13 novembre 1981
Signor Presidente, Signor Direttore generale della FAO, Illustri Delegati e Osservatori
1. Proseguendo una felice tradizione instauratasi negli anni precedenti, sono lieto oggi di indirizzare un cordiale benvenuto a tutti voi che rappresentate la XXI Sessione della Conferenza della FAO.
L'importanza della vostra Organizzazione è evidente, dal momento che il suo obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo dell'agricoltura e il reperimento di cibo sufficiente per ogni essere umano.
A questo proposito la situazione mondiale di oggi è ben lontana dall'essere soddisfacente anche se ci sono fattori che invitano alla speranza.
La fame e la malnutrizione sono ancora una realtà per milioni di persone.
La lotta contro la fame e la malnutrizione può e deve essere continuata mediante sforzi tenaci che siano frutto della collaborazione di tutti: di singoli, di gruppi e associazioni di volontari, di istituzioni pubbliche e private, di governi e organizzazioni internazionali, specialmente quelle che perseguono programmi e attività multilaterali e totalmente altruistiche, indirizzate al bene dei Paesi più deboli e più bisognosi di aiuto.
Con priorità assoluta, gli strenui sforzi di tutti dovrebbero essere diretti alla eliminazione della "povertà assoluta", quella povertà che affligge le popolazioni di molti Paesi in via di sviluppo.
La povertà assoluta è una condizione nella quale la vita è determinata dalla mancanza di cibo, dalla malnutrizione, dall'analfabetismo, dall'elevata mortalità infantile e dalla prospettiva di un livello di vita al di sotto di ogni razionale definizione della decenza umana.
La persistenza di una tale degradante povertà e specialmente la mancanza di una quantità minima di cibo assolutamente basilare, è uno scandalo per il mondo moderno nel quale vi sono contrasti enormi per quanto riguarda il reddito e lo standard di vita tra Paesi ricchi e Paesi che sono materialmente poveri.
Le condizioni di sottosviluppo e di reale dipendenza che caratterizzano i Paesi in via di sviluppo non possono essere attribuite solo ad una mancanza di volontà e di impegno da parte delle popolazioni interessate, né alla corruzione e all'arricchimento indebito di ristretti gruppi di persone all'interno di comunità che hanno recentemente raggiunto l'indipendenza.
Poiché queste condizioni sono anche favorite e mantenute da rigide e arretrate strutture economiche e sociali, sia nazionali che internazionali, strutture che non possono essere cambiate improvvisamente, ma che debbono essere cambiate mediante un lento processo graduale, frutto di uno sforzo prolungato e unitario che segua i criteri di giustizia nelle relazioni tra i popoli del mondo intero.
2. Non dovrebbe mai essere dimenticato che il vero scopo di ogni sistema economico, sociale e politico e di ogni modello di sviluppo è la promozione integrale della persona umana.
È evidente che lo sviluppo e qualcosa di molto più profondo del mero progresso economico misurato in termini di prodotto nazionale lordo.
Il vero sviluppo ha come criterio la persona umana con tutte le sue necessità, le sue giuste aspettative e i suoi diritti fondamentali riferiti sia all'uomo che alla donna.
Questo è il pensiero centrale presentato nella mia enciclica Laborem Exercens di recente pubblicazione.
Essa si propone di mettere in luce "l'uomo del lavoro" che contribuisce allo sviluppo economico e al progresso civile del suo Paese e del mondo intero.
Il lavoro umano costituisce infatti la "chiave essenziale" dell'intera questione sociale.
È un criterio fondamentale per una valutazione critica delle scelte di politica interna e internazionale che siete chiamati a compiere in questa Conferenza generale della FAO.
È il criterio per una riforma delle relazioni e dei sistemi economici a livello mondiale, sempre a partire dal punto di vista del bene per l'uomo ( cf. Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 3 ).
3. La presente XXI Sessione della Conferenza della FAO, insieme ad altre questioni all'ordine del giorno, sta esaminando e sta cercando di dare attuazione alle risoluzioni conclusive della Conferenza mondiale sulla Riforma agraria e lo Sviluppo rurale.
Ho già avuto l'opportunità di esprimere le mie opinioni a questo riguardo durante un incontro tenuto in quella occasione ( Giovanni Paolo II, Allocutio, 14 luglio 1979 ).
Ora desidero solo confermare con le parole dell'enciclica Laborem Exercens, che: "In molte situazioni sono necessari cambiamenti radicali e urgenti per ridare all'agricoltura – e agli uomini dei campi – il giusto valore come base di una sana economia, nell'insieme dello sviluppo della comunità sociale" ( Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 21 ).
Perciò apprezzo in modo particolare il richiamo che la vostra Assemblea intende formulare per il riconoscimento del primato dello sviluppo agricolo e della produzione alimentare a livello nazionale, regionale e mondiale.
Ciò è particolarmente importante in questo momento in cui stiamo cercando di individuare una strategia per lo sviluppo mondiale negli anni '80.
Inoltre si deve attribuire grande importanza ad una pianificazione politica per lo sviluppo mondiale, mediante la quale si incoraggino i Paesi in via di sviluppo a divenire fiduciosi in se stessi e a definire e rendere operativa la loro strategia nazionale per lo sviluppo elaborando un modello adatto alle condizioni attuali, alle capacità e alla cultura unica e irripetibile di ciascun Paese.
Ma questo non dovrebbe fornire una comoda scusa ai Paesi più ricchi per sottrarsi alle loro responsabilità, come se essi potessero affidare il peso dello sviluppo unicamente ai Paesi bisognosi: al contrario questi ultimi dovrebbero aver garantiti adeguati aiuti esterni che siano rispettosi della loro dignità e autonomia di iniziativa.
4. Non c'è alcun dubbio che i Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di assistenza tecnica e finanziaria al fine di divenire autosufficienti nella produzione agricola ad essere così in grado di provvedere al nutrimento delle loro popolazioni.
Alcuni Paesi in via di sviluppo stanno ora cominciando a raggiungere un livello di autosufficienza, perlomeno in alcuni prodotti basilari, spesso grazie ai loro sforzi sostenuti dai Paesi più prosperi.
Questo è un segno incoraggiante: ma ci sono molti altri Paesi con risorse piuttosto modeste e con serie carenze di cibo che hanno bisogno di aiuti urgenti e su larga scala al fine di vincere questa loro povertà.
La sempre più ovvia interdipendenza tra i vari Paesi del mondo chiede che le differenze di interessi economici e politici siano superate, che si dia maggiore espressione alla solidarietà che lega tutti i popoli in un'unica famiglia.
Ma la richiesta di giustizia nella solidarietà internazionale non può essere soddisfatta solo distribuendo il "superfluo" anche se in misura e in tempi adeguati.
Perché la richiesta di solidarietà chiama una sempre maggiore e una sempre più efficace volontà di mettere a disposizione di tutti i popoli, specialmente quelli che sono maggiormente bisognosi di aiuto per il loro sviluppo, "le diverse ricchezze della natura del sottosuolo, del mare, della terra, dello spazio" ( Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 12 ).
La destinazione primaria delle risorse della terra per il bene comune richiede che si provveda alle necessità vitali di tutti gli esseri umani prima che individui o gruppi si approprino per se delle ricchezze della natura o dei prodotti dell'ingegno umano.
Di qui la necessità di effettuare una effettiva cooperazione tra Paesi altamente progrediti e Paesi che hanno bisogno che le loro capacità e le loro limitate risorse siano integrate dall'esterno.
Bisogna perciò cercare forme di aiuto che evitino il continuo ricorso ad investimenti ottenuti mediante gravosi prestiti da fonti private o da fonti non sufficientemente disinteressate come i metodi multilaterali delle Organizzazioni intergovernative.
5. Desidero prima di tutto lanciare il più fervido appello alla coscienza morale dei popoli per la concreta affermazione di criteri oggettivi di giustizia che devono regolare le relazioni tra i soggetti della comunità civile, sia che si tratti di individui, di gruppi, di imprese o di Paesi sovrani.
In questo senso si deve dare riconoscimento agli obblighi che legano, in primo luogo da un punto di vista morale, i Paesi più avanzati come quelli del cosiddetto "Nord" ai Paesi in via di sviluppo del cosiddetto "Sud".
Giustizia vuole che ogni Nazione debba assumersi la sua parte di responsabilità per lo sviluppo delle Nazioni bisognose in una reale solidarietà internazionale, consci che ogni popolo ha uguale dignità, e che, insieme, tutte le Nazioni costituiscono una comunità mondiale.
Si debbono prendere vigorose decisioni a riguardo della parte che le Nazioni economicamente ricche devono avere nella costituzione di strutture che abbiano come scopo quello di creare relazioni nuove e giuste in tutte le aree di sviluppo.
Tutte le Nazioni hanno diritto alla solidarietà di tutti gli altri, ma le Nazioni che vedono minacciata l'esistenza stessa e la dignità del loro popolo ne hanno particolare diritto.
Il dare risposta a tale diritto non è un lusso.
È un dovere.
Nell'offrire questi pensieri alla vostra riflessione, desidero darvi assicurazione ancora una volta della mia stima per le vostre persone e del mio incondizionato appoggio al vostro lavoro.
In quanto il mio intero ministero è di rappresentare Cristo sulla terra – il Cristo storico misericordioso: sollecito verso i bisognosi e che dava da mangiare agli affamati – non posso che esprimere la mia profonda ammirazione al contributo che state rendendo, mediante sforzi ben concertati, alla causa della umanità.
Che Dio Onnipotente vi sostenga nella vostra missione.
A proposito dell'ordine del giorno che riguarda l'impiego di energia in agricoltura e per lo sviluppo rurale, ho il piacere di offrire al Presidente di questa Conferenza e al Direttore generale della FAO una copia degli atti della Conferenza di studio promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze nel novembre 1980 sul tema "Umanità e Energia".