Rerum novarum |
19 In ordine all'uso delle ricchezze, eccellente e importantissima è la dottrina che, se pure fu intravveduta dalla filosofia, venne però insegnata a perfezione dalla Chiesa; la quale inoltre procura che non rimanga pura speculazione, ma discenda nella pratica e informi la vita.
Il fondamento di tale dottrina sta in ciò: che nella ricchezza si suole distinguere il possesso legittimo dal legittimo uso.
Naturale diritto dell'uomo è, come vedemmo, la privata proprietà dei beni e l'esercitare questo diritto é, specialmente nella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario.
È lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all'umana vita che l'uomo abbia la proprietà dei beni.11
Ma se inoltre si domandi quale debba essere l'uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto, l'uomo non deve possedere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all'altrui necessità.
Onde l'Apostolo dice: Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio.12
Nessuno, Certo, é tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato, perché nessuno deve vivere in modo non conveniente.13
Ma soddisfatte le necessità e la convenienza è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi.
Quello che sopravanza date in elemosina. ( Lc 11,41 )
Eccetto il caso di estrema necessità, questi, è vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica, ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge e il giudizio di CrIsto, il quale inculca in molti modi la pratica del dono generoso e insegna: È più bello dare che ricevere, ( At 20,35 ) e terrà per fatta o negata a sé la carità fatta o negata ai bisognosi: Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli, a me lo faceste. ( Mt 25,40 )
In conclusione, chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali sia spirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui: Chi ha dunque ingegno, badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dall'essere troppo duro di mano nell'esercizio della misericordia; chi ha un'arte per vivere, ne partecipi al prossimo l'uso e l'utilità.17
Indice |
11 | S. Th. III, q. 66, a. 2 |
12 | S. Th. III, q. 66, a. 2 |
13 | S. Th. II-II, q. 32, a. 6 |
17 | S. Greg. M., In Evang. hom 9, n. 7 |