11 ottobre 1985
Carissimi fratelli nell'Episcopato.
1. Sono lieto di accogliervi alla conclusione dei lavori di questo VI Simposio del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa.
"Secolarizzazione ed evangelizzazione oggi in Europa": è questo il tema che, in questi giorni, avete analizzato in maniera approfondita, dopo una serie di incontri regionali, con l'aiuto di esperti, in clima di fraternità pastorale e di comunione orante.
Il tema che avete affrontato costituisce senza dubbio il punto centrale e nevralgico della nostra missione di pastori; esso interpella acutamente la Chiesa oggi, e nello stesso tempo tocca i destini dell'Europa.
Pastori del popolo di Dio e inviati a tutti gli uomini, noi abbiamo voluto riflettere responsabilmente e fiduciosamente, alla luce dello Spirito, su come annunciare oggi con efficacia e audacia il perenne messaggio del Vangelo e svelare all'intelligenza contemporanea le insondabili ricchezze del mistero di Cristo.
L'Europa alla quale siamo inviati ha subìto tali e tante trasformazioni culturali, politiche, sociali ed economiche, da porre il problema dell'evangelizzazione in termini totalmente nuovi.
Potremmo anche dire che l'Europa, quale si è configurata a seguito delle complesse vicende dell'ultimo secolo, ha posto la sfida più radicale che la storia abbia conosciuto al cristianesimo e alla Chiesa, ma insieme dischiude oggi nuove e creative possibilità di annuncio e di incarnazione del Vangelo.
Le riflessioni del Simposio, mentre hanno fatto prendere più convinta e vivida consapevolezza della realtà e del "momento" che vive oggi l'Europa, hanno in pari tempo prospettato le vie da percorrere con lo slancio fiducioso di chi, fondato sulla fede in Cristo e animato dalla speranza, sa accogliere le sfide del tempo, pronto a esplorare fino in fondo tutte le possibilità che si presentano per recare all'uomo d'oggi la Buona Novella della salvezza.
2. Questa rinnovata opera di evangelizzazione, che noi intraprendiamo, si pone in continuità organica e dinamica con la prima evangelizzazione, quella stessa di Cristo anzitutto ( cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 7 ) e poi quella apostolica.
Il contenuto e il centro vitale del messaggio di salvezza per l'uomo pellegrino nella storia rimane sempre il Cristo, via, Verità e Vita, il Primo e l'Ultimo ( Ap 22,13 ), colui nel quale tutto deve essere ricapitolato ( cf. Ef 1,10 )
Gli Apostoli, inviati da Cristo, hanno diffuso nel mondo la Buona Novella giunta fino a noi.
Ricordiamo con gratitudine il momento in cui l'apostolo Paolo per la prima volta fu chiamato a passare la frontiera dell'Asia Minore e mise piede sulla soglia della Grecia; ricordiamo con venerazione il momento in cui Pietro arrivò in questa città di Roma destinata dalla Provvidenza a svolgere un ruolo speciale nell'opera di evangelizzazione lungo i secoli.
Dal primo inizio apostolico, che ha seminato il Vangelo in terra europea, irrorandolo col sangue dei martiri, si è sviluppato quel processo plurisecolare, continuo e fecondo, che ha permeato l'Europa di linfa cristiana.
Di questo processo sono testimoni particolari i santi Patroni d'Europa: san Benedetto e i santi Cirillo e Metodio.
Il peculiare carisma della loro opera evangelizzatrice consiste nel fatto che essi hanno posto dei germi e dato vita a forme e stili di incarnazione del Vangelo nel tessuto culturale e sociale e nell'animo dei popoli europei, che allora si andavano formando, da rivelarsi come inizi e fondamenti di una sintesi nuova e duratura di vita cristiana.
Questi santi Patroni, se costituiscono tappa miliare e punto di riferimento essenziale del processo storico di evangelizzazione dell'Europa, rimangono anche un modello ispiratore attuale per noi, poiché l'opera di evangelizzazione, nella peculiare situazione in cui si trova oggi l'Europa, è chiamata a proporre una nuova sintesi creativa tra Vangelo e vita.
3. Occorre essere consapevoli dell'importanza di innestare la rinnovata evangelizzazione su queste radici comuni dell'Europa.
Infatti, quando ci si accinge a un'opera di rinnovamento e di sviluppo di grande portata e che si vuole duratura, è saggio mantenere il contatto vitale con le sorgenti profonde che alimentano l'ispirazione.
In questa prospettiva è bene tener presenti le date del Battesimo di alcune Nazioni che in questo secolo hanno celebrato il millenario della nascita cristiana, come Polonia ( 966 ) e Ungheria ( 972 ) mentre prossimamente ricorrerà il millenario del Battesimo della Rus' di Kiev ( 988 ).
Queste date ci riportano a radici cristiane particolarmente ricche e ispiratrici perché poggiano sulla stessa fede, si riferiscono alla stessa Chiesa indivisa e hanno dato linfa a una cultura e a un umanesimo cristiano di eccezionale valore.
Esse sono oggi custodite dalla memoria materna della Chiesa, la quale ce le ricorda come particolarmente significative e importanti nella situazione odierna, in cui in alcuni ambienti e da talune correnti di pensiero si tende a cancellarle dalla memoria e dalla vita.
L'amnesia del proprio atto di nascita e del proprio sviluppo organico è sempre un rischio e può condurre perfino all'alienazione.
4. D'altra parte, dobbiamo anche considerare che queste radici comuni sono dicotomiche.
Esse infatti si sono configurate come due correnti di tradizioni cristiane teologiche, liturgiche, ascetiche e due modelli di cultura diversi, non opposti, anzi complementari e mutuamente arricchentisi.
Benedetto ha permeato la tradizione cristiana e culturale dell'Occidente con lo spirito della latinità, più logica e razionale; Cirillo e Metodio sono gli esponenti dell'antica cultura greca, più intuitiva e mistica e sono venerati come Padri della tradizione dei popoli slavi.
Sta a noi raccogliere l'eredità di questo pensiero ricco e complementare, e trovare i mezzi e i metodi appropriati per la sua attualizzazione e una più intensa comunicazione spirituale tra Oriente e Occidente.
5. Raccogliendo con vivo senso storico il ricco e multiforme patrimonio ideale del passato dobbiamo aprirci con animo fiducioso al presente e proiettarci, nella speranza, verso il futuro.
Dalla memoria deve balzare la profezia.
Cristo - "Colui che era, che è e che viene" ( Ap 1,8 ) - è con noi e il suo Spirito ci guida.
Nei lavori del Simposio si è cercato anzitutto di comprendere, con animo riflessivo e sereno, l'Europa di oggi in tutta la sua vivente e articolata realtà.
Nelle vostre riflessioni siete partiti considerando quella realtà tipicamente occidentale che si suol definire con il concetto di "secolarizzazione".
A un'analisi approfondita si è avvertita l'ambiguità e persino l'equivocità del termine, così polisemantico, impreciso ed elastico da indicare fenomeni molteplici e anche contrastanti, per cui pare necessario attuare una decantazione semantica e un chiarimento contenutistico di tale fenomeno.
D'altra parte voi non avete ritenuto di assumere come categoria esplicativa dell'Europa d'oggi il concetto di "crisi".
Benché sia divenuto un luogo comune parlare, a proposito dell'Europa, di crisi, noi non vogliamo lasciarci imprigionare dentro gli schemi angusti e pessimistici di una "cultura della crisi", anche se siamo ben consapevoli degli interrogativi, delle difficoltà, dei problemi, come pure delle contraddizioni, lacerazioni e involuzioni che caratterizzano l'Europa dei nostri giorni.
Ma che cos'è l'Europa?
Qual è la sua identità, qual è la sua anima profonda, quali sono le sue aspirazioni e le sue frustrazioni?
Qual è il "momento" che sta attraversando?
Sono queste le domande dalle quali bisogna partire e alle quali occorre cercare una risposta per impostare un'efficace opera di evangelizzazione.
6. Un primo sguardo posato sull'Europa rileva la sua mancanza di unità, la frattura che separa i popoli dell'Est e dell'Ovest.
Sono ben note le cause e le vicende storiche, politiche e ideologiche che hanno determinato tale gravissima situazione, inaccettabile per la coscienza nutrita dagli ideali umani e cristiani che hanno presieduto alla formazione del Continente.
L'Atto finale di Helsinki, sottoscritto dieci anni fa, ha offerto ai popoli europei la speranza di avviare un processo che favorisca lo spirito di reciproca solidarietà, la comunicazione libera e feconda, e la cooperazione.
Questa speranza, nonostante le esitazioni, le difficoltà e anche le delusioni a cui ha dato luogo il dopo-Helsinki, dev'essere mantenuta viva, perché questo è il solo cammino degno dei popoli d'Europa e capace di aprire all'Europa prospettive di vera pace.
La Chiesa per la sua stessa natura e la sua essenziale missione è chiamata a promuovere la cooperazione, la fraternità e la pace tra i popoli d'Europa.
Il Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa - da questo punto di vista - rappresenta una realtà altamente significativa e profetica e indica la direzione da seguire con grande convinzione e coraggio.
Parimenti dovremo proseguire e sviluppare, con alacrità e perseveranza, le intese ecumeniche, convinti come siamo che l'unità dei cristiani non solo è per se stessa un bene essenziale, ma rappresenta anche una dimensione necessaria dell'evangelizzazione e un fattore di pace in Europa.
7. Il nostro sguardo si concentra poi sul "modello" dell'odierna società europea.
L'Europa occidentale, dopo la ricostruzione postbellica, ha conosciuto un rapido sviluppo industriale e tecnologico, raggiungendo un benessere senza precedenti.
L'opulenza dei beni di consumo, l'accesso generalizzato alla cultura, alla sanità, ai più diversi servizi sociali assicurati dal "Welfare State" sono alcuni aspetti di questo modello di società.
Di pari passo in questa società di massa, moderna e consumistica, si è andata verificando, sotto l'influsso dei mass media, una veloce evoluzione delle mentalità e dei costumi.
L'Europa orientale ha conosciuto un'evoluzione più lenta, frenata dalla rigidità del sistema e delle strutture sociali ed economiche.
8. Osservata in prospettiva mondiale, l'Europa fa parte di quello che si suol definire il Nord, sviluppato, rispetto al Sud, comprendente i Paesi emergenti.
Considerato il divario esistente tra questi due poli, i problemi della giustizia e della pace si pongono in termini nuovi e richiedono di essere affrontati con uno spirito nuovo e con rinnovate iniziative.
Lasciando da parte ambizioni egemoniche e angusti calcoli economici, politici o ideologici, l'Europa sia dell'Ovest come dell'Est dovrebbe ricercare con generosa apertura le riforme e le soluzioni, anche strutturali, che permettano di avviare a soluzione questo drammatico problema contemporaneo.
La Chiesa, da parte sua, dovrà testimoniare e promuovere quei valori evangelici di giustizia, di carità e di pace che sono implicati in questa situazione.
9. Negli incontri preparatori a questo Simposio e nelle vostre riflessioni, l'attenzione si è concentrata in modo speciale sulla realtà della famiglia.
Tale opzione è del tutto giustificata, perché la famiglia è la cellula naturale fondamentale della società.
Di fatto, le crisi e le trasformazioni culturali, sociali, religiose ed etiche della società europea si evidenziano e si riflettono in modo impressionante sul modello familiare.
Non è qui il luogo per riprendere le analisi che sono state fatte.
Consapevole dell'enorme posta in gioco, la Chiesa ha dedicato un Sinodo dei Vescovi a questo cruciale argomento.
Penso che la pastorale familiare debba senz'altro, nella prospettiva di una rinnovata evangelizzazione, essere collocata tra le priorità.
Qui è in gioco il bene e l'avvenire della Chiesa in Europa non meno che il bene e l'avvenire della società europea.
Siamo coscienti dei conflitti e delle tensioni che esistono tra il modello di famiglia e di morale familiare proposto dal Vangelo e quello invalso nella società odierna.
Ma è importante rendersi conto anche delle interne contraddizioni e dell'involuzione senza precedenti del modello "secolarizzato" di matrimonio e famiglia.
Privilegiando un soggettivismo e un individualismo teso solo alla ricerca della propria egoistica "autorealizzazione", il matrimonio è stato privato del suo intimo e naturale significato e valore.
Consono con questa mentalità, che appare comune, sia pur con qualche differenza, all'Est quanto all'Ovest - segno del materialismo immanentistico ed edonistico che vi sta alla base - ha trovato accoglienza l'aborto.
L'introduzione della legislazione permissiva dell'aborto è stata considerata come l'affermazione di un principio di libertà.
Domandiamoci invece se non sia il trionfo del principio del benessere materiale e dell'egoismo sul valore più sacro, quello della vita umana.
Si è detto che la Chiesa sarebbe stata sconfitta perché non è riuscita a far recepire la sua norma morale.
Ma io penso che, in questo tristissimo e involutivo fenomeno, chi è stato veramente sconfitto è l'uomo, è la donna.
È sconfitto il medico, che ha rinnegato il giuramento e il titolo più nobile della medicina, quello di difendere e salvare la vita umana; è stato veramente sconfitto lo Stato "secolarizzato", che ha rinunciato alla protezione del fondamentale e sacrosanto diritto alla vita, per divenire strumento di un preteso interesse della collettività, e talora si dimostra incapace di tutelare l'osservanza delle sue stesse leggi permissive.
L'Europa dovrà meditare su questa sconfitta.
La denatalità e la senescenza demografica non si possono ormai più ignorare o ritenere come una soluzione al problema della disoccupazione.
La popolazione europea, che nel 1960 costituiva il 25 per cento della popolazione mondiale, se dovesse continuare l'attuale tendenza demografica, scenderebbe, alla metà del prossimo secolo, al livello del 5 per cento.
Sono cifre che hanno indotto qualche responsabile europeo a parlare di un "suicidio demografico" dell'Europa.
Se questa involuzione costituisce una fonte di preoccupazione, per noi lo è soprattutto perché, osservata in profondità, essa appare come il grave sintomo di una perdita di volontà di vita e di prospettive aperte sul futuro e ancor più di una profonda alienazione spirituale.
Per questo non dobbiamo stancarci di dire e ripetere all'Europa: ritrova te stessa!
Ritrova la tua anima!
11. Queste pensose considerazioni ci inducono a riflettere, più a monte, sul modello antropologico e culturale che caratterizza l'odierna Europa.
Che è e come si presenta l'immagine dell'uomo europeo "secolarizzato"?
Possiamo dire che è un uomo talmente impegnato nei compiti di edificare la "città terrena" da aver perso di vista oppure da escludere volutamente la "città di Dio".
Dio rimane fuori dal suo orizzonte di vita.
Ma l'ateismo teorico o pratico si riflette necessariamente sulla concezione antropologica.
Se l'uomo non è immagine di Dio e non rimanda a nulla oltre se stesso che valore ha, perché opera e vive?
Di fatto, l'Europa che ad Ovest nella filosofia e nella prassi ha dichiarato talora la "morte di Dio" e all'Est è giunta a imporla ideologicamente e politicamente, è anche l'Europa dove è stata proclamata la "morte dell'uomo" come persona e valore trascendente, Ad Ovest la persona è stata immolata al benessere; ad Est è stata sacrificata alla struttura.
Ma queste posizioni si dimostrano prive di convincenti prospettive di civiltà.
Del resto i sistemi culturali, istituzioni e ideologie che avevano caratterizzato l'Europa di questo secolo e originato ingenue utopie, sono entrate in crisi, sotto i colpi della stessa razionalità strumentale e dell'impero della scienza e della tecnica.
L'università - questa gloriosa istituzione europea alla quale la Chiesa ha dato i natali - si dimostra incapace di elaborare un progetto culturale accettabile.
Ciò sta a significare che è venuta meno la stessa funzione di guida della cultura nella società odierna.
Oggi si vive e si lotta soprattutto per il potere e il benessere, non per ideali.
In Occidente ne risulta una società complessa, pluralistica e polivalente in cui l'individuo vuole ricevere solo dalla propria ragione autonoma i fini, i valori e i significati della sua vita e della sua attività, ma si trova spesso a brancolare nel buio delle certezze metafisiche, dei fini ultimi e dei punti sicuri di riferimento etico.
Quest'uomo, che si vorrebbe così adulto, maturo, libero, è anche un uomo che fugge dalla libertà per adagiarsi nel conformismo, un uomo che soffre di solitudine, è minacciato da vari disagi dell'anima, cerca di rimuovere la morte ed è in paurosa perdita di speranza.
12. È questa l'Europa ed è questo l'uomo che noi siamo chiamati ad evangelizzare oggi.
Compiti nuovi e immensi ci attendono e ci sollecitano, ma insieme si dischiudono grandi possibilità e vivide attese.
La ricerca sociologica e culturale ha svelato che un'insospettata, talora compressa e sofferta domanda di valori religiosi e di senso della vita sale dal cuore di molti nostri contemporanei anelanti a trovare risposte più valide e più soddisfacenti di quelle offerte dai consunti modelli di pensiero e di vita finora imperanti.
È questo un aspetto positivo che fortemente ci interpella.
Il crepuscolo delle ideologie,
l'erosione della fiducia nella capacità delle strutture di rispondere ai più gravi problemi e alle ansiose attese dell'uomo,
l'insoddisfazione di un'esistenza basata sull'effimero,
la solitudine delle grandi metropoli massificate,
la gioventù abbandonata a se stessa,
e lo stesso nichilismo,
hanno scavato un vuoto profondo, che attende annunciatori credibili di nuove proposte di valori capaci di edificare una nuova civiltà degna della vocazione dell'uomo.
La Chiesa deve farsi il buon Samaritano dell'uomo di oggi e deve saper individuare i "semina Verbi" per coltivarli e portarli a maturazione.
Con profonda umiltà, ma anche con la serena certezza che le viene da Cristo, essa deve essere consapevole che ha da offrire all'Europa ciò di cui questo Continente ha oggi più bisogno e che da solo non è capace di procurarsi.
La Chiesa è chiamata a dare un'anima alla società moderna, sia essa quella complessa e pluralistica dell'Occidente, sia quella monolitica dell'Oriente.
E quest'anima la Chiesa deve infonderla non dal di sopra e dal di fuori, ma passando al di dentro, facendosi prossima dell'uomo d'oggi.
S'impone, quindi, la presenza attiva e la partecipazione intensa alla vita dell'uomo.
13. Per questa sublime missione di far fiorire una nuova età di evangelizzazione in Europa, si chiedono oggi evangelizzatori particolarmente preparati.
Occorrono araldi del Vangelo esperti in umanità, che conoscano a fondo il cuore dell'uomo d'oggi, ne partecipino gioie e speranze, angosce e tristezze, e nello stesso tempo siano dei contemplativi innamorati di Dio.
Per questo occorrono nuovi santi.
I grandi evangelizzatori dell'Europa sono stati i santi.
Dobbiamo supplicare il Signore perché accresca lo spirito di santità della Chiesa e ci mandi nuovi santi per evangelizzare il mondo d'oggi.
14. Per incarico del Signore i primi evangelizzatori sono i Vescovi, siamo noi.
La nostra missione episcopale e la nostra ansia apostolica devono rinnovare quella di San Paolo, il quale dichiarava: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" ( 1 Cor 9,16 ).
Il punto di riferimento sicuro per quest'opera di evangelizzazione, in continuità con la vivente tradizione della Chiesa, deve restare l'evento di grazia del Concilio Vaticano II.
Lo Spirito ha parlato alle Chiese d'oggi e la sua voce è risuonata nel Concilio Ecumenico.
Esso si può ben dire che rappresenti il fondamento e l'avvio di una gigantesca opera di evangelizzazione del mondo moderno, giunto ad una svolta nuova della storia dell'umanità, in cui compiti di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa.
Secondo l'ispirazione originaria il Concilio si proponeva essenzialmente di "mettere in contatto con le energie vivificanti dell'Evangelo il mondo moderno" ( Giovanni XXIII, Constitutio Apostolica "Humanae Salutis" qua SS. Oecumenicum Concilium Vaticanum II indicitur, 25 dicembre 1961 ).
Sullo slancio del Concilio Ecumenico e in fedeltà al suo scopo è nato un accresciuto desiderio di approfondire il tema dell'evangelizzazione, sia a livello della Chiesa universale che delle Chiese locali.
Ne è testimonianza in modo particolare il Sinodo dei Vescovi del 1974 e la splendida Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, in cui Paolo VI ne espose i frutti e che rimane un Documento di viva attualità.
Il prossimo Sinodo dei Vescovi sul tema del Concilio Vaticano II dovrà essere, sotto un aspetto non secondario ma essenziale, una ripresa del tema dell'evangelizzazione del mondo contemporaneo.
Esso sarà una rinnovata grazia e produrrà frutti di evangelizzazione nella misura in cui sarà orientato a ritrovare l'ispirazione originaria del Concilio Vaticano II, interiorizzarla e proseguirla con rinnovato fervore e slancio apostolico.
Il tema dell'evangelizzazione oggi in Europa si può ben dire che costituisca l'argomento centrale e appassionante che vi ha impegnati in questi anni e più intensamente in questi giorni.
Le analisi e le conclusioni del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa meritano di divenire come uno "strumento di riflessione e di lavoro" degli episcopati europei.
Noi evidentemente non siamo soli nell'opera di evangelizzazione: abbiamo dei collaboratori.
Vorrei anzitutto sottolineare la missione dei presbiteri, dei religiosi e delle religiose.
La loro opera evangelizzatrice è essenziale e primaria.
A questi collaboratori privilegiati dobbiamo dedicare la nostra più sollecita e premurosa attenzione, per orientarli con sapienza, amore e lungimiranza, per sostenerli nelle prove e incoraggiarli nelle difficoltà, per assicurare loro un adeguato rinnovamento spirituale e culturale.
Un'analisi della situazione oggi in Europa mostra, insieme con confortanti segni di vitalità e di ripresa, anche una persistente crisi di vocazioni e il doloroso fenomeno delle defezioni.
Le cause di questo doloroso fenomeno sono molteplici, e occorrerà affrontarle con vigore, soprattutto quelle riconducibili all'inaridimento spirituale o a un atteggiamento di dissenso corrosivo.
Da questi ambienti non nascono vocazioni.
Dovremmo poi tener presente che non è col diminuire le esigenze formative e qualitative dell'apostolo che si attuerà una più efficace e incisiva azione evangelizzatrice, ma tutto al contrario.
La "memoria" della Chiesa, come quella dei santi Patroni d'Europa, costituisce una significativa lezione al riguardo.
In questa prospettiva si deve riaffermare con lucidità e coraggio evangelico che la verginità e il celibato consacrato per il regno dei cieli liberano una forza particolarmente efficace per l'annuncio del Vangelo e l'esercizio delle opere di carità.
Rimane drammaticamente attuale che "la messe è molta, ma gli operai sono pochi" e che, di conseguenza, occorre pregare "il Padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" ( Mt 9,37-38 ).
Una Chiesa che evangelizza è una Chiesa che prega per avere evangelizzatori.
In questa prospettiva di evangelizzazione merita di essere collocato l'intero problema missionario.
Fino a poco tempo fa la fioritura delle vocazioni missionarie ha costituito un'importante dimensione dell'evangelizzazione della stessa Europa.
Oggi, in una certa misura, questa dimensione si è affievolita, anche se perdura nei suoi effetti.
Dobbiamo essere consapevoli che non sarà possibile rilanciare un'efficace opera di evangelizzazione senza rilanciare l'afflato missionario delle nostre comunità cristiane.
Nel cuore del rapporto tra evangelizzazione e secolarizzazione entra poi la considerazione della missione e del ruolo dei laici.
Il Sinodo dei Vescovi del 1987 sarà precisamente dedicato a questo tema.
Senza l'opera e la testimonianza del laicato il Vangelo non potrebbe permeare l'intera vita umana ed essere portato a tutta intera la vita della società.
Alcune iniziative come le Scuole di Teologia per laici e il crescente numero dei laici impegnati nella catechesi lasciano sperare che - al pari della primissima evangelizzazione - anche la nuova età di evangelizzazione potrà contare su laici autenticamente missionari.
16. Una categoria fondamentale dell'annuncio evangelico che merita attenzione è la testimonianza, collegata col segno.
Senza la testimonianza e senza la conferma del segno, l'annuncio rischia sempre di rimanere lettera morta.
La Evangelii Nuntiandi ha molto insistito sull'importanza centrale della testimonianza, in consonanza, del resto, con i dati del Nuovo Testamento e la Tradizione.
Annuncio e testimonianza devono rifulgere di limpida purezza dottrinale e morale, ricordando che il Vangelo presenta anche un carattere paradossale per l'intelligenza e la vita dell'uomo, ma non per questo deve soffrire riduzioni o compromessi.
Nella Lettera alle sette Chiese dell'Apocalisse, Cristo rimprovera a queste comunità ecclesiali precisamente i compromessi di ordine dottrinale e morale, esortandole continuamente ad una testimonianza che può arrivare fino al martirio.
Nel delicato e difficile compito di operare oggi una rinnovata sintesi tra Vangelo e vita, tra messaggio evangelico e cultura odierna, il nostro compito di pastori impone a questo riguardo un esercizio di discernimento particolarmente delicato, esigente e vigilante.
In questa prospettiva dovremo rilevare che il fenomeno del dissenso rappresenta un grosso ostacolo all'evangelizzazione.
Il dissenso dottrinale e morale appare come un sintomo caratteristico piuttosto dell'Occidente "ricco", e quindi anche dell'Europa.
Per un certo aspetto, esso pare originato da una trasposizione nel campo religioso ed ecclesiale di modelli di vita civile e di contestazione politica; sotto un altro aspetto esso può ben denotare uno spirito umano orgoglioso e insofferente dinanzi alle esigenze del Vangelo, come anche alla necessità della "grazia" di Dio per accoglierle e viverle.
Una condizione non trascurabile per l'evangelizzazione sarà allora di raggiungere e valorizzare, oltre e malgrado il dissenso, l'autentico senso dei fedeli, il quale accoglie il Vangelo nella sua integralità discriminante rispetto allo spirito del mondo, secondo l'esortazione di San Paolo: "Nolite conformari huic saeculo" ( Rm 12,2 ).
È essenziale rilevare che soltanto una tale identificazione con il Vangelo integrale può costituire la vera forza della evangelizzazione, perché è solo la Parola di Dio che possiede, per virtù intrinseca, la forza salvifica e vivificante.
18. Per realizzare un'efficace opera di evangelizzazione dobbiamo ritornare a ispirarci al primissimo modello apostolico.
Tale modello, fondante e paradigmatico, lo contempliamo nel Cenacolo: gli apostoli sono uniti e perseveranti con Maria in attesa di ricevere il dono dello Spirito.
Solo con l'effusione dello Spirito comincia l'opera di evangelizzazione.
Il dono dello Spirito è il primo motore, la prima sorgente, il primo soffio dell'autentica evangelizzazione.
Occorre, dunque, cominciare l'evangelizzazione invocando lo Spirito e cercando dove soffia lo Spirito ( cf. Gv 3,8 ).
Alcuni sintomi di questo soffio dello Spirito sono certamente presenti oggi in Europa.
Per trovarli, sostenerli e svilupparli bisognerà talora lasciare schemi atrofizzati per andare là dove inizia la vita, dove vediamo che si producono frutti di vita "secondo lo Spirito" ( cf. Rm 8 ).
Queste sorgenti vitali, in armonia con i tratti del primissimo modello apostolico, si trovano generalmente là dove Cristo e l'amore per Cristo sono congiunti con la coscienza e la vita ecclesiale; là dove la Chiesa, come Maria, è venerata e accolta come Madre.
L'annuncio di Cristo disgiunto dalla Madre-Chiesa, o peggio contrapposto ad essa, non potrebbe essere l'annuncio del "Verbo fatto carne", nato dalla Vergine Maria e continuamente generato dalla Chiesa nel cuore dei fedeli.
Sono queste, carissimi Fratelli nell'Episcopato, alcune riflessioni che mi ha suggerito il tema così importante dei vostri lavori.
Vorrei nuovamente esortarvi alla speranza e alla fiducia.
Il compito è vasto, ma Dio è con noi; il suo amore ci sostiene e ci conforta.
Vi accompagni la mia Benedizione!