1 ottobre 1966
Venerabili Fratelli!
Figli in Cristo carissimi, e illustri e venerati Maestri!
Riceviamo molto volentieri la vostra visita a conclusione del Congresso Internazionale de Theologia Concilii Vaticani secundi; e, come all'inizio della vostra riunione, così ora alla fine vi diciamo l'immensa Nostra compiacenza, la viva Nostra speranza per l'incontro da voi ora celebrato in fraterna amicizia, in profondità di studio, in novità di propositi.
Noi dobbiamo ringraziare le pontificie Università e gli Atenei ecclesiastici di Roma, che hanno promosso un così nuovo e così importante convegno, in perfetta concordia ed in comune desiderio di annodare rapporti di conoscenza e di collaborazione con gli Istituti Superiori ecclesiastici intenti agli studi teologici e con gli studiosi, Professori, Maestri, Scrittori e Ricercatori, delle sacre dottrine; e dobbiamo ringraziare voi tutti che con la vostra parola e con la vostra presenza avete contribuito al felice esito di codesto singolare Congresso.
Salute a voi tutti, grazie a voi tutti, voti per voi tutti, degni rappresentanti della scuola e del pensiero cattolico!
Noi vi abbiamo già indicato, nella Lettera che abbiamo rivolto al venerato Signor Cardinale Giuseppe Pizzarda, quanto opportuna sia la vostra sollecitudine nella riflessione, nella penetrazione, nel commento, nella divulgazione dei documenti conciliari, e quali siano i criteri, già da voi non ignorati, secondo i quali debba rettamente svolgersi la vostra attività scientifica.
Ora Ci sembra propizia l'occasione per soffermarci brevemente a considerare con voi il rapporto, che codesta visita sembra mettere in evidenza sensibile,
fra il Nostro ufficio ed il vostro;
fra il Nostro mandato di custodi e di interpreti della divina Rivelazione ed il vostro compito di studiosi e di espositori della dottrina della fede;
fra il Magistero ecclesiastico cioè, del quale Noi siamo per divina disposizione, sebbene indegnamente, incaricati, e lo studio e l'insegnamento della sacra Teologia, a cui voi attendete.
E questo confronto, fra Magistero e Teologia, sembra a Noi, ed è, molto importante e, come dicono, di grande attualità.
Innanzi tutto perché si diffonde in alcuni ambienti la tendenza a negare ovvero a svigorire il rapporto della Teologia rispetto al Magistero della Chiesa.
Infatti, se consideriamo la mentalità e lo spirito degli uomini di cultura del nostro tempo, avvertiamo che hanno in comune questa nota caratteristica, cioè una esagerata fiducia in se stessi che li porta a respingere ogni autorità e a stabilire che ognuno da sé possa procedere in ogni campo del sapere e regolare la propria vita secondo il grado delle sue conoscenze.
Purtroppo tale libertà, o meglio licenza, talvolta viene più o meno estesa anche nel campo della conoscenza della fede e della scienza teologica.
Ne deriva il rifiuto di ogni regola al di fuori o al di sopra del soggetto, quasi che tutto l'ambito della verità sia circoscritto entro limiti della ragione umana o la verità stessa tragga la sua origine dalla ragione; ovvero che non si possa stabilire nulla di definito e di assoluto che non ammetta ulteriori progressi e mutazioni in senso contrario; ovvero anche che il valore di un sistema si misura dalla sua corrispondenza con le disposizioni soggettive dell'uomo.
Cosicché anche il magistero autoritativo viene respinto, o al più se ne riconosce la validità solo per prevenire gli errori.
Non è difficile vedere come queste opinioni non solamente siano in aperto contrasto con la riverenza dovuta al Magistero della Chiesa, ma sovvertano anche la vera natura della Teologia stessa.
È invece da attribuire grande importanza al fatto che Magistero e Teologia hanno una comune radice: la Rivelazione, accolta e conservata nella santa Chiesa per opera dello Spirito Santo.
Voi sapete benissimo, infatti, che la Chiesa, avendo ricevuto dal suo divin Fondatore il mandato di annunziare il Vangelo a tutte le genti, per poter adempiere convenientemente questa missione fu costituita maestra fedelissima di verità e possiede il carisma della verità indefettibile.
Consapevole sempre di questo carisma, la Chiesa non ha mai cessato di proclamarsi colonna e fondamento della verità ( cfr. 1 Tm 3,15 ).
Orbene, per volere di Gesù Cristo, la norma prossima e universale di questa verità indefettibile potrà trovarsi unicamente nel Magistero autentico della Chiesa, che ha il compito di custodire fedelmente e di spiegare infallibilmente il deposito della fede ( cfr. Conc. Vat. I, Sess. III, cap. 4 ).
Agli Apostoli infatti Cristo Signore promise il dono dello Spirito Santo, in virtù del quale sarebbero diventati testimoni dell'Evangelo fino agli ultimi confini della terra ( cfr. At 1,8 ); agli Apostoli ancora conferì il potere di insegnare con autorità: « Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Andate perciò ed ammaestrate tutte le genti … insegnando loro di osservare tutto ciò che io vi ho comandato » ( Mt 28,18-19 ); agli Apostoli infine promise lo Spirito di verità ( cfr. Gv 14,16-17 ) e la sua assistenza che non sarebbe venuta mai meno ( cfr. Mt 28,20 ), per cui sarebbero stati preservati da ogni errore.
Inoltre Magistero e Teologia - ciò che pure è di sommo momento, e rinsalda fra loro la più stretta parentela - servono allo stesso scopo:
conservare, penetrare sempre più profondamente, esporre, insegnare, difendere il sacro deposito della Rivelazione;
illuminare cioè la vita della Chiesa e dell'umanità per mezzo della divina Verità,
e condurre tutti gli uomini alla salvezza eterna.
Grande, massima cosa, per Noi, per il Collegio dei Vescovi, per voi, Figli e Maestri carissimi.
Ma Magistero e Teologia hanno funzioni e doni diversi.
La Teologia, infatti, mediante l'intelligenza illuminata dalla fede, e non senza una qualche luce dello Spirito Santo cui il teologo deve essere attento e docile ( cfr. Lett. Enc. Humani generis ), ha il compito di conoscere e penetrare più compiutamente il contenuto della Rivelazione;
di portare a conoscenza della Comunità cristiana e particolarmente del Magistero stesso, i frutti delle proprie ricerche, affinché mediante l'insegnamento dell'autorità divenga luce per tutto il popolo cristiano;
e poi di collaborare a diffondere, ad illustrare, a giustificare, a difendere la verità autorevolmente insegnata dal Magistero.
Il Magistero, invece, per l'autorità ricevuta da Gesù Cristo e per un dono dello Spirito Santo a lui proprio, che lo fa maestro del popolo di Dio ( cfr. Cost. dogm. Lumen gentium, nn. 21-25 ), ha il compito anzitutto di insegnare e testificare la dottrina ricevuta dagli Apostoli, perché diventi la dottrina di tutta la Chiesa e dell'umanità intera;
di conservarla intatta dagli errori e dalle deformazioni;
di giudicare con autorità alla luce della Rivelazione circa le nuove dottrine e le soluzioni proposte dalla teologia per risolvere problemi nuovi;
di proporre con autorità i nuovi approfondimenti e le nuove applicazioni della dottrina rivelata che esso, nella luce dello Spirito Santo di cui dispone, trova conformi alla dottrina di Gesù Cristo.
La Teologia ha quindi una duplice relazione con il Magistero della Chiesa e con la intera Comunità cristiana.
Essa è, in certa misura, mediatrice tra la fede della Chiesa e il Magistero.
Attenta a cogliere la fede vissuta della comunità cristiana, le sue verità, i suoi accenti, i suoi problemi, gli orientamenti che lo Spirito Santo suscita nel popolo di Dio ( … « quid Spiritus dicat Ecclesiis », Ap 2,7 ), essa deve vagliare con il metodo ed i criteri propri di un buon metodo teologico questa fede vissuta e le sue intenzioni, per confrontarle con la parola di Dio e con tutta la tradizione fedele della Chiesa, per proporre le soluzioni dei problemi che essa suscita nel suo confronto con l'esperienze la storia e la riflessione umana, ed aiutare così il Magistero ad essere sempre luce e guida della Chiesa pienamente all'altezza del compito, naturalmente non al di sopra della parola di Dio, ma al suo servizio.
Il Magistero trae quindi grande vantaggio da una fervida operosità teologica e da una cordiale collaborazione dei teologi: sia che essi mediante la ricerca attenta della Rivelazione scritta e orale ne scoprano sempre più le profondità e le finezze di significato e le idee dominanti e sintetiche, sia che mediante una vigilante interpretazione di tutta la cultura e l'esperienza umana contemporanea, si sforzino di coglierne e di risolverne i problemi nella luce della storia della salvezza.
Il Magistero senza l'aiuto della Teologia, potrebbe senza dubbio conservare e insegnare la fede, ma difficilmente raggiungerebbe quella completezza e profondità di conoscenza, di cui ha bisogno per adempiere pienamente il suo compito, in quanto è persuaso di non essere dotato di rivelazione o di carisma di ispirazione, ma solo di assistenza dello Spirito Santo.
La Teologia adempie ancora un'altra funzione rispetto al Magistero: è mediatrice del suo insegnamento per la formazione della fede e del costume morale nel popolo cristiano.
È nell'insegnamento teologico, infatti, che la dottrina della Chiesa assume forma organica e sistematica, così da poter rispondere agli interrogativi dei fedeli tutti;
è la Teologia che dà all'insegnamento del Magistero il soccorso delle giustificazioni che rendono « ragionevole » la dottrina della fede;
è la Teologia che forma l'intelligenza e l'animo dei Pastori, dai più elevati in dignità ai più umili, preparandoli così ad essere veramente maestri della fede e del costume cristiano.
Senza la Teologia mancherebbero al Magistero strumenti essenziali per comporre quella sinfonia che deve pervadere tutta la comunità affinché abbia a pensare e a vivere secondo Gesù Cristo.
La duplice relazione della Teologia con il Magistero e con la Comunità cristiana suggerisce qualche riflessione circa lo spirito con cui i teologi, cui particolarmente è affidato l'approfondimento teologico, devono attendere al loro compito nella Chiesa, affinché esso sia benefico e ricco di frutti duraturi.
La prima riflessione riguarda lo spirito di servizio.
I teologi sono e devono essere ben lieti di essere al servizio della Comunità ed al servizio del Magistero.
Il loro compito si inserisce nel grande compito della Chiesa, di salvare le anime; per questo la loro grandezza non sta tanto nel proporre idee e dottrine nuove, quanto nella costante preoccupazione di dire le « parole di vita eterna », in modo che penetrino nelle anime e le conducano o le rafforzino nella fede in Gesù Cristo, unico Salvatore.
Saranno attenti perciò a studiare soprattutto i problemi e le questioni, che più da vicino toccano la salvezza delle anime, e condivideranno con il Magistero la preoccupazione di portare a conoscenza dei fedeli non tanto verità proprie, ma la verità di Gesù Cristo, quale viene universalmente creduta nella Chiesa sotto la guida del suo Magistero.
Sono al servizio altresì della verità: anzi, quando sono ufficialmente incaricati di qualche funzione d'insegnamento nella Chiesa, sono essi pure, in un certo modo, maestri di verità.
Per questo, loro sommo scrupolo sarà quello di essere fedeli alla verità della fede e alla dottrina della Chiesa; eviteranno quindi di acconsentire al desiderio di una facile accoglienza e di popolarità, a scapito della sicurezza della dottrina insegnata dal Magistero, che nella Chiesa rappresenta la persona di Gesù Cristo Maestro.
Porranno anzi il loro sommo onore nell'essere interpreti fedeli e intelligenti dell'insegnamento del Magistero, ben sapendo che nulla giova tanto al popolo cristiano ed all'intero genere umano quanto la conoscenza certa delle verità salutari, e che queste si trovano presso coloro cui Gesù Cristo ha detto: « Chi ascolta voi, ascolta me ».
La seconda riguarda lo spirito di comunione; comunione con tutto il popolo cristiano, comunione con la Sacra Gerarchia, comunione fraterna anche tra voi teologi.
Lo spirito di comunione appartiene all'essenza stessa della vocazione cristiana, come insegna l'Apostolo S. Giovanni ( cfr. 1 Gv 1,2-3 ).
Ma in modo particolare appartiene all'essenza di un buon metodo teologico.
La verità divina viene dallo Spirito Santo conservata nella comunità cristiana intera, e perciò ivi la troverete tanto più facilmente, quanto più vivrete in comunione profonda con l'intera umanità del popolo fedele, emulando in umiltà di cuore i « piccoli », ai quali il Padre più facilmente rivela i misteri del suo essere e dei suoi disegni.
La verità divina viene conservata e illustrata nella Chiesa dallo Spirito Santo soprattutto mediante l'opera del Sacro Magistero; e perciò voi specialmente la troverete tanto più sicuramente quanto più sarete in comunione cordiale con esso: cercare lontano da esso, per arbitrarie vie personali, vi esporrebbe facilmente al pericolo di rimanere soli, maestri senza fedeli, e di lavorare invano e senza produrre frutti di vita per la comunità, o addirittura di deviare dalla retta via, scegliendo il vostro giudizio in luogo del pensiero della Chiesa come criterio di verità: sarebbe una scelta arbitraria, « airesis », la via all'eresia.
Ma soprattutto vogliamo ora sottolineare il dovere della comunione tra voi stessi.
Provenendo da luoghi, tradizioni spirituali e culturali diverse, dovendo rispondere a bisogni e difficoltà diverse, è normale che esistano tra voi delle diversità di interessi, diversità di formazione e di metodi di ricerca, diversità di giudizi.
In materie tanto difficili e lontane dalla comune esperienza, come i problemi teologici, una discreta diversità di giudizi è compatibile con l'unità della fede e con la fedeltà all'insegnamento e alle direttive del Magistero; non deve dunque meravigliare, ché anzi va considerata come benefica in quanto stimola una più profonda ed accurata ricerca di argomentazioni per raggiungere la verità piena, mediante franche e ben studiate discussioni.
Queste però raggiungeranno il loro risultato soltanto se saranno accompagnate e costantemente governate da quello spirito di omunione, che alimenta la reciproca stima ed il reciproco rispetto, che fa vedere nel collega un fratello impegnato con coscienza nella medesima ricerca della verità, che fa quindi cercare di capire le sue ragioni prima di giudicare: in una parola, lo spirito di carità che ci fa operare verso gli altri come desideriamo essi abbiano a guardare a noi, che fa desiderare soprattutto di godere in comune della piena verità di Cristo Signore.
Quanto più cercherete la verità con spirito di sincera carità, tanto crescerete nella sua conoscenza e nel servizio utile alla Chiesa.
Le riflessioni che abbiamo assieme delineato ci fanno comprendere che il lavoro teologico ha una sua metodologia, alquanto diversa da quella delle scienze profane, senza che per questo sia meno scientifica e meno veramente razionale.
E la ragione è che lo strumento di cui si serve non è la pura intelligenza razionale, ma è la intelligenza credente, la ragione illuminata e sostenuta dalla fede.
Il pensiero teologico è un pensiero partecipato e analogato al pensiero divino, che nella sua semplicissima verità comprende tutte le verità che il teologo, appoggiandosi alla Rivelazione, va progressivamente e faticosamente scoprendo.
Per questo l'intelligenza teologica è tanto più adatta al suo compito e procede tanto più sicura, quanto più è consona al pensiero divino: tale conoscenza è data dalla fede.
« Fides necessaria est teologo magis quam acumen mentis », ha scritto un bravo teologo ( A. Stolz, Introductio in Sacram Theologiam ); fede in Dio rivelante, fede nella Chiesa che conserva intatta la Rivelazione con l'assistenza dello Spirito Santo, fede nel Magistero della Chiesa che la spiega e la interpreta con autorità, come rappresentante e quasi strumento di Cristo Maestro.
Che lo Spirito di verità e di carità, che illumina e santifica tutta la Chiesa nei suoi diversi gradi perché ciascuno adempia bene il compito suo proprio, illumini e santifichi l'opera vostra a vantaggio di tutta la comunità cristiana e delle vostre anime.
Ma prima di terminare il Nostro discorso, desideriamo rivolgervi una preghiera, figli dilettissimi in Cristo.
Vogliate essere di aiuto a Noi e a tutti i Nostri Fratelli nell'Episcopato nel sostenere e difendere la verità cattolica e nel darne pubblica testimonianza.
Assisteteci in questo compito con animo fraterno.
Molto confidiamo nell'opera vostra, poiché siamo persuasi che la vostra collaborazione renderà meno oneroso e più fruttuoso il mandato affidato a Noi e a tutto il Collegio Episcopale, di custodire fedelmente il deposito della dottrina cattolica, di predicare la fede e di propagare sempre più il nome di Cristo.
Voi, che avete dato a Noi il grande gaudio e la grande speranza di cotesto Convegno, vogliate confermarCi, prima della partenza, la vostra filiale fedeltà, e vogliate ricevere a vostra lode, a vostro conforto la Nostra paterna Apostolica Benedizione.