Sabato, 24 giugno 1944
Vivamente gradito, Venerabili Fratelli e diletti figli, torna oggi al Nostro cuore il trovarCi in mezzo a voi, non soltanto perché conosciamo e stimiamo altamente la vostra fedele e zelante collaborazione e partecipazione alle cure del Nostro pastorale ministero in un così vasto e nobile campo di apostolato, ma anche perché la vostra presenza in questo grave momento ha in sè una singolare nota e un particolare valore.
Mentre, infatti, imperversa ancora la più gigantesca lotta di popoli che la storia ricordi, il vostro carattere internazionale e la vostra fraternità di lavoro rendono evidente e quasi palpabile quel segno distintivo della Chiesa cattolica, che è la negazione e il contrapposto vivente della discordia, da cui le Nazioni sono turbate e sconvolte: vogliamo dire la universalità della fede e dell'amore, al di là di tutti i campi di battaglia e di tutte le frontiere degli Stati, di tutti i continenti e di tutti gli oceani, universalità che vi stimola e sprona verso la meta, cui tendete, di far coincidere i confini del regno di Dio con quelli del mondo.
Tale nota caratteristica può ben soffrire, sotto l'influsso delle vicende e della propaganda di guerra, qualche offuscamento nei sentimenti di singoli fedeli; ma alla Chiesa come tale è così propria ed essenziale, che nessuna forza contraria potrebbe in lei indebolirla o scemarla, « dove non è più Gentile né Giudeo, … Barbaro o Scita, servo o libero, ma tutto e in tutti è Cristo » ( Col 3,11 ).
Una cosa nondimeno la guerra ha conseguito: essa ha in gran parte slegate le forme esteriori e visibili di questa cattolicità.
Ed invero anche Noi da vari anni abbiamo dovuto con amarezza sentire la mancanza del contatto personale e diretto con molti Paesi.
Tanto più grato ed accetto Ci è quindi il poter salutare in voi quasi il segno e il simbolo della Chiesa universale.
1. Vi è forse una più aperta manifestazione della profonda coscienza che la Sposa di Cristo ha della sua missione per tutte le regioni e per tutti i popoli, che la sua azione missionaria degli ultimi secoli?
Certamente la idea della cattolicità è stata sempre viva nella Chiesa, la quale, fedele al mandato del divino Fondatore: « Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura » ( Mc 16,15 ), ha posto mano al lavoro missionario sempre e dovunque porte fino allora chiuse alla predicazione evangelica le venivano aperte.
Così, dopo essersi fatta maestra di verità alle genti dell'antico Impero romano, guadagnò alla fede e alla carità di Cristo i popoli germanici e anglosassoni, e quindi le varie popolazioni slave, magiare e finniche; anzi già avanti il secolo XVI fondò le prime chiese in Cina, all'estremo Oriente, come nella Groenlandia e nelle isole Canarie o Fortunate, all'estremo Occidente.
Ma l'opera di evangelizzazione non potè naturalmente avere il suo pieno svolgimento se non all'epoca delle grandi e definitive scoperte - intorno al 1500 -, dando origine a quel movimento missionario, nel senso più proprio e specifico, che poi nell'antico e nel nuovo mondo è venuto sempre più allargandosi e diffondendosi, per divenire un potente movimento popolare, in quanto attrae nella sua sfera tutte le classi, particolarmente le più umili, della società cristiana e tutti i figli della Chiesa infervora a contribuire nelle più svariate forme alla propagazione della Fede.
Questo movimento richiama alla Nostra mente il ricordo dell'entusiasmo per le Crociate, che dalla fine del secolo undecimo a quasi tutto il decimoterzo tenne in ansiosa aspettazione l'Occidente cristiano.
Eppure Ci sembra che la storia futura porrà l'opera missionaria dell'era moderna ancor più in alto che le gesta dei Crociati nel Medio evo.
Le Crociate tendevano a conseguire la loro meta per lo più con le armi dei guerrieri e dei politici.
L'opera missionaria lavora con la spada dello spirito ( Ef 6,17 ), della verità, dell'amore, dell'abnegazione, del sacrificio.
Le Crociate si proponevano la liberazione della Terra Santa, e particolarmente del Sepolcro di Cristo, dalle mani degl'infedeli: fine senza dubbio quanto mai nobile ed elevato!
Oltre a ciò, esse storicamente dovevano servire a difendere la fede e la civiltà dell'Occidente cristiano contro l'Islam.
L'opera missionaria non si ferma ad assicurare e proteggere le sue posizioni.
Il suo scopo è di fare di tutto il mondo una Terra Santa.
Essa mira a portare il regno del Redentore risorto, a cui è stata data ogni potestà in cielo ed in terra ( cfr. Mt 28,18 ), il suo impero sui cuori, attraverso tutte le regioni sino all'ultima capanna e all'ultimo uomo, che abita il nostro pianeta.
A questa augusta e santa meta ha collaborato tutto ciò che costituisce ed anima la madre patria cattolica.
E se noi consideriamo la somma delle molteplici opere buone e delle eroiche rinunzie, che milioni e milioni di anime, dal fanciullo al vegliardo, hanno compiuto e compiono, e di cui è così ricca la storia delle Missioni:
le preghiere;
le elemosine e le offerte;
l'olocausto di se stessi, che i Missionari e le Suore missionarie fanno senza limitazione nè riserva, non per qualche mese od anno, ma fino alla morte, e in non pochi casi fino alla morte violenta per amore di Cristo;
e tutto ciò affine di rendere genti estranee e sconosciute, in terre e continenti lontani, partecipi della redenzione e della salute nel tempo e nella eternità, della pace con Dio e fra loro stesse, della dignità di cristiani, che sola rappresenta la piena dignità umana;
noi vediamo e sentiamo che il passato e il presente poche cose hanno da additare, le quali per generosità e per vigore, per efficacia in profondità e in larghezza, per abbondanza di perenne benedizione, possano essere paragonate ed equiparate a queste gesta di vero rispetto ed amore per gli uomini.
Un tale amore, per applicare qui la parola dell'Apostolo S. Giovanni, non può essere che da Dio ( cfr. 1 Gv 4,7 ), e Noi non dubitiamo di asserire che l'opera cattolica delle Missioni nell'era moderna costituisce di per sé sola una mirabile prova della divinità della Chiesa.
In un tempo in cui dottrine empie ed atee inducono molti a violare i diritti e la dignità della persona umana e la mutua carità fraterna, è un intimo bisogno dell'animo Nostro di rivolgere a quest'opera di universale amore una parola di riconoscimento, di lode e di gratitudine.
2. Una parola di lode e di gratitudine, ma in pari tempo anche di speranza e di conforto per tutti quelli, cui angustia il pensiero dell'avvenire delle Missioni.
Anche nel primo conflitto mondiale quanti cuori questa sollecitudine turbò!
Ma ai dubbi ansiosi, ai timori di allora, l'intervallo di tempo fra le due grandi guerre diede una risposta favorevole che superò ogni previsione.
L'opera missionaria, così nei Paesi già illuminati dalla luce del Vangelo, come nel campo stesso delle Missioni, guadagnò un tale impulso, una tale ampiezza esteriore, una tale vigoria interna, quali forse non si riscontrano con eguale intensità nella storia delle Missioni.
Il Nostro immediato Predecessore di gloriosa memoria eresse non meno di 221 nuove circoscrizioni missionarie: gli addetti alle missioni furono durante il suo Pontificato più che raddoppiati: quasi duplicato il clero indigeno: il numero dei fanciulli e delle fanciulle frequentanti le scuole cattoliche nei territori di missione triplicato.
Nel 1889 - anno in cui sorse l'Opera di San Pietro Apostolo - le Missioni cattoliche contavano 870 sacerdoti e 2700 seminaristi indigeni: il cinquantesimo anniversario di quella fondazione trovava già quel numero ottuplicato; mentre le circoscrizioni ecclesiastiche affidate a Vescovi indigeni presentemente ascendono ad oltre 70.
È poi necessario di ricordare quali alte speranze offre il campo missionario nell'Asia orientale?
Che se volgiamo lo sguardo al continente africano, l'affluire di quei popoli verso la Chiesa, massime nel Congo Belga, è andato crescendo e sviluppandosi a tal segno, da rappresentare risultati finora non mai conseguiti.
È come se il Signore nella prima guerra mondiale avesse con la sua mano onnipotente sollevato e condotto l'opera delle Missioni al di sopra e al di là degli abissi.
Mentre allora non pochi prevedevano e temevano che la guerra avrebbe su di essa sinistramente influito con la sua forza distruggitrice a guisa di terribile cataclisma, la Provvidenza divina faceva fiorire una primavera missionaria, quale la Chiesa non vide forse mai più promettente.
Perciò non esitiamo anche ora, in questo secondo e più formidabile conflitto, di guardare l'avvenire con occhio sereno; ed anzi, crediamo, a più forte ragione.
Infatti il lavoro compiuto nell'intervallo è coscientemente partito dall'intento di dare alle Missioni il carattere di istituzioni non straniere, ma proprie del Paese.
Di qui il bisogno del Clero indigeno e delle Suore indigene; di qui il principio che l'indole, le tradizioni e i costumi nativi debbono rimanere inviolati, in quanto sono conciliabili con la legge divina.
Il Missionario è Apostolo di Gesù Cristo.
Egli non ha l'ufficio di trapiantare la civiltà specificamente europea nelle terre di missione, sibbene di rendere quei popoli, che vantano talora culture millenarie, pronti ed atti ad accogliere e ad assimilarsi gli elementi di vita e di costumanza cristiana, che facilmente e naturalmente si accordano con ogni sana civiltà e conferiscono a questa la piena capacità e forza di assicurare e garantire la dignità e la felicità umana.
I cattolici indigeni debbono essere veramente membri della famiglia di Dio e cittadini del suo regno ( cfr. Ef 2,19 ), senza però cessare di rimanere cittadini anche della loro patria terrena.
Il grande scopo delle Missioni è di stabilire la Chiesa nelle nuove terre e di farle ivi mettere salde radici tanto da poter un giorno vivere e svilupparsi senza il sostegno dell'Opera delle Missioni.
L'Opera delle Missioni non è scopo a se medesima: essa tende con ardore a quell'alto fine, ma si ritira quando questo è stato raggiunto.
Un'altra considerazione rafforza egualmente la Nostra speranza.
Le indicibili miserie prodotte dalla guerra in molti Paesi di missione hanno trovato la carità cattolica pari al proprio ufficio e pronta ad ogni aiuto, anzi, nonostante le strettezze che affliggono tante Nazioni, notevolmente accresciuta.
Quel che durante i lunghi anni delle operazioni belliche è stato compiuto nell'Asia orientale rimarrà memorabile nella storia della beneficenza della Chiesa.
Noi pensiamo con particolare compiacimento ai Nostri figli e figlie del lontano Oriente, ai Missionari e alle Suore, ai cristiani indigeni, alle loro opere, alla fede, alla carità, al ministero e alla pazienza loro ( cfr. Ap 2,19 ).
Tutto ciò fa ben prevedere per l'avvenire, perché nulla rende la Chiesa tanto familiare in mezzo al popolo, quanto la sua azione caritativa.
Se Noi dovessimo indicare un detto che caratterizzi il movimento missionario cattolico dal secolo XVI, potremmo difficilmente trovarne uno più espressivo delle sublimi parole di San Paolo: « O altitudo divitiarum sapientiae et scientiae Dei, quam incomprehensibilia sunt iudicia eius et investigabiles viae eius! ».
Ma gli arcani disegni della Provvidenza s'illuminano a mano a mano e si rischiarano per chi si faccia a considerare l'avvicendarsi delle cose umane sotto il sapientissimo e onnipotente governo divino, cosicché dagl'insegnamenti del passato ci è dato di trarre gli auspici sul futuro.
E perciò nutriamo fiducia che il presente secolo, per quanto, nato superbo e presuntuoso, abbia accumulato delusioni sopra delusioni, rovine sopra rovine, porterà tuttavia nel campo delle Missioni cattoliche una ricca messe, dopo che con fatiche durate per secoli si è seminato tra le lagrime ( cfr. Sal 126,5 ).
Affinché il Signore, le cui misericordie raggiungono non meno incommensurabili profondità che i suoi giusti giudizi, si degni di concedere tale grazia, Noi impartiamo a tutti e a ciascuno di voi, e in primo luogo all'eminente Signor Cardinale Prefetto della S. Congregazione de Propaganda Fide, tanto sollecito dell'Opera delle Missioni, e al vostro degnissimo e zelantissimo Presidente, a tutti i vostri collaboratori, a quanti vi sostengono con le loro offerte o sono affidati alle vostre cure, a tutti i Missionari e alle Religiose Missionarie, a tutti gli Ordinari, sacerdoti e fedeli indigeni, dalla pienezza del Nostro cuore paterno l'Apostolica Benedizione.