12 dicembre 1993
La parola del Rettore Magnifico vale molto e lui mi diceva che questa visita al Pontificio Istituto Orientale vale una visita in una parrocchia di Roma, anzi di più.
Io lo accetto, come fatica posso dire di sì, ma è fatica che ci dà sollievo, ci alza la testa e alza il cuore.
Poi ho sentito che ha parlato molto dell'Oriente, piuttosto dell'Oriente europeo che non dell'Oriente medio-orientale: il Libano e altri Paesi di cui vi sono qui tanti rappresentanti.
Questi sono un po' la patria di tutti noi.
Non possiamo dimenticare che noi veniamo dal vicino Oriente.
E se Pietro è fuggito da Gerusalemme, attraverso Antiochia, fino a Roma, colpa sua.
Possiamo dire che era lui che ha creato il problema tra la Chiesa orientale e la Chiesa occidentale.
Un po' creato, ma "felix culpa", come si dice, "beatum scelus".
Grazie a lui e grazie a tutti i nostri fratelli in Oriente che mantenendo la stessa fede ci portano la speranza, speranza cristiana, di essere uniti.
Perché siamo uniti.
È stupidità dire che noi siamo separati, fratelli separati.
È vero sì, se si guardano anche le vesti: un po' separati, un po' divisi, un po' differenti.
Differenti sì.
Ma io confesso quella fede cristiana che è stata anche di Soloviev; non posso accettare che la Chiesa sia divisa.
È una la Chiesa di Cristo.
Se ci sono divisioni, è un'altra cosa, si devono superare, ma la Chiesa è una, la Chiesa di Cristo fra l'Oriente e l'Occidente non può essere che una, una e unita.
Lo dico come conclusione prima di andare a quest'altro Istituto e auguro buona continuazione.
E direi coraggio, coraggio.
Vi auguro un grande coraggio, al vostro Rettore, a tutti i professori, a tutti gli studenti e poi alla fine anche al povero Papa.