Domenica, 11 giugno 1944
Chiesa di Sant'Ignazio - Diletti figli e figlie,
Mai, forse, come in questo momento, chiamandovi così, Noi abbiamo provato tanto vivo e imperioso il senso della Nostra paternità spirituale verso voi tutti, coi quali per quattro lunghi anni abbiamo sopportato i dolori e gli affanni di una così aspra guerra.
Compresi delle vostre sofferenze, ma confortati allo spettacolo della vostra fede, che vi ha condotti supplichevoli ai piedi di Maria, Madre del Divino Amore, Noi avevamo voluto già prima trovarCi qui in mezzo a voi per confondere con le vostre, in una sola implorazione, le Nostre preghiere.
Ed eravamo in procinto di eseguire il Nostro ardente voto per sorreggere la vostra fiducia in Maria, potente interceditrice presso il suo divin Figliuolo; se non che la clemente Regina e Patrona, « la cui benignità non pur soccorre a chi dimanda, ma molite fiate liberamente al dimandar precorre » ( cfr. Parad. c. 33, V. 16-18 ), ha prevenuto il Nostro desiderio, cosicché Noi oggi siamo qui non solo per chiederle i suoi celesti favori, ma innanzi tutto per ringraziarla di ciò che è accaduto, contro le umane previsioni, nel supremo interesse della Città eterna e dei suoi abitanti.
La nostra Madre Immacolata ancora una volta ha salvato Roma da gravissimi imminenti pericoli; Ella ha ispirato, a chi ne aveva in mano la sorte, particolari sensi di riverenza e di moderazione; onde, nel mutare degli eventi, e pur in mezzo all'immane conflitto, siamo stati testimoni di una incolumità, che ci deve empire l'animo di tenera gratitudine verso Dio e la sua purissima Madre.
Da questa stessa riconoscenza mossi e infervorati, Lei oggi invochiamo con voi e con quanti nel mondo soffrono i mali della guerra, mentre con raddoppiata fede Le facciamo presenti la comune angoscia, la comune speranza, la comune supplica, avvalorata già da tanto sangue e da tanta espiazione.
Ma la nostra preghiera vuol salire a Lei da cuori purificati nel pentimento e volti coi più fermi propositi verso quella immutabile giustizia, quella legge eterna, dalla quale il mondo non avrebbe mai dovuto allontanarsi e che, a termini più o meno lunghi, infligge le sue punizioni severe, con la ineluttabile certezza dell'effetto che segue la causa, mentre la divina Bontà non cessa di ammonire e di richiamare gli uomini sulla retta via, ripetendo in mille modi: « Redite, praevaricatores, ad cor », « Rientrate, o prevaricatori, in voi stessi » ( Is 46,8 ), « Paenitemini et credite evangelio », « Pentitevi e credete al Vangelo » ( Mc 1,15 ).
Non vi è salute per la società e per i singoli, se non in questo ritorno al cuore, in questo pentimento, che è un cammino a ritroso verso i principi indefettibili della morale, in questa fede nel Vangelo, che è vita e avanzamento alla luce divina delle Beatitudini, le quali sole possono condurre l'uomo sui sentieri della Verità, che non tradisce, e della Pace, che tranquilla l'animo con se stesso, coi suoi simili e con Dio.
Ma chi volesse implorare dalla Vergine la cessazione dei flagelli, senza questo serio proposito di riforma della vita, privata e pubblica, chiederebbe semplicemente la impunità della colpa, il diritto di regolare la propria condotta non con la legge di Dio, ma con le sfrenate passioni.
Una tale supplica sarebbe la negazione e l'opposto della preghiera cristiana, sarebbe una ingiuria a Dio, un provocare la sua giusta collera, un ostinarsi nel peccato, che è l'unico vero male del mondo.
Certamente è riuscito molto accetto al Nostro cuore il pensiero, manifestatoCi con innumerevoli petizioni di cittadini romani, nell'intento di obbligarsi ognuno con solenne e particolare promessa a cristiana austerità di costumi e ad opere di religione e di carità fraterna.
Ma un tale proposito non deve mai rimanere senza una vigorosa e pratica risoluzione, che tronchi le cattive abitudini della persona, della famiglia, della società.
E per tornare a voi, Nostri concittadini, quindi doppiamente cari, a voi, Romani, dei quali è tradizione gloriosa la pietà verso Maria, per venire anche a voi, profughi e randagi dalle terre circonvicine, qui rifugiati con la dolce Immagine della vostra Madonna,
Noi v'invitiamo a far si che dalle rovine di questo conflitto micidiale sorga per ciascuno di voi, per ciascuna famiglia, per ciascun aggregato sociale, la salda volontà di far
guerra senza tregua alla licenza e al malcostume, che è rovina soprattutto della gioventù nello spirito e nel corpo,
guerra alla indifferenza religiosa,
alla smodata ricerca dei piaceri,
all'oblio dei diritti del Signore specialmente nel giorno a lui consacrato,
al crudele egoismo, che mira ad arricchirsi ingiustamente affamando il povero;
guerra insomma al materialismo sotto ogni forma, e sforzo volonteroso di tutti
per rialzare nella coscienza del popolo i valori dello spirito e riprendere il cammino di quella osservanza dei comandamenti divini, che è arra di felicità vera nella vita presente e nella futura.
Questa è la prima e la più grande grazia che la cittadinanza romana, e le popolazioni ricoveratesi nell'Urbe, debbono chiedere alla loro Madre celeste.
E poiché Cristo disse: « Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato per giunta » ( Mt 6,33 ), non è dubbio che su questo presupposto la benigna Ausiliatrice dei cristiani,
« Salvezza del popolo romano »,
Consolatrice di tutte le genti martoriate dalla guerra, vorrà continuare la misericordiosa sua protezione, della quale, prostrandoci ai suoi piedi, noi ora tutti uniti con ardente preghiera la supplichiamo, e le diciamo:
Sazi di dolori e di pianto, con lo schianto nel cuore per tante, cosi lunghe e amare separazioni,
nell'angosciosa incertezza della sorte di tanti nostri cari,
nel lutto per tanti morti,
nella perdita di tanti beni,
nell'agonia di tante vite minacciate e spogliate,
nella fuga dai tranquilli focolari,
nella improvvisa dispersione in povertà e in nudità,
in angustia di spirito, ma pur con l'animo aperto alla speranza,
noi guardiamo a Te, Madre del Divino Amore e Regina dei dolori, aspettando da Te, dalla tua materna intercessione, la nostra salvezza.
Più che ricordarti l'avita pietà dei nostri padri e il nostro fiducioso affetto per Te, noi vogliamo, o Maria, appoggiare la nostra preghiera sulla promessa che Tu attendi da noi, di una vita più cristiana, per la quale ritorni ad avverarsi appieno la gloriosa testimonianza dell'Apostolo Paolo, che affermava la fede dei Romani « celebrata per tutto il mondo» ( Rm 1,8 ).
Con questa promessa noi imploriamo il tuo valido patrocinio presso il pietoso tuo Figlio, che nulla ti nega e del quale Tu possiedi il cuore.
Aprilo, o Maria, questo Cuore divino, e riversane su questi tuoi figli, spesso tanto infelici, i tesori di misericordia e di bontà, che Egli tiene riservati per chi si accosta a Lui con umiltà sincera e con fede incrollabile.
Custodisci la tua Roma e preservala anche nell'avvenire dagli estremi mali, nelle persone, negli averi, nei monumenti della sua storia religiosa e civile, unica al mondo; ma soprattutto difendila dal male dei mali, dal peccato, che solo rende veramente miseri gli uomini e i popoli.
Possa questa Roma dalla dura esperienza di tante sventure aver luce e forza per una miglior vita personale, familiare, collettiva, e, mercé tua, ritornare esempio alle genti di vera civiltà cristiana per la fede, vissuta in opere di giustizia e in umile amore.
E intanto, o Vergine Madre, asciuga Tu le lagrime di chi geme ancora nel lutto, nelle privazioni, nelle sofferenze d'ogni sorta.
Consola le madri orbate dei figli, le vedove derelitte, le fidanzate senza nozze, gli orfanelli invano avidi del sorriso materno, gli oppressi dal dolore nell'esilio, nella prigionia, negli ospedali.
Riconduci i profughi nelle terre abbandonate sotto l'imperversare della bufera, quelle care terre, ove essi nacquero, crebbero, lavorarono, invocarono il tuo dolcissimo Nome, e dà loro la forza di ricostituire con coraggiosa ed alacre lena le loro case distrutte, le loro chiese crollate, i loro campi desolati, le loro officine devastate, la loro domestica felicità turbata e sconvolta.
Per tutti il tuo patrocinio.
Per tutti la tua preghiera.
Per tutti la tua materna carezza.
E per virtù tua, passato il nembo che tutto travolge, e ritornato il mondo a saggi consigli, splenda finalmente su tutti la giusta pace, una pace immune da ogni maligno spirito di odio, di violenza e di vendetta, una pace simbolo e pegno della eterna felicità.
Così sia.