Vigilantiae studiique
Con la quale viene istituito il Consiglio per la promozione delle scienze bibliche
Consapevoli dell'attenzione e della cura che Noi, in virtù del nostro ufficio, dobbiamo avere in misura maggiore di chiunque altro, nel conservare il deposito della fede, già nel 1893 abbiamo emesso l'enciclica Providentissimus Deus; in essa erano raccolti molti precedenti lavori a proposito degli studi biblici.
L'importanza e la utilità della materia richiedeva infatti che noi intervenissimo, per quanto è in nostro potere, a favore di queste discipline; questo anche perché l'attuale progresso del sapere apre ogni giorno le porte a domande nuove e a volte dà adito anche a questioni temerarie.
Per questo abbiamo raccomandato a tutti i cattolici e soprattutto a quelli che sono costituiti nell'ordine sacro, di portare il loro contributo, ognuno secondo le sue possibilità, in questa causa; e perché i nostri documenti non rimanessero lettera morta, ci siamo anche preoccupati di trovare i modi più opportuni e più adatti ai nostri tempi, per promuovere questi stessi studi.
A questo punto è bello ricordare i sacerdoti e i tanti altri illustri studiosi, che si affrettarono a porgerci la testimonianza del loro ossequio.
Essi infatti hanno messo in rilievo l'utilità e l'importanza delle cose che avevamo scritto e con diligenza si sono dichiarati pronti a realizzarne le indicazioni.
Con non minor gratitudine vogliamo ricordare quello che i cattolici hanno compiuto in questo campo, e l'impulso che hanno dato a questi studi.
Ora, ci sembra che si siano approfonditi o piuttosto aggravati quegli stessi motivi per cui decidemmo di emettere la nostra lettera enciclica.
È perciò necessario che si insista con ancora maggior cura su quello che abbiamo già scritto: ed è proprio questo che abbiamo raccomandato più volte all'attenzione dei nostri venerabili fratelli nell'episcopato.
Ma ora, proprio al fine di mettere in pratica più facilmente e con più frutto le indicazioni date, abbiamo deciso di aggiungere un nuovo strumento, in aiuto alla nostra autorità.
Infatti oggigiorno, mentre il campo delle scienze si fa sempre più vasto e vario e gli errori dottrinali si moltiplicano, assumendo forme diverse, un'attenta e conveniente analisi e un commento dei libri divini è un compito troppo grande perché possa essere mai realizzato dai singoli esegeti cattolici.
Per questo è utile che i loro studi comuni siano sostenuti e organizzati, sotto la direzione della sede apostolica.
Un tal genere di intervento può essere comodamente realizzato, prendendo, nei confronti degli studi di Sacra Scrittura, di cui stiamo ora trattando, gli stessi provvedimenti che siamo soliti adottare per promuovere altre discipline teologiche.
Per questi motivi ci sembra opportuno istituire un Consiglio o, in altre parole, una Commissione di esperti, che si assumano il compito di curare con ogni mezzo e di far sì che la parola di Dio abbia quella ricerca scientifica richiesta dai tempi e venga studiata in profondità soprattutto dai cattolici, e sia preservata integra, non solo da qualsiasi errore, ma anche da ogni opinione sconsiderata.
La sede più indicata per questo Consiglio sembra essere Roma, sotto lo sguardo del sommo pontefice.
Così, dalla Città che è la maestra e la custode della dottrina cristiana, scorrerà nell'intero corpo della cristianità un insegnamento retto e non corrotto.
Inoltre, per poter svolgere pienamente il loro incarico così impegnativo e di grande rilievo, i membri che compongono il Consiglio dovranno indirizzare il loro impegno specialmente su questi temi.
Prima di tutto, a ben guardare, quelli che si applicano oggi a queste discipline non ritengano estraneo al loro indirizzo di studi le nuove scoperte della moderna ricerca: anzi siano solleciti ad assumere senza indugio i moderni contributi nel campo dell'esegesi biblica e a divulgarli negli scritti, perché diventino di uso comune.
Per questo si impegnino intensamente negli studi filologici e nelle altre discipline affini, per il progresso di queste scienze.
Visto che, proprio dal di qui è venuto fuori di solito infatti l'attacco alle Scritture, a quelle stesse discipline bisogna richiedere le armi, perché la verità non sia svantaggiata nella lotta contro l'errore.
Allo stesso modo bisogna impegnarsi perché la conoscenza delle lingue orientali antiche non sia svalutata presso i nostri studiosi, rispetto a quelli non cattolici: entrambi queste discipline infatti sono di grande utilità per gli studi biblici.
In secondo luogo rivolgano la loro attenzione e cura a sostenere integralmente l'autorità della Scrittura.
Soprattutto dovranno impegnarsi perché non si affermi quel modo di pensare e di agire, da non approvare per niente, che porta purtroppo a sopravvalutare le tesi degli eterodossi, come se la genuina intelligenza della Scrittura sia prima di tutto da ricercare a partire da un sistema di conoscenze esterne.
Per nessun cattolico infatti possono essere dubbie le cose che altre volte abbiamo ricordato più ampiamente: Dio non ha affidato le Scritture al privato giudizio degli studiosi, ma, per la loro interpretazione, le ha consegnate al magistero delle Chiesa; « in materia di fede e di costumi, che fanno parte dell'edificio della dottrina cristiana, deve considerarsi come vero senso della Sacra Scrittura, quello creduto e che crede la santa madre Chiesa, alla quale appartiene giudicare del senso e dell'interpretazione autentica delle Sacre Scritture; e che di conseguenza non è lecito a nessuno interpretare la Sacra Scrittura contro questo senso e contro l'unanime consenso dei padri » ( Concilio Vaticano I, sessione III, Costituzione dogmatica sulla fede cattolica Dei Filius, cap. 2, De revelatione ); la natura dei libri divini è tale, che per illuminare quella religiosa oscurità da cui sono avvolti, non servono immediatamente le leggi ermeneutiche; è invece necessaria quella guida e maestra che Dio stesso ha dato, cioè la Chiesa.
Quindi l'esatto senso della Scritture non potrà essere in nessun modo trovato fuori dalla Chiesa, né potrà essere presentato da quelli che ne hanno rifiutato il magistero e l'autorità.
Gli uomini che comporranno questo Consiglio dovranno curare che questi principi vengano costantemente e sempre più accuratamente custoditi e con la persuasione portino quelli che sono tentati ad un'eccessiva stima degli eterodossi, a rispettare la Chiesa e ad ascoltarla come maestra con più attaccamento.
Avviene di fatto, soprattutto nella critica, che l'esegeta cattolico utilizzi dei sussidi di autori non cattolici; è conveniente tuttavia che si usi prudenza e discernimento.
Il metodo critico è senza dubbio molto utile per comprendere più a fondo il pensiero degli agiografi e, col nostro pieno consenso, deve essere portato avanti dai nostri.
Non abbiamo niente in contrario che i nostri studiosi approfondiscano questi studi, ricorrendo anche, con moderazione, all'opera di qualche autore non cattolico, stiano però attenti a non assorbire, da questa familiarità, anche un modo di giudicare arbitrario.
Spesso il metodo critico più raffinato cade in questo e Noi abbiamo denunciato più di una volta i pericoli di questa avventatezza di giudizio.
In terzo luogo il Consiglio assuma uno speciale impegno verso quella parte di studi che si occupa direttamente della spiegazione delle scritture e che riguarda più da vicino l'utilità dei fedeli.
Certamente, ( conviene appena dirlo ) riguardo a quei testi che hanno già avuto una interpretazione autentica e garantita dagli autori sacri o dalla Chiesa, bisogna far capire che, per le leggi di una sana ermeneutica, solo quella interpretazione può essere ritenuta valida.
Di non pochi testi però, non esiste finora una spiegazione sicura e definita della Chiesa e su questi i singoli studiosi possono seguire e sostenere le tesi che saranno provate.
Tuttavia è noto che, in questi argomenti, bisogna conservare, come norma generale, l'analogia della fede e la dottrina cattolica.
Inoltre, in questo campo, bisogna stare molto attenti perché nelle discussioni il tono aspro della polemica non oltrepassi i termini di una carità vicendevole, e perché non vengano messe in discussione le stesse verità rivelate o le tradizioni divine.
Infatti, se non si conserva un consenso e un armonia di intenti e non si mettono al sicuro i principi fondamentali, dai diversi studi di molti non ci si potrà aspettare un grande progresso in questo campo.
Perciò, tra i compiti del Consiglio, ci sarà anche quello di regolare in modo onorevole e dignitoso le principali questioni che sorgono tra gli studiosi cattolici.
Per arrivare ad una soluzione il Consiglio a volte darà un suo parere chiarificatore, altre volte interverrà di autorità.
Come vantaggio da questo ne conseguirà anche che si potranno dare alla sede apostolica gli elementi per dichiarare, con maturo giudizio, quello che deve essere integralmente ritenuto, quello che ha bisogno di una ricerca più approfondita e quello che deve essere lasciato al parere dei singoli.
Perciò, con questa lettera e secondo le condizioni stabilite sopra, istituiamo in questa città santa, il Consiglio o Commissione per la promozione degli studi biblici, perché serva nel miglior modo a salvaguardare la verità della fede cristiana.
Vogliamo che questo Consiglio sia composto da alcuni cardinali di santa romana Chiesa, che nominiamo di autorità; ad essi intendiamo aggiungere alcuni studiosi di fama, preparati in sacra teologia e soprattutto negli studi biblici: essi avranno, come negli altri consigli romani, il titolo e il compito di consultori.
Il Consiglio dovrà riunirsi in date stabilite, pubblicherà i suoi interventi o a scadenze regolari, o per qualche questione sorta sul momento e dovrà rispondere a chi gli avrà richiesto un pronunciamento.
Inoltre con tutti i mezzi dovrà sostenere e promuovere questi studi.
Vogliamo inoltre che venga fatta una relazione al sommo pontefice di tutte quante le questioni portate al Consiglio; tale relazione sarà fatta dal membro dei consultori, che il sommo pontefice ha incaricato di tenere gli atti del Consiglio.
Per offrire gli strumenti più adatti, che possano favorire il lavoro comune, abbiamo già ora assegnato a questo settore di studi, una certa area della nostra biblioteca vaticana.
Qui porteremo e metteremo a disposizione dei membri del consiglio una grande raccolta di codici e di volumi di ogni epoca, che si riferiscono agli studi biblici.
C'è veramente da augurarsi che, per la formazione di questa raccolta che aiuterà gli studi, i più facoltosi tra i cattolici ci vengano in aiuto o anche ci forniscano dei libri utili; e così, con questo tipo di servizio molto opportuno reso a Dio, autore della Scrittura, essi sosterranno anche l'opera della Chiesa.
Per il resto abbiamo fiducia che la divina benevolenza favorisca questi nostri progetti, in quanto rivolti all'integrità della fede cristiana e alla salvezza eterna delle anime; e che, per suo dono, tutti i cattolici che si dedicano alla Sacra scrittura possano assicurare il loro totale ossequio alle prescrizioni della sede apostolica.
In questo campo sono stati presi tutte quelle decisioni e provvedimenti che era opportuno prendere e così ordiniamo che siano ratificati e che restino in vigore; e nessuno si opponga.
Roma, presso S. Pietro, sotto il sigillo del pescatore, il 30 ottobre 1902, anno XXV del nostro pontificato.
Leone XIII