9 luglio 1966
Salutiamo i Delegati Vescovili e gli Assistenti Diocesani della Azione Cattolica Italiana convenuti in Roma per esaminare i loro problemi e - come è stato detto dall'Assistente Generale Monsignor Franco Costa - particolarmente quelli « in ordine alla missione ed ai compiti del Sacerdote nell'Azione Cattolica ».
Dobbiamo innanzi tutto ringraziarvi di codesta partecipazione al Convegno nazionale di così notevole importanza, come quello che avvenendo dopo il recente Concilio ecumenico ne raccoglie gli insegnamenti ed intende applicarne lo spirito e le norme alla grande organizzazione dell'Azione Cattolica.
Dobbiamo altresì ringraziarvi della visita che a Noi fate e che Ci apporta l'ausilio delle vostre esperienze e il conforto del vostro fervore.
Ma ancora più Noi vi dobbiamo il Nostro ringraziamento per l'opera che voi date nelle vostre rispettive diocesi ed associazioni per promuovere, per sostenere, per animare l'Azione Cattolica, istituzione questa che - come più volte abbiamo avuto occasione di ripetere - Noi reputiamo utile, anzi indispensabile complemento dell'azione pastorale, pedagogica, culturale ed anche propriamente religiosa della Gerarchia e del Clero.
Noi non abbiamo, a questo riguardo, nulla da aggiungere a quanto è stato detto e così bene illustrato sia dalla parola dell'assistente Generale, sia dagli altri autorevoli relatori ed oratori del vostro Convegno; Ci basta approvare ed incoraggiare, mentre Ci piace notare che l'Azione Cattolica Italiana riceve dal Concilio piuttosto una conferma, che una riforma, avendo essa avuto la saggezza e la fortuna di collocarsi e di modellarsi in conformità a quegli sviluppi della vita ecclesiastica ed a quei bisogni del nostro tempo, che il Concilio ha riconosciuti ed ha assecondati con le sue dottrine e con le sue norme relative alla posizione dei Laici nella compagine ecclesiastica ed alla funzione apostolica loro spettante.
Perciò, cari e venerati Figli e Fratelli Nostri, Noi volentieri vi esortiamo a perseverare nell'attività intrapresa, con la confortata coscienza della bontà del vostro lavoro e con la premura di penetrarlo di quei lumi e di quegli impulsi che in così grande abbondanza i documenti conciliari apprestano a codesto campo di apostolato.
Una revisione, un rinnovamento, un approfondimento sia dottrinale che spirituale dell'Azione Cattolica Italiana saranno necessari, anche se essa « ante litteram » realizzava in sé il disegno che ora il Concilio ha magistralmente delineato e fissato.
Voi certamente questo farete; ed il vostro Convegno è prova di tale vostro proposito.
Così che, una volta di più, e questa volta con sicurezza che dà alle parole carattere definitivo, è stato studiato e detto che cosa sia e che cosa fa l'Azione Cattolica; che cosa era e che cosa sarà.
Sta bene. Se un aspetto di codesta ormai chiara problematica merita in questo momento d'essere da Noi rilevato e confortato di qualche commento, Ci sembra quello che riguarda direttamente voi Sacerdoti addetti a codesto genere di ministero.
Anche su questo tema molto è stato detto, sulla figura e sulla missione cioé dell'Assistente ecclesiastico; e voi che di tale ufficio esercitate con tanto zelo e con tanta competenza le funzioni tutto sapete al riguardo.
Ma forse, venendo a questa Udienza, voi attendete che una Nostra parola avvalori in proposito il vostro pensiero e la vostra azione.
Ecco: voi non siete Parroci, voi non siete Insegnanti, voi non siete Cappellani, o Canonici, o Curiali; siete Assistenti, sia come Delegati Vescovili per l'intera Diocesi e per l'intera rete delle associazioni e delle opere d'Azione Cattolica, sia come incaricati d'un particolare ministero presso i diversi rami diocesani della medesima Azione Cattolica.
Codesta figura di Sacerdote, tuttora alquanto incerta nelle sue linee propriamente canoniche, è invece nella prassi già chiara e precisa; ma dal fatto che il Concilio attribuisce ai Laici maggiore capacità operativa sia come persone singole che come riuniti in gruppi associati, viene alquanto modificata; cioè viene ad assumere lineamenti nuovi.
Rileggiamo uno dei testi conciliari, che ci obbligano a questa revisione della figura dell'Assistente Ecclesiastico.
Dice la Costituzione « Lumen Gentium » al paragrafo 37: « I Pastori riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei Laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, con fiducia affidino loro degli uffici in servizio della Chiesa e lascino loro libertà e campo di agire, anzi li incoraggino, perché intraprendano delle opere anche di propria iniziativa.
Considerino attentamente e con paterno affetto in Cristo le iniziative, le richieste e i desideri proposti dai Laici.
Con rispetto poi riconosceranno i Pastori quella giusta libertà, che a tutti compete nella città terrestre ».
E nel Decreto conciliare « Apostolicam Actuositatem » sull'apostolato dei Laici, al paragrafo 24: « … la Gerarchia, a seconda delle circostanze, ordinando in diverse maniere l'apostolato, unisce più strettamente alcune sue forme alla sua missione apostolica … senza per questo nulla togliere ai Laici della necessaria libertà d'azione ».
E così via.
È chiaro che il Concilio chiama il Laicato cattolico all'esercizio di quella « maturità » di cui tanto s'è parlato.
Ora sorge spontanea la domanda se con ciò non sia esautorata la funzione dell'Assistente Ecclesiastico, anzi ci si può chiedere se con ciò il Sacerdote non è messo in posizione subalterna e pericolosa, obbligato com'è a lasciare ai Laici non poca autonomia d'azione e a condividere le fatiche e le responsabilità, senza esserne sempre soddisfatto.
Che cosa resta più al Sacerdote in tali condizioni?
Voi certamente vi siete posti la medesima domanda; ma, bravi e zelanti come siete, già le avete indubbiamente dato ampia risposta.
È su questa risposta che Noi vi preghiamo di fermare la vostra attenzione.
Che cosa resta da fare al Sacerdote che si occupa di Azione Cattolica, ora che il Laicato è dichiarato adulto e autorizzato ad agire di propria iniziativa?
Una volta - e forse ancor oggi - l'Assistente era tutto in un'associazione: presiedeva, proponeva, comandava, eseguiva, pagava.
Adesso che gli resta da fare?
Diciamo brevemente: moltissimo; e con nuova arte pastorale.
Moltissimo: chi deve formare i Laici?
Per bravi e per buoni che siano, i Laici nostri, come tutti i fedeli nella Chiesa di Dio, sono discepoli.
Non si formano da sé; specialmente per quanto riguarda la catechesi, cioè la conoscenza della dottrina della Chiesa, e per quanto riguarda la preghiera, il culto, la vita sacramentale; la direzione spirituale, l'iniziazione alla vita soprannaturale, ed al senso della Chiesa.
Quanto più faremo credito ai Laici cattolici, e quanto più esigeremo da loro collaborazione ed attività propria, tanto più li dovremo supporre formati; e la formazione è principalmente riservata al ministero del Sacerdote.
Anche se nel quadro delle attività d'un'associazione l'opera dell'Assistente non figura come caratteristica, essa rimane fondamentale; ha un suo primato che tanto più dovrà essere esercitato e bene esercitato, quanto più vogliamo nei nostri Laici pienezza di coscienza, di istruzione, di formazione.
Un altro compito molto importante, riservato al Sacerdote Assistente, è la vigilanza sulla rettitudine della linea, tanto nelle idee, che nelle attività, a cui un'associazione che si chiama cattolica deve attenersi: ufficio questo molto esigente: non dobbiamo permettere che i nostri ottimi Figli abbiano a uscire dalla strada buona, e che invece d'essere di aiuto e di consolazione per i loro Vescovi siano motivo di apprensioni, di delusioni, o di dispiaceri.
La posizione stessa, in cui vengono a trovarsi i Laici qualificati dall'appartenenza alle nostre associazioni, li presenta alla comunità ecclesiale come esemplari; e chi difenderà in essi questa esemplarità, primo grado dell'apostolato, se non l'amorevole, saggia, discreta, autorevole assistenza del Sacerdote?
Voi siete pratici, e sapete quanto codesta difesa della irradiazione esemplare del Laico cattolico è studio impegnativo, opera vigilante, fatica spirituale.
Aggiungeremo una menzione sopra un altro ufficio del Sacerdote Assistente, sia a livello diocesano, che parrocchiale: quello di tenere i rapporti fra i Laici cattolici organizzati e l'Autorità ecclesiastica, sia questa quella del Vescovo o quella del Parroco.
Anche questo è ufficio importante e difficile: da un lato questi nostri Laici si mettono alle dipendenze dell'autorità Ecclesiastica, dall'altro non dobbiamo far pesare questo filiale rapporto come un giogo molesto; è il caso di ricordare le parole del Signore: Jugum meum suave est, et onus meum leve ( Mt 11,30 ).
L'autorità della Chiesa sta dispiegando una sua propria forma per l'esercizio delle sue potestà, per il compimento della sua missione, per la tutela dell'unità e del benessere del Popolo di Dio: la forma pastorale, ch'è una sintesi di comando e di servizio, ed ha uno stile di sapienza psicologica e di pienezza umana ammirabile.
Nella presente insofferenza delle forme pesantemente autoritarie, o bonariamente paternalistiche, e, d'altronde, nell'urgenza e nella necessità che il Popolo di Dio sia diretto con sicurezza e con risparmio di tante esperienze inquiete e dissipatrici, l'ufficio di far valere rettamente, anzi di far amare l'Autorità della Chiesa assurge a funzione provvidenziale.
Tocca a voi, tocca agli Assistenti ecclesiastici, esercitare presso i nostri Laici tale funzione; è uno degli esercizi della carità nella Chiesa oggi più desiderabile e più benefico; ed è da credere che, se il nostro Laicato cattolico, come lo è per suo vanto e per nostro conforto oggi in Italia, conserva, per merito vostro, rapporti convinti ed operanti di fedeltà filiale alla Gerarchia, vi è grande motivo di bene sperare per l'avvenire della vita cattolica e vi è sicuro auspicio che i doni dello Spirito Santo continueranno a darle splendore ed energia per il bene del secolo nostro. Lasciateci ripetere, prima di congedarvi, le parole del Concilio che più direttamente vi riguardano, dando esplicito riconoscimento alla missione da voi esercitata ed indicando le vie migliori del suo svolgimento.
Dice il Concilio ( Apostolicam Actuositatem, n. 25 ), riferendosi ai Vescovi, ai Parroci ed ai Sacerdoti, addetti all'assistenza spirituale dei Laici: « … lavorino fraternamente con i Laici nella Chiesa e per la Chiesa; ed abbiano una cura speciale dei Laici nel loro lavoro apostolico …
Coloro che si dedicano a questo ministero, una volta ricevuta la missione dalla Gerarchia, la rappresentino nella loro azione pastorale; favoriscano le opportune relazioni dei Laici con la Gerarchia stessa sempre aderendo fedelmente allo spirito e alla dottrina della Chiesa; consacrino se stessi ad alimentare la vita spirituale ed il senso apostolico delle associazioni cattoliche ad essi affidate; le assistano con il loro sapiente consiglio nella loro operosità apostolica e ne favoriscano le iniziative.
Instaurando un continuo dialogo con i Laici, studino attentamente quali siano gli accorgimenti per rendere più fruttuosa la loro azione apostolica; promuovano lo spirito d'unione nell'interno dell'associazione medesima, come pure fra essa e le altre ».
Vedete, Fratelli e Figli carissimi, che il Concilio non vi rende disoccupati rispetto al vostro lavoro nel Laicato cattolico organizzato, sì bene accresce, di arte pastorale e di meriti, le vostre fatiche.
Perseverate perciò con costanza e con vigore; recate a tutte le vostre associazioni il Nostro saluto ed il Nostro incoraggiamento, e siate tutti da Noi affettuosamente ringraziati, confortati e benedetti.