23 giugno 1966
La Vostra venuta, egregi e cari Signori, in qualità di membri del Consiglio Nazionale della Stampa Italiana, Ci onora e Ci allieta.
Salutiamo cordialmente il dott. Mario Missiroli, presidente dell'omonima Federazione Nazionale, e l'on. Guido Gonella, presidente dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani; e salutiamo tutti voi che avete la responsabilità di rappresentare le Associazioni della Stampa di tutta Italia.
Vi accogliamo con cordiale rispetto.
Molti di voi li abbiamo seguiti con stima e ammirazione per l'alto impegno di serietà e di coscienza, con cui adempiono la loro missione; a tutti, tra cui vediamo i più bei nomi del giornalismo italiano, desideriamo manifestare l'espressione del Nostro rispetto, della Nostra considerazione, del Nostro incoraggiamento, perché vi consideriamo rappresentanti e artefici dell'opinione pubblica, ancor prima che semplici trasmettitori e commentatori di notizie.
Grazie, dunque, della vostra presenza, che Ci offre la lieta consolazione di vedervi qui raccolti, e di rivolgervi la Nostra semplice e breve parola.
Quando Ci troviamo di fronte a chi, come voi, fa del giornalismo la sua professione, il Nostro discorso si svolge di solito su due motivi fondamentali, che anche oggi vogliamo richiamare alla vostra attenzione.
In primo luogo amiamo sottolineare l'importanza della stampa, e la funzione che essa svolge con mezzi sempre più capaci e potenti nella società moderna.
Essa ha acquistato via via un rilievo sempre più alto; essa fornisce infatti materia e indirizzi di pensiero alla pubblica opinione, li elabora con possibilità pressoché illimitate di giudizio e di interpretazione, incidendo in misura formidabile sulle coscienze: si comprende da questi brevissimi accenni la sua enorme funzione, e la delicatezza dei metodi, con cui deve essere svolta.
La Chiesa, per bocca dei Pontefici Romani, non ha cessato nei tempi recenti di ammonire gli interessati sull'importanza degli strumenti di informazione, di pubblicazione, di diffusione, tra cui la stampa ha un posto di primo piano; e ha voluto nel suo Concilio dedicare un apposito documento agli strumenti di comunicazione sociale, come appunto li ha voluti chiamare, riconoscendo i vantaggi che essi apportano all'umana famiglia, perché « servono mirabilmente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a propagare e rafforzare il Regno di Dio »; ma deplorando anche con ferma chiarezza « i danni, che troppo spesso il loro cattivo uso ha già recato all'umanità » ( Decr. Inter mirifica, n. 2 ).
Per questo desideriamo, e Ci fa tanto piacere, ricevere i giornalisti, tanto più se così qualificati e noti come voi siete; e anche lo sviluppo, che vogliamo dare ai Nostri servizi Vaticani, oltre che rinsaldare i vincoli di amicizia professionale tra le nostre due sponde, vuole anche attestare a voi, giornalisti della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l'interesse, la sollecitudine, l'attenzione che desideriamo vi siano dedicate.
In secondo luogo, parlando ai giornalisti, siamo soliti a mettere in luce la deontologia della diffusione delle notizie, dei commenti, che vi fioriscono, della cultura, che si diffonde, cioè l'attinenza morale che la stampa impone, con i suoi precisi doveri.
L'immensa responsabilità, già sottolineata, qui cresce a dismisura, ed è tanto più bisognosa d'essere coltivata, quanto meno è frenata e guidata da norme esterne, che non siano quelle, nobili e ideali, ma talora troppo labili, dell'autocontrollo.
Il dovere morale, di cui parliamo, si misura pertanto su due poli: il primo è la verità, cioè l'obiettività delle notizie, che deve avere la preminenza su ogni altro interesse.
A questo proposito, purtroppo, prevale spesso l'aspetto sensazionale, passionale, polemico; si confonde talora la libertà con la licenza di alterare la notizia, o di offendere persone e istituzioni, gratuitamente; c'è chi si fa vanto di questa spregiudicatezza, ne fa stile e mestiere.
Quanto diciamo non riguarda certo voi: ma convenite che ciò non onora la dignità della stampa, la quale trova la sua dignità nella verità e nel servizio prestato alla rettitudine dell'informazione e del giudizio.
L'altro polo del dovere morale, proprio dei giornalisti, è la valutazione dell'effetto, che ciò che si scrive produrrà sui lettori: di fatto l'opinione pubblica non è un'entità astratta e lontana, ma è la somma di persone singole, ciascuna con il suo carattere, con la sua formazione, coi suoi pregi, con i suoi difetti.
È pertanto cosa grande e delicata parlare agli altri: a questa grande e sacra e complessa cosa, che è l'uomo; al semplice, all'inesperto, all'impressionabile, a chi non è ancora in grado di avere idee proprie, e di esercitare con maturità il suo giudizio; perfino la saggezza pagana ha ricordato che « magna debetur puero reverentia » ( Iuven. 14, 47 ).
C'è da riflettere molto, ricordando specialmente la parola di Cristo, il quale ha ammonito che di ogni parola oziosa ci sarà chiesto conto ( cfr. Mt 12,34 ).
Questo volevamo accennare, nell'odierno spontaneo incontro di anime, per ricordare a voi la dignità e il dovere, che vi incombono, e per confortare nei vostri spiriti la consapevolezza della « vocazione », della missione giornalistica.
Siete maestri, oggi, per la grande maggioranza dei vostri connazionali: siete pertanto educatori; diciamo di più, siete « profeti », perché, come tutti i laici cristiani, secondo l'insegnamento della Costituzione conciliare sulla Chiesa, siete impegnati ad una specifica testimonianza, che « acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo » ( Cost. Lumen gentium, n. 35 ).
La vostra testimonianza consiste nell'essere al servizio della « Parola », che in tutte le sue espressioni create deve essere eco fedele dell'eterna Parola increata, il Verbo del Padre, la luce delle nostre menti, la Verità che tanto ci sublima!
Con questi voti, Noi auguriamo un proficuo lavoro alle riunioni del vostro Consiglio Nazionale; a tanto vi conforti la Nostra stima e vi sostenga la Nostra preghiera, che attiri su di voi, sulle vostre famiglie, sulla vostra attività la pienezza delle celesti benedizioni.