Nostis errorem
Roma, 11 febbraio 1889
Voi conoscete certamente il grande errore dell'età presente, in forza del quale si vedono moltissimi abbandonare, passo passo, Gesù Cristo, tratti in inganno dal desiderio di un'apparente libertà.
Le ree dottrine, favorite dalle circostanze e dai costumi, hanno portato i loro frutti: negli Stati, grandi o piccoli che siano, oggi prevale generalmente l'insana voglia di romperla con le tradizioni cristiane, e di stabilire un ordinamento civile e una pubblica amministrazione senza la religione.
Profondamente afflitti e preoccupati per siffatta disposizione degli animi, Noi non abbiamo mai tralasciato di volgere il pensiero al rimedio, e voi stessi, Venerabili Fratelli, Ci rendete testimonianza che Noi mettiamo ogni opera e ogni cura a far sì che appaia chiaro dove alla fine debba metter capo codesto infelicissimo allontanamento da Dio; quanti avessero smarrito la diritta via del bene, ritornino all'Unigenito di Dio, loro liberatore, nella cui fede e nella cui tutela avrebbero dovuto sempre abbandonarsi.
Per questi motivi Noi abbiamo sempre cercato di confermare e stringere le solite relazioni coi governi dei popoli stranieri.
Ora Ci adoperiamo per riannodarle col potentissimo Impero di Russia, e non disperiamo di vedere felicemente compiuti i Nostri desideri.
In ciò, con singolare premura e pari benevolenza, consacrammo i Nostri pensieri e la Nostra sollecitudine alla condizione degli affari cattolici in Polonia, e come era opportuno per il regolare governo di quelle Diocesi, abbiamo già designato un certo numero di Vescovi.
Saremmo stati ben lieti di preconizzarli oggi stesso in questo vostro consesso onorevolissimo, se non avesse ancora richiesto qualche tempo il compimento delle pratiche.
Sebbene l'opera e gli sforzi dei nemici non di rado frappongano ostacoli, pure, per quanto riguarda Noi, con perseverante volontà, terremo in tutto lo stesso impegno.
Ed in tale proposito Ci rafforza il considerare che unico rifugio e scampo delle anime, unica e certissima speranza di eterna salvezza è la Chiesa cattolica; di conseguenza, in questa vita mortale piena di combattimenti, è Nostro ufficio richiamare tutti gli uomini in seno alla Chiesa, come da mare burrascoso a porto sicuro; e in modo speciale convincerli ad affidarsi alla carità di lei, poiché essa è sempre pronta ad accogliere fra le materne braccia e portare a salvezza, mercé la luce del Vangelo, quanti a lei facciano ricorso.
Oltre a ciò, nel tempo che ora viviamo, sovrastano tante incertezze che torna indispensabile accorrere con ogni aiuto e con ogni sforzo a sollievo dei mali della società.
Infatti, incalzano da ogni parte – e ne abbiamo visto degli esempi in Roma in questi ultimi giorni – infiammate e furenti le passioni del volgo; crescendo la spavalderia dei malvagi, tentano di abbattere persino le fondamenta della società civile.
Ora, se rimanesse muta la voce della religione, se fosse tolto di mezzo il timore delle leggi divine, che pongono freno anche ai moti interni delle passioni, qual forza mai resterebbe agli Stati capace di scongiurare i pericoli?
Per cui, cercando di ricondurre gli uomini colà dove vigoreggiano incorrotti i precetti della virtù e si conservano integri i principi dell'ordine, si reca innegabile beneficio allo Stato e si fa opera di salvezza sociale.
Ma vi è pure un'altra considerazione, la quale riesce di singolare opportunità Se vi fu mai un tempo in cui concordemente si mostrasse gran desiderio di pace, è certo il presente, nel quale le parole di pace, quiete, tranquillità, risuonano sulle labbra di tutti.
I sovrani, e quanti in Europa reggono gli Stati, affermano di non volere altro, e di lavorare ad un solo scopo, la conservazione dei benefici della pace; e a ciò assentono con ardore e fanno eco tutte le categorie dei cittadini, perché, invero, ogni giorno si fa più palese l'avversione dei popoli verso la guerra.
Giustissima avversione, se altra mai.
Infatti la guerra può essere talvolta necessaria, ma non avviene mai che non trascini con sé una lunga serie di calamità.
Quanto poi non tornerebbe più disastrosa al presente, in così svariata moltitudine di eserciti, fra tanti progressi della scienza militare, e per così vari strumenti di distruzione e di morte?
Ogni volta che Ci accade di pensare a tali danni, Ci sentiamo maggiormente accesi dalla carità verso le genti cristiane, e non possiamo non trepidare per loro, di fronte ai paurosi eventi possibili.
Per cui nessuna cosa è così importante quanto allontanare dall'Europa ogni pericolo di guerra; tanto che, qualunque iniziativa si ponga per conseguire questo intento, deve essere giudicata un bene che torna a pubblica salvezza.
Se non che, per assicurare al mondo la pace, non basta il desiderio, e scarso presidio offre altresì la sola volontà.
Similmente, gli eserciti innumerevoli e la forza sconfinata di apparati bellici valgono a contenere, per qualche tempo, gli assalti dei nemici, ma non potranno mai produrre pace stabile e sicura.
Anzi, le armi imbrandite minacciosamente riescono più acconce ad alimentare che a spegnere gli odi e i sospetti; fanno vivere i popoli in continua trepidazione di un burrascoso avvenire, ed in particolare traggono seco gravami e sacrifici: non si saprebbe dire sovente se più tollerabili della guerra.
Da ciò consegue che alla pace debba ricercarsi fondamento più saldo e più conforme a natura; dato che la legge di natura concede che si possa difendere con la forza e con le armi il proprio diritto, ma non tollera che la forza sia la base efficiente del diritto.
E giacché la pace consiste nella tranquillità dell'ordine, ne deriva che la concordia, sia dei privati, sia degli Stati, debba avere a base la giustizia e la carità.
Non offendere alcuno, rispettare come cosa sacrosanta i diritti altrui, praticare la fiducia e la mutua benevolenza: ecco senza dubbio gl'indissolubili ed immutabili vincoli della concordia; i quali hanno virtù così forte da distruggere ed annullare gli stessi germi di qualsiasi inimicizia e rancore.
Ora Iddio stabilì la sua Chiesa a madre e custode di entrambe quelle virtù; essa perciò non ha mai stimato né stimerà cosa più santa che conservare, propagare e difendere al massimo le leggi della giustizia e della carità.
Con questo intendimento la Chiesa percorse tutta la terra; né vi è uomo il quale possa mettere in dubbio che essa, ispirando negli animi l'amore della giustizia, sia giunta a rendere mansuete le genti barbare e a trarle alle arti della pace ed alla civiltà dei costumi dalla ferocia delle inclinazioni guerresche.
Ai deboli, ai potenti, a quelli che ubbidiscono, a quelli che comandano, a tutti insomma, impone di osservare la giustizia e di non compiere alcuna violenza.
È lei che ha unito con vincolo di fraterna carità tutti i popoli, per quanto geograficamente lontani e di stirpe diversa.
Costantemente memore delle leggi e degli esempi del suo divino autore, il quale volle essere chiamato re pacifico e fece annunziare il suo stesso natale da celesti inni di pace, la Chiesa vuole che gli uomini riposino nella bellezza della pace, e di continuo nelle sue preghiere implora da Dio che tenga lontano il flagello della guerra dal capo e dalle sorti dei popoli.
Ed ogni volta che ne vide il bisogno e non venne impedita dalle vicende del tempo, a nessuna opera fu più lieta d'interporre e dedicare il suo lavoro e la sua autorità, che nel ricondurre la concordia e nel pacificare le nazioni.
Tali sono, Venerabili Fratelli, i grandi interessi e gli altissimi motivi che Ci muovono e Ci guidano in ogni Nostro intendimento.
Quali che siano gli eventi che il tempo recherà, quali che possano essere i giudizi e i comportamenti degli uomini in futuro, Noi alla stessa regola conformeremo ogni Nostra azione; da questa via non Ci allontaneremo giammai.
Quando in altro modo non Ci fosse dato di cooperare a conservare la pace, persevereremo certamente, senza che alcuno Ce lo possa impedire, a ricorrere a Colui che può piegare e governare come vuole le volontà degli uomini; e con ogni ardore Lui supplicheremo, affinché, stornato ogni timore di guerre, e restaurato, per sua benignità, il debito ordine, su vere e salde basi l'Europa abbia una stabile pace.
Leone XIII