma del governo ecclesiastico, facendo dimenticare ai Ministri della Chiesa i loro diritti, che sono nel tempo stesso i loro obblighi, terminò col far perdere le idee primitive del Ministero Ecclesiastico e della sollecitudine pastorale";
Quasi che per il cambiamento del governo congruente alla disciplina stabilita, ed approvato nella Chiesa, si sia potuto dimenticare e perdere la primitiva nozione del ministero ecclesiastico o della pastorale sollecitudine;
* * *
Ibidem, § 4.
LXXVIII. La prescrizione del Sinodo circa l'ordine di trattare le cose nelle conferenze, secondo la quale, dopo aver premesso che si deve distinguere "in ciascun articolo ciò che appartiene alla Fede ed all'essenziale della Religione da ciò che è materia di disciplina", soggiunge "che in questa stessa ( disciplina ) si distinguerà ciò che è necessario o utile per mantenere i fedeli nello spirito da ciò che è inutile e tendente a gravare i fedeli medesimi di un peso che non conviene alla libertà dei figliuoli della nuova alleanza; e molto più da ciò che è pericoloso o nocivo, perché inducente alla superstizione e al materialismo";
In quanto per la generalità delle parole comprenda e assoggetti all'esame prescritto anche la disciplina costituita e approvata dalla Chiesa, quasi che la Chiesa, la quale è retta dallo spirito di Dio, potesse stabilire una disciplina non solamente inutile e più gravosa di quello che comporti la libertà cristiana, ma addirittura pericolosa, nociva, inducente nella superstizione e nel materialismo;
* * *
Orazione al Sinodo, § 2.
LXXIX. L'asserzione la quale con maldicenze e contumelie se la prende contro le opinioni discusse nelle Scuole cattoliche, e circa le quali la Sede Apostolica non ha ritenuto per ora di definire o di pronunciarsi;
* * *
Promemoria per la Riforma dei Regolari, § 9.
LXXX. La regola prima, la quale stabilisce generalmente e indistintamente "che lo stato Regolare o Monastico è di natura sua incompatibile con la cura delle anime e con gli esercizi della vita pastorale, e perciò incapace di far parte della gerarchia Ecclesiastica senza urtare direttamente i principi della stessa vita monastica" ;
"Quasi che i Monaci, i quali per la severità dei costumi e per l'istituzione santa della vita e della fede sono commendabili", non solo opportunamente e senza offesa della Religione, ma anche con molto vantaggio della Chiesa "vengano aggregati agli Ufficii Clericali" ( S. Siricio, Epist. Decret. ad Himerium Tarracon., cap. 13 ).
* * *
Indice |