Sabato, 8 marzo 1952
Con sempre rinnovata gioia vediamo nel tempo quadragesimale venire a Noi i diletti figli parroci e predicatori quaresimalisti di Roma, sotto la guida del Nostro Venerabile Fratello il carissimo Cardinale Vicario, bramosi come sono di ricevere da Noi, con alcuni paterni consigli, una specialissima benedizione per i loro lavori apostolici.
Quest'anno abbiamo già nella Esortazione ai fedeli di Roma del 10 febbraio manifestato i Nostri desideri più ardenti, abbiamo lanciato un grido di risveglio per la restaurazione della vita cristiana, e sappiamo che la Nostra parola ha trovato la più larga, la più pronta, la più fervida rispondenza nel cuore del popolo romano.
Quante anime generose non attendevano altro che di essere chiamate ad una opera così santa, non bramavano altro se non che si additasse loro il campo del lavoro!
Tocca a voi, diletti figli, di propagare e di prolungare la risonanza della Nostra voce nelle vostre parrocchie.
Noi non ignoriamo che voi lo fate con tanto zelo, e ve ne ringraziamo cordialmente.
Perciò Ci restringeremo stamane ad intrattenervi brevemente intorno a due speciali argomenti, che Ci stanno particolarmente a cuore per il bene di questa diocesi.
L'uno riguarda il suo sviluppo esteriore, l'altro la sua vitalità interna; ambedue sono di una importanza capitale per rendere sempre più sana e fiorente la vita religiosa ed ecclesiastica di Roma.
Abbiamo forse bisogno di esporne lungamente a voi la necessità e la urgenza - massime dopo quanto ha così lungamente spiegato, or sono soltanto quattro giorni, lo zelantissimo Cardinale Vicario -; a voi che conoscete già fin troppo, per vostra propria esperienza quotidiana, le difficoltà e le sollecitudini del ministero pastorale ai nostri tempi?
Eccoci a metà del secolo ventesimo.
Se risaliamo col pensiero al suo inizio, torna alla Nostra mente l'opera salutare promossa dal Nostro Beato Predecessore Pio X: la nuova e più opportuna distribuzione delle antiche parrocchie romane, la fondazione di nuove parrocchie e la edificazione di nuove chiese.
Noi stessi fummo testimoni di tali sforzi e dei risultati ottenuti; l'opera da quel santo Pontefice intrapresa fu continuata con risolutezza dai suoi Successori ed anche oggi è con sempre più vasta estensione e con sempre maggior impiego di mezzi proseguita.
Tuttavia basta dare uno sguardo allo stato concreto della cura d'anime per dover riconoscere che essa non corrisponde ancora pienamente alle presenti necessità.
Che cosa infatti troviamo?
Al principio del secolo la diocesi di Roma era divisa in 58 parrocchie; di esse 16 furono soppresse nella nuova circoscrizione e 5 trasferite in altre chiese.
Oggi la diocesi di Roma conta 127 parrocchie e 3 vice parrocchie, dipendenti dal Vicariato; alle quali si possono aggiungere altre 5 di prossima inaugurazione e 4 che saranno pronte entro l'anno corrente.
Dio ne sia ringraziato!
E dopo di lui la Nostra riconoscenza va a tutti coloro, Prelati, sacerdoti e laici, ancora vivi o già in possesso della eterna ricompensa, che hanno collaborato a una opera così grandiosa.
Le cifre, che abbiamo citate, testimoniano quale imponente somma di previdenza e di energia, di oculatezza nella concezione e di perseveranza nella esecuzione, di meditato calcolo e di ardente zelo per la gloria di Dio e per il bene delle anime, quei lavori di fondazione e di costruzione hanno richiesta.
Ciò che si è effettuato è senza dubbio magnifico.
Nondimeno, con tutta la soddisfazione e la gratitudine per quanto è stato fatto, Noi abbiamo il dovere di pensare a quel che resta ancora da fare.
Molto tempo è trascorso, e la città di Roma si è accresciuta, come territorio e come numero di abitanti, con una tale celerità, che l'organizzazione ecclesiastica non ha potuto avanzare di egual passo.
Si considerano, non senza ragione, come già sovraccariche le parrocchie con 10 o 20 mila anime: che dovrà dunque dirsi di quelle con 30 mila e anche più?
In siffatte condizioni l'attività della parrocchia rimane come immersa nel mare di una moltitudine innumerevole.
Se almeno il numero dei sacerdoti corrispondesse meglio, in tali parrocchie giganti, a quello dei fedeli!
Invece, sotto questo aspetto, la sproporzione fra gli uni e gli altri apparisce anche più impressionante.
Quando, per esempio, cinque o sei sacerdoti del clero parrocchiale debbono portare il peso di 30 o 40 mila fedeli, come potrebbero essi bastare a tanta mole di lavoro?
Un simile stato di cose Ci spinge ad accelerare ed aumentare nella massima misura possibile la fondazione di nuove parrocchie e la erezione di nuove chiese.
Intanto sarebbe desiderabile d'istituire, nell'ambito delle più vaste e popolate parrocchie, posti provvisori, ove sacerdoti di Roma, secolari o regolari, non appartenenti al clero parrocchiale, potessero, anche se occupati in altri uffici, dedicare una qualche parte del loro tempo, specialmente nelle domeniche e nei giorni festivi, ad una efficace cooperazione nel lavoro pastorale, almeno finchè durerà l'estremo bisogno presente.
Siamo lieti di aggiungere che già molti Officiali della Curia Romana si sono dichiarati pronti a una così meritoria collaborazione.
Questa estrema necessità tocca direttamente il clero di Roma.
Vorremmo però sperare che altre diocesi più favorite possano forse venire in aiuto, per esempio, in una forma che ha dato già altrove buona prova, quella cioè di una specie di patronato, nel senso che determinate diocesi adottino l'una o l'altra parrocchia di Roma in guisa da provvederla del numero di sacerdoti di cui ha bisogno.
Ma soprattutto, diletti figli, Noi abbiamo fiducia che lo spettacolo della vostra dedizione e del vostro spirito di sacrificio - che nei parroci delle borgate giunge non di rado fino all'eroismo -, l'esempio della vostra vita santamente sacerdotale, suscitino un maggior numero di vocazioni nella stessa diocesi romana.
Noi non potremmo abbastanza lodare lo zelo di quanti si danno con amore a questa Opera delle opere.
Ma non tocca forse ai parroci, per diritto e per dovere, la parte principale?
È dunque giusto che essi, dal momento in cui è stata affidata loro una parrocchia, esaminino dinanzi a Dio, nel fondo della loro coscienza, se hanno fatto e fanno tutto il possibile, se non potrebbero forse fare anche di più, per scoprire nei fanciulli il germe della vocazione, per prepararne e curarne lo sviluppo, per convincere le famiglie del loro dovere in questa materia, per ottenere dai loro parrocchiani ogni miglior concorso, compresi i necessari aiuti economici.
2. - La riedificazione della diocesi con la moltiplicazione delle parrocchie, con la costruzione delle chiese, con la formazione del clero, era il primo argomento che desideravamo di trattare dinanzi a voi.
Ma a che servirebbe di avere un numero sufficiente di parrocchie, di chiese, di sacerdoti, se la vita cristiana di parrocchiani non ne ricevesse un aumento proporzionato in pienezza e in vigore?
Essa è il fine; il resto è un mezzo indispensabile e potente, ma che diverrebbe inane, se non fosse ordinato al fine stesso, alla santificazione dei fedeli.
Senza dubbio, specialmente da cinquant'anni in qua, molto è stato fatto anche nel campo spirituale.
Ma, se grandi risultati sono stati ottenuti per rispondere, nel passato, alle necessità del momento, queste non han cessato di crescere con sempre maggiore rapidità.
Bisognerebbe che i fedeli, e particolarmente i giovani, trovassero dappertutto nella parrocchia, nelle associazioni, nelle organizzazioni cattoliche esistenti, il soddisfacimento delle loro legittime aspirazioni; altrimenti, andranno a cercarlo altrove, là ove la loro vita cristiana, la salvezza stessa delle loro anime, sarebbe esposta ai più gravi pericoli.
Così, per portare un esempio, Noi abbiamo approvato che anche alla gioventù femminile sia data nelle proprie organizzazioni la possibilità di una sana attività sportiva.
In caso contrario, dove sarebbero forse alcune tentate di andare?
Non si osa dirlo, ma non si comprende che troppo.
Non meno che la parrocchia e la chiesa, l'associazione, con qualsiasi nome si voglia chiamare, non è fine a se stessa; il fine è il bene spirituale dei membri che la compongono.
È chiaro - dirà forse qualcuno -, e tutti ne siamo convinti.
Certamente; ma quando i fedeli a ogni piè sospinto vengono a contatto con opinioni ed usanze opposte ai più elementari principi cristiani, è opportuno di ricordarli e di osservare se le proprie file rimangono salde di fronte a quelle riprovevoli forme di vita, o se invece purtroppo soccombono.
È l'avvertimento che l'Apostolo Paolo rivolgeva alle nascenti comunità cristiane di Roma: « Non conformatevi al secolo presente, ma trasformatevi col rinnovamento del vostro spirito » ( Rm 12,2 ), vale a dire secondo la volontà di Dio e ad immagine di Cristo.
E allora Noi prendiamo a considerare alcune note essenziali della vita cristiana e domandiamo: Pregano i nostri fedeli abbastanza?
È la loro assiduità alla orazione e ai Santi Sacramenti sufficiente per mantenerli, nel vortice turbinoso delle grandi città moderne, costantemente nella vita della grazia?
È la loro venerazione verso l'augusto Sacrificio dell'altare tale da renderli pronti a qualche privazione, per assistervi regolarmente?
In modo speciale, si valgono essi delle tante occasioni loro offerte di ascoltare la Messa, prima di lanciarsi in folla alle loro gite di sci e di sport?
È la loro morale coniugale veramente irreprensibile e la loro vita di famiglia esemplarmente cristiana?
Ammettono essi senza distinzione nelle loro dimore persone che vivono in una condizione moralmente irregolare, favorendo in tal guisa, massime alle nuove generazioni, una pericolosa insensibilità e indifferenza tra il bene ed il male?
È la purezza della gioventù così solida da impedire che sdruccioli verso l'abisso?
Frequentano, così i fanciulli come gli adulti, l'insegnamento catechistico ( cfr. can. 1329-1332, e Decr. S. C. C. « Provido sane » 12 ian. 1935 )?
Or sono quasi cinque anni ( discorso del 7 settembre 1947 ), Noi esortammo gli Uomini dell'Azione Cattolica Italiana ad opporre un fronte granitico alla invadente corruzione nella vita economica e sociale.
Come fa sentire, a Roma, questo fronte la sua fermezza e la sua forza?
Che cosa ha fatto per attenuare l'intollerabile contrasto fra un lusso smodato e una povertà, talvolta vergognosa, in ogni caso straziante?
Potremmo continuare a lungo su questo argomento.
Ma voi ben sapete, diletti figli, quanto difficile è la cura pastorale, allorchè si tratta di reagire contro la decadenza della vita religiosa e di farle risalire lo scosceso pendio.
Senza dubbio non si può riuscire da un giorno all'altro.
Ma occorre mettere subito mano all'opera e condurla innanzi con ogni vigore.
Ciò di cui la Chiesa ha urgente bisogno, sono fedeli e gruppi di fedeli, di ogni condizione, che, liberi dalla schiavitù del rispetto umano, conformino tutta la loro vita e la loro attività ai comandamenti di Dio e alla legge di Cristo.
Ora questa conformità non è ordinariamente possibile che a coloro i quali fin dalla giovane età si sono abituati per amore di Lui all'abnegazione e al sacrificio.
Abbiamo testè ricordato l'avvertimento di S. Paolo.
Attraverso tutte le sue Lettere spira la lotta contro il peccato, un costante sforzo per affrancare i suoi cristiani dalla schiavitù dei pregiudizi e dei corrotti costumi del mondo, che li circondava.
Noi leggiamo in esse e sentiamo quanto dura era una simile lotta.
Percorrete col pensiero la storia della Chiesa nei primi secoli: non è che lo svolgimento di quel preludio.
Essa spezzò la potenza del paganesimo, che opprimeva le anime, ma non in sfolgoranti trionfi, bensì nelle lacrime e nel sangue, nelle suppliche imploranti la fortezza e la grazia divina, con la pazienza sotto i colpi dei nemici, in faticoso, ma tenace e fiducioso lavoro.
Ora la storia continua; tocca a voi di scriverne le prossime pagine.
Oggi, come in passato, la Chiesa è il fermento della umanità.
L'opera sua non permette nè comode condiscendenze, nè riposo, nè tregua, ma un sempre poderoso impulso per corrispondere ai voleri di Cristo e alla loro attuazione nella vita dei fedeli.
Si degni il Signore di sostenervi nei vostri travagli, concedendovi vigorosa fede, incrollabile coraggio, incondizionato senso d'immolazione, mentre Noi in suo nome e con effusione di cuore impartiamo a voi tutti, ai vostri collaboratori, ai vostri parrocchiani e uditori, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.