13 giugno 1943
La vostra gradita presenza, diletti figli e figlie, che nel lavoro passate le ore e le giornate per guadagnare la vita a voi e alle vostre famiglie, ridesta in Noi un gran pensiero e un gran mistero: il pensiero che il lavoro fu imposto da Dio al primo uomo, dopo il peccato, per chiedere alla terra il pane col sudore del suo volto; e il mistero che il Figlio di Dio, disceso dal Cielo a salvare il mondo e fattosi uomo, si sottopose a questa legge del lavoro e passò la sua giovinezza, faticando in Nazareth insieme col suo Padre putativo, cosicché fu stimato e chiamato « il Figlio del legnaiuolo » ( Mt 13,55 ).
Mistero sublime, che Egli cominciasse prima a lavorare che ad insegnare, umile operaio prima che maestro di tutte le genti! ( cfr. At 1,1 ).
Voi siete venuti a Noi come al Padre, che tanto più ama d'intrattenersi coi suoi figli, quanto più duro e incessante è il loro travaglio quotidiano, più difficile e grave di angustie e di ansie è la loro vita.
Siete venuti a Noi come al Vicario di Cristo, che prova in Sé, perpetuato per ineffabile partecipazione della potenza divina, quel senso di tenerezza e di commiserazione per il popolo, da cui fu mosso il nostro Redentore ad esclamare un giorno: Misereor super turbam ( Mc 8,2 ), « Ho compassione di questo popolo »!
Siete venuti a Noi come al Pastore, che in voi e oltre di voi estende lo sguardo sulla assai più numerosa porzione del gregge affidatoGli dall'amore di Dio, e nel vostro attaccamento e nella vostra devozione raccoglie, come da fedele rappresentanza, i sentimenti, i voti e l'affetto di tanti suoi figli lontani.
Di gran cuore vi ringraziamo per così viva gioia, che Ci offre anche l'opportunità di dirvi una parola d'intima benevolenza e d'incoraggiamento, una parola che sia per voi guida, sostegno e conforto in questi giorni tormentati di affanni e di lutti.
Delle dure condizioni presenti la moltitudine degli operai, più di altri gravata e afflitta, non è però sola a risentire il peso; ogni ceto deve portare il suo fardello, quale più, quale meno penoso e molesto; né soltanto lo stato sociale dei lavoratori e delle lavoratrici domanda ritocchi e riforme, ma tutta l'intera e complessa struttura della società ha bisogno di raddrizzamenti e di miglioramenti, profondamente scossa com'è nella sua compagine.
Chi non vede però che la questione operaia, per l'arduità e la varietà dei problemi che implica, e per il vasto numero dei membri che interessa, è tale e di così gran necessità e importanza, che merita più attenta, vigilante e provvida cura?
Questione se altra mai delicata; punto, si direbbe, nevralgico del corpo sociale, ma talvolta anche terreno mobile e infido, aperto a facili illusioni e a vane inattuabili speranze, per chi non tenga davanti all'occhio dell'intelligenza e all'impulso del cuore la dottrina di giustizia, di equità, di amore, di reciproca considerazione e convivenza, che inculcano la legge di Dio e la voce della Chiesa.
Certo voi non ignorate, diletti figli e figlie, che la Chiesa intensamente vi ama e, non soltanto da oggi, con ardore ed affetto materno e con vivo senso della realtà delle cose, ha considerato le questioni che toccano voi più particolarmente; i Nostri Predecessori e Noi stessi con ripetuti insegnamenti non abbiamo tralasciato occasione alcuna di far comprendere a tutti i vostri bisogni e le vostre necessità personali e familiari, proclamando come fondamentali esigenze di concordia sociale quelle aspirazioni che vi stanno tanto a cuore: un salario, che assicuri l'esistenza della famiglia, tale da rendere possibile ai genitori l'adempimento del loro naturale dovere
di crescere una prole sanamente nutrita e vestita;
un'abitazione degna di persone umane;
la possibilità di procurare ai figli una sufficiente istruzione e una conveniente educazione,
di prevedere e provvedere per i tempi di strettezze, di infermità e di vecchiaia.
Queste condizioni di provvidenza sociale devono condursi a compimento, se si vuole che la società non sia ad ogni stagione scossa da torbidi fermenti e da sussulti pericolosi, ma si tranquilli e si avanzi nell'armonia, nella pace e nel mutuo amore.
Ora, per lodevoli che siano vari provvedimenti e concessioni di pubblici poteri e il sentimento umano e generoso che anima non pochi datori di lavoro, chi potrebbe veramente affermare e sostenere essere stati tali intenti dappertutto raggiunti?
Ad ogni modo i lavoratori e le lavoratrici, consapevoli della loro grande responsabilità per il bene comune, sentono e ponderano il dovere di non aggravare il peso delle difficoltà straordinarie, da cui si trovano oppressi i popoli, presentando clamorosamente e con moti inconsulti le loro rivendicazioni in quest'ora di universali e imperiose necessità; ma persistono nel lavoro e vi durano con disciplina e con calma, recando un inestimabile sostegno alla tranquillità e al vantaggio di tutti nella convivenza sociale.
A tale pacifica concordia di animi Noi tributiamo il Nostro elogio e vi invitiamo ed esortiamo paternamente a perseverare in essa con fermezza e dignità; il che però non deve indurre alcuno a ritenere, come ammonivamo già nell'ultimo Nostro Messaggio natalizio, che ogni questione sia da considerarsi risolta.
La Chiesa, custode e maestra della verità, nell'asserire e propugnare coraggiosamente i diritti del popolo lavoratore, a varie riprese, combattendo l'errore, ha dovuto mettere in guardia a non lasciarsi illudere dal miraggio di speciose e fatue teorie e visioni di benessere futuro e dagli ingannevoli adescamenti e incitamenti di falsi maestri di prosperità sociale, che dicono bene al male e male al bene e, vantandosi amici del popolo, non consentono tra capitale e lavoro e tra datori di lavoro e operai quelle mutue intese, che mantengono e promuovono la concordia sociale per il progresso e l'utilità comune.
Tali amici del popolo voi li udiste già nelle piazze, nei ridotti, nei congressi; ne conosceste le promesse sui fogli volanti; li sentiste nei loro canti e nei loro inni; ma alle loro parole quando mai hanno risposto i fatti o hanno sorriso le speranze con la realtà?
Inganni e delusioni ne provarono e ne provano i privati e i popoli, che loro prestarono fede e li seguirono per vie, le quali, lungi dal migliorare, peggiorano e aggravano le condizioni di vita e di avanzamento materiale e morale.
Tali falsi pastori danno a credere che la salvezza deve procedere da una rivoluzione, che tramuti la consistenza sociale o rivesta carattere nazionale.
La rivoluzione sociale si vanta di innalzare al potere la classe operaia: vana parola e mera parvenza di impossibile realtà!
Di fatto voi vedete che il popolo lavoratore rimane legato, aggiogato e stretto alla forza del capitalismo di Stato; il quale comprime e assoggetta tutti, non meno la famiglia che le coscienze, e trasforma gli operai in una gigantesca macchina di lavoro.
Non diversamente da altri sistemi e ordinamenti sociali, che pretende di combattere, esso tutto raggruppa, ordina e costringe in uno spaventevole strumento di guerra, che domanda non solo il sangue e la salute, ma anche i beni e la prosperità del popolo.
E se i dirigenti vanno alteri di questo o di quel vantaggio o miglioramento conseguito nell'ambito del lavoro, menandone e diffondendone rumoroso vanto, tale profitto materiale non è mai che riesca un degno compenso delle rinunzie a ciascuno imposte, che ledono i diritti della persona, la libertà nella direzione della famiglia, nell'esercizio della professione, nella condizione di cittadino, e in particolar modo nella pratica della religione e fin nella vita della coscienza.
No, non è nella rivoluzione, diletti figli e figlie, la salvezza vostra; ed è contro la genuina e sincera professione cristiana il tendere, - pensando solo al proprio esclusivo e materiale vantaggio, che appare però sempre incerto -, ad una rivoluzione che proceda dall'ingiustizia e dall'insubordinazione civile, e il rendersi tristamente colpevoli del sangue dei concittadini e della distruzione dei beni comuni.
Guai a chi dimentica che una vera società nazionale include la giustizia sociale, esige una equa e congrua partecipazione di tutti ai beni del Paese; altrimenti voi intendete che la Nazione finirebbe in una lustra sentimentale, in un vaneggiante pretesto, palliativo di ceti particolari per sottrarsi ai sacrifici indispensabili a conseguire l'equilibrio e la tranquillità pubblica.
E scorgereste allora come, venuta meno al concetto di società nazionale la nobiltà largitagli da Dio, le competizioni e le lotte interne diventerebbero per tutti una temibile minaccia.
Non nella rivoluzione, ma in una evoluzione concorde sta la salvezza e la giustizia.
La violenza non ha fatto mai altro che abbattere, non innalzare; accendere le passioni, non calmarle; accumulare odi e rovine, non affratellare i contendenti; e ha precipitato gli uomini e i partiti nella dura necessità di ricostruire lentamente, dopo prove dolorose, sopra i ruderi della discordia.
Solo una evoluzione progressiva e prudente, coraggiosa e consentanea alla natura, illuminata e guidata dalle sante norme cristiane di giustizia e di equità, può condurre al compimento dei desideri e dei bisogni onesti dell'operaio.
Non distruggere dunque, ma edificare e consolidare:
- Non abolire la proprietà privata, fondamento della stabilità della famiglia, ma promuoverne la diffusione quale frutto della fatica coscienziosa di ogni lavoratore o lavoratrice, in modo che ne venga la diminuzione graduale di quelle masse di popolo irrequiete e audaci, che, talora per cupa disperazione, tal'altra per ciechi istinti, si lasciano trasportare da ogni vento di fallaci dottrine, o da subdoli artifici di agitatori privi di ogni morale.
- Non disperdere il capitale privato, ma promuovere il suo ordinamento prudentemente vigilato, come mezzo e sostegno a ottenere e ampliare il vero bene materiale di tutto il popolo.
- Non comprimere né dare esclusivamente preferenze all'industria, ma procacciarne l'armonico coordinamento con l'artigianato e con l'agricoltura, che fa fruttificare la multiforme e necessaria produzione del suolo nazionale.
- Non avere, nell'uso dei progressi tecnici, in mira unicamente il maggior guadagno possibile, ma dei frutti, che se ne ricavano, giovarsi anche per migliorare le condizioni personali dell'operaio, per rendere meno ardua e dura la sua fatica e rafforzare i vincoli della sua famiglia, nel terreno dove abita, nel lavoro di cui vive.
- Non mirare a far dipendere totalmente la vita dei singoli dall'arbitrio dello Stato, ma piuttosto procurare che lo Stato, di cui è dovere promuovere il bene comune, con istituzioni sociali, quali sono le società di assicurazione e di previdenza sociale, supplisca, assecondi e compia quel che giova a confermare nella loro azione le associazioni operaie, e specialmente i padri e le madri di famiglia, che assicurano a sé e ai loro col lavoro la vita.
Voi direte forse che questa è una bella visione della realtà; ma come si potrà metterla in atto e darle vita in mezzo al popolo?
Fa di bisogno, anzitutto, grande probità di volere e perfetta lealtà di propositi e di azione nell'andamento e nel governo della vita pubblica, tanto da parte dei cittadini quanto da parte delle Autorità.
Fa di bisogno che uno spirito di vera concordia e fratellanza animi tutti: superiori e inferiori, direttori e operai, grandi e piccoli, in una parola tutti gli ordini del popolo.
Questa vostra adunata intorno a Noi, diletti figli e figlie, cui esalta il fatto di essere dai vari vostri campi di attività qui convenuti nella casa del Padre comune rappresentanti di tutti i gruppi, è per Noi prova e documento che voi conoscete, sentite e comprendete dove abbia le sue radici profonde il divinamente genuino senso sociale di « fratelli, stretti ad un patto », « tutti fatti a sembianza d'un Solo, figli tutti d'un solo riscatto »: cioè nella santa comune religione, nella stessa professione di fede verso il Redentore di tutti, Gesù Cristo, nella uguale fedeltà alla sua santa Chiesa e al suo Vicario.
E Noi eleviamo a Dio la Nostra fervida preghiera che tutto il vasto, immenso popolo di lavoratori e di lavoratrici partecipi della vostra fede; sicché conceda il Signore che, pur attraverso differenze di opinioni e di mezzi, si apra, in giustizia e carità, il cammino verso quel progresso, benefico e pacifico, da Noi tanto ardentemente auspicato, che renda l'Italia prospera e forte di una inconcussa e cristiana compagine.
Ma Noi non ignoriamo - e voi stessi avete potuto farne l'esperienza - come in questi tempi gravosi e difficili al vivere familiare e civile le passioni umane prendano occasione per rialzare la testa e suscitare sospetti e travisamenti di parole e di fatti.
È così che una propaganda di spirito antireligioso va spargendo in mezzo al popolo, soprattutto nel ceto operaio, che il Papa ha voluto la guerra, che il Papa mantiene la guerra e fornisce il denaro per continuarla, che il Papa non fa nulla per la pace.
Mai forse non fu lanciata una calunnia più mostruosa e assurda di questa!
Chi non sa, chi non vede, chi non può accertarsi che nessuno più di Noi si è insistentemente opposto, in tutti i modi consentitiCi, allo scatenarsi e poi al proseguire e al dilagare della guerra;
che nessuno più di Noi ha continuamente invocato e ammonito: pace, pace, pace!;
che nessuno più di Noi ha cercato di mitigarne gli orrori?
Le somme di denaro, che la carità dei fedeli mette a Nostra disposizione, non sono destinate né vanno ad alimentare la guerra, ma ad asciugare le lagrime delle vedove e degli orfani, a consolare le famiglie in angosciosa ansietà per i loro cari lontani o dispersi, a sovvenire i sofferenti, i poveri e i bisognosi.
Testimoni di tutto ciò sono il Nostro cuore e il Nostro labbro, che non si contraddicono fra loro, perché Noi non neghiamo coi fatti quello che diciamo, e abbiamo la coscienza della falsità di quanto i nemici di Dio vanno insidiosamente spacciando per turbare gli operai e il popolo, e dalle pene della vita che essi soffrono trarre argomento contro la fede e contro la religione, la quale pure è l'unico conforto e l'unica speranza che sostiene nel dolore e nella sventura l'uomo sulla terra.
No; i Nostri Discorsi e i Nostri Messaggi nessuno li potrà cancellare o travolgere nel loro intento e nella loro sostanza.
Tutti hanno potuto ascoltarli come parola di verità e di pace, come impeti del Nostro animo per la tranquillità del mondo e per illuminare i potenti.
Sono testimoni irrefutabili dei desideri che immensi erompono dal Nostro cuore, perché in questa terra, data all'uomo come dimora per un passaggio a vita migliore e imperitura, domini l'ordinata concordia di tutto il genere umano.
La Chiesa non teme la luce della verità, né per il passato, né per il presente, né per il futuro.
Quando le circostanze dei tempi e le passioni umane permetteranno o richiederanno la pubblicazione di Documenti, non ancora resi di pubblica ragione, concernenti la costante azione pacificatrice della Santa Sede, non timida dei rifiuti e delle resistenze, durante questa immane guerra, apparirà in luce più che meridiana la stoltezza di tali accuse, procedenti, più che dall'ignoranza, da quell'irreligione e da quel disprezzo della Chiesa, che alligna solo in alcuni cuori umani, pur troppo più inclinati e pronti a pervertire le rette e benigne intenzioni, onde è animata la Sposa di Cristo, che non a favorire il popolo, a calmare e mitigare le difficoltà del vivere, a sostenere gli spiriti in mezzo alle gravi condizioni dell'ora presente.
Dite ai diffamatori della Chiesa che la verità brillerà, come oggi pur brilla nei vostri cuori, in tutti coloro, che rendono ragionevole ossequio a quanto comprendono di bene, e che non credono alla menzogna e alla calunnia.
Dall'aperta realtà dei fatti e dell'opera Nostra ne andranno confusi quanti con l'ingannevole loro parola si studiano di rigettare sul Papato la responsabilità di tutto il sangue delle battaglie terrestri e delle rovine delle città, dei conflitti aerei e degli abissi dei mari.
Innalzate, o cristiani operai e operaie, la vostra fede col pensiero della mente e col sentimento del cuore, irrobustendovi e rinnovellandovi ogni dì nel conforto della preghiera, che inizi, santifichi e chiuda la vostra giornata di lavoro; pensiero e sentimento che illuminino e infervorino le anime vostre, specialmente nel riposo delle domeniche e delle feste, e vi accompagnino e vi guidino nell'assistere alla santa Messa.
Sull'altare, incruento Calvario, il nostro Redentore, nella sua vita terrena fattosi operaio al pari di voi, come fino alla morte fu obbediente al Padre, rinnova perpetuamente il sacrificio di Se stesso a pro del mondo e si fa largitore di grazie e di pane di vita per le anime, che lo amano e nei loro affanni ricorrono a Lui per essere ristorate.
Davanti all'altare, nella chiesa, ogni lavoratore cristiano rinnovi la sua volontà di operare ossequente alla legge divina del lavoro, qualunque esso sia, della mente o delle braccia, di procurare con le sue fatiche e rinunzie il pane per i suoi cari, di mirare al fine morale della vita di quaggiù e alla beatitudine eterna, conformando le sue intenzioni con quelle del Salvatore e armonizzando la sua opera come un inno di lode a Dio.
In ogni cosa e in ogni tempo, diletti figli e figlie, sostenete e custodite la vostra dignità personale.
La materia che voi trattate, creata da Dio fin dall'inizio del mondo, e attraverso il lavorio dei secoli modificata da Lui nelle viscere e sulla superficie della terra con cataclismi, fermenti, eruzioni e trasformazioni, per preparare la migliore stanza all'uomo e al suo lavoro, sia per voi un continuo ricordo della mano creatrice di Dio ed elevi l'animo vostro verso di Lui, Legislatore supremo, le cui norme si debbono osservare anche nella vita delle fabbriche.
Forse a voi si accostano e lavorano insieme fanciulli e fanciulle.
Ricordatevi che ai fanciulli e agli innocenti è dovuta una gran riverenza, e che Cristo di chi li scandalizza dichiarò che sarebbe meglio per lui che una macina gli fosse appesa al collo per precipitarlo nel profondo del mare ( cfr. Mt 18,6 ).
O padri e madri, quali ansi accompagnano i passi dei vostri figli e delle vostre figlie fabbriche, quali timori!
Voi operai sostenete le loro veci nella custodia e nella vigilanza sull'innocenza e sulla purezza di quella giovane età, quando la professione e le necessità di famiglia la costringono ad allontanarsi dall'occhio amorevole dei genitori.
Dagli anziani e dal loro esempio, dalla volontà energica e decisa della direzione della fabbrica nell'esigere un'onesta disciplina dipende il conservarsi della gioventù negli opifici fisicamente e spiritualmente sana, o se invece si corrompa con immoralità, con avidità di godimenti e con prodigalità, mettendo a repentaglio anche le future generazioni.
Nessuna parola, nessuna facezia, nessuna novella esca dalle vostre labbra, che offenda l'udito dei giovani che vi ascoltano.
Possa la gioventù operaia, nel Clero, nelle Congregazioni religiose femminili, nei membri dell'Azione Cattolica, trovare persone, che in armonia con i dirigenti si prodighino con tutta l'energia fisica e morale in loro favore, anche nella vita quotidiana della fabbrica.
Non cessino però mai il mutuo affetto e rispetto, il buon esempio, la parola, ammonitrice e incoraggiante, l'aiuto anche modesto tra gli stessi operai.
Implorazione delle grazie divine Lasciate infine che la Nostra parola ritorni là, donde prese le mosse, e vi additi di nuovo il divino modello dell'operaio cristiano, Cristo falegname ( Mc 6,3 ) nella bottega di Nazareth, che, Figlio di Dio e restauratore della perduta grazia di Adamo, effonde sopra di voi quella forza, quella pazienza, quella virtù, che vi fa grandi dinanzi a Lui, la più eccelsa immagine dell'operaio che voi potete ammirare ed adorare.
Nelle vostre officine, nei vostri stabilimenti, al sole i campi, all'ombra delle miniere, fra gli ardori delle fornaci, fra il freddo delle ghiacciaie, dovunque vi chiamino la parola di chi vi dirige, l'arte vostra, il bisogno dei fratelli, della patria, della pace, scenda sopra di voi la copia dei favori di Lui, che vi sia di aiuto, di salvezza, di conforto, e trasformi in merito per una felicità oltremondana il duro lavoro, in cui quaggiù spendete e sacrificate la vita.
Non dubitate: Cristo è sempre con voi!
Pensate di vederlo nei luoghi del vostro lavoro aggirarsi in mezzo a voi, osservare la vostra fatica, ascoltare i vostri discorsi, consolare i vostri cuori, appianare i vostri dissensi; e vedrete l'officina tramutata nel santuario di Nazareth e regnare anche fra voi quella fiducia, quell'ordine, quella concordia, che sono un riflesso della benedizione del Cielo, la quale sparge quaggiù e sostiene la giustizia e la buona volontà degli uomini saldi nella fede, nella speranza, nell'amore di Dio.
Mentre pertanto invochiamo la protezione divina su di voi, diletti operai e operaie, sulle vostre famiglie, sopra quanti vi dirigono e vi guidano nel lavoro, sopra le vostre stesse officine perchè il Signore le guardi da ogni pericolo e danno, vi impartiamo con tutto il cuore, pegno delle più elette grazie, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.