Ubi arcano |
È dunque evidente che la vera pace di Cristo non può essere che nel regno di Cristo: Pax Christi in regno Christi; ed è del pari evidente che, procurando la restaurazione del regno di Cristo, faremo il lavoro più necessario insieme e più efficace per una stabile pacificazione.
Così Pio X, proponendosi di instaurare omnia in Christo, quasi per un divino istinto preparava la prima e più necessaria base a quella "opera di pacificazione", che doveva essere il programma e l'occupazione di Benedetto XV.
E questi due programmi dei Nostri antecessori, Noi congiungiamo in uno solo: la restaurazione del regno di Cristo per la pacificazione in Cristo: pax Christi in regno Christi; e con ogni sforzo Ci studieremo di attuarlo, unicamente confidando in quel Dio, che nell'affidarCi questo sommo potere, Ci prometteva la sua indefettibile assistenza.
Per quest'opera a tutti Noi chiediamo aiuto e cooperazione, ma la chiediamo e l'aspettiamo innanzi tutto da voi, Venerabili Fratelli, cui il nostro duce e capo Gesù Cristo, che affidava a Noi la cura e responsabilità di pascere tutto l'ovile, chiamava a parte della Nostra universale sollecitudine; voi che "lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa", ( At 20,26 ) voi che fra i primi insigniti del "ministero della riconciliazione, fate le veci di ambasciatori per Cristo", ( 2 Cor 5,18-20 ) partecipi del suo magistero divino, "dispensatoni dei misteri di Dio" ( 1 Cor 4,1 ) e perciò chiamati "sale della terra e luce del mondo", ( Mt 5,13-14 ) maestri e padri dei popoli cristiani, "fatti sinceramente esemplari del gregge", ( 1 Pt 5,3 ) per essere poi chiamati "grandi nel regno dei cieli"; ( Mt 5,19 ) voi - diciamo - che siete come gli anelli d'oro pei quali "compaginato e connesso" ( Ef 4,15-16 ) tutto il corpo di Cristo, che è la Chiesa, su la solidità della pietra sorge e si regge.
E dell'esimia operosità vostra Noi avemmo nuovo e recente argomento, quando per l'occasione già ricordata, del Congresso Eucaristico internazionale di Roma e per le solennità centenarie della Congregazione di Propaganda, parecchie centinaia di Vescovi da tutte le parti del mondo si trovarono intorno a Noi riuniti sulla tomba dei Santi Apostoli.
E quell'incontro fraterno fra tanti pastori di così differenti parti dell'unico ovile, Ci fece pensare alla possibilità di un convegno almeno virtualmente generale dell'episcopato cattolico in questo centro della cattolica unità, per il vantaggio che potrebbe provenirne opportunamente al riassetto sociale, dopo così profondo scompiglio.
La vicinanza dell'Anno Santo Ci infonde una dolce speranza di vedere effettuato il Nostro pensiero.
Che, se non osiamo espressamente includere nel Nostro programma la ripresa e la continuazione del Concilio Ecumenico che Pio IX, il Pontefice della Nostra giovinezza, poté bensì largamente preparare, ma di cui poté attuare solo una parte, sebbene importante, gli è che anche Noi, come il pio condottiero del popolo eletto, attendiamo, pregando, che il Signore, buono e misericordioso, voglia darci qualche più chiaro segno del suo volere. ( Gdc 6,17 )
Intanto, benché consapevoli che al vostro zelo non dobbiamo aggiungere stimoli, ma piuttosto tributare ben meritati encomi, tuttavia la coscienza dell'apostolico ufficio e dell'universale paternità, ci impone di chiedervi sempre più tenere e sollecite cure verso quelle parti della grande famiglia delle quali a ciascuno di voi è affidata l'immediata provvidenza.
Per le informazioni da voi dateci e per la stessa pubblica fama, confermata anche dalla stampa e da altre prove, Noi sappiamo quanto dobbiamo con voi ringraziare il buon Dio per il gran bene che, secondo l'opportunità dei tempi, con l'opera vostra e dei vostri antecessori, si è venuto, in mezzo al clero e a tutto il vostro popolo fedele, saggiamente maturando e poi, giuste le circostanze, lodevolmente effettuando e moltiplicando largamente.
Intendiamo dire le svariate iniziative per la sempre più accelerata cultura religiosa e santificazione degli ecclesiastici e dei laici; le unioni del clero e del laicato in aiuto delle missioni cattoliche nella loro molteplice attività di redenzione fisica e morale, naturale e soprannaturale, mercé la dilatazione del regno di Cristo; le opere giovanili con quella loro così ardente e salda pietà eucaristica e con la tenera devozione alla Beata Vergine, garanzia sicura di fede, di purezza, di unione; le solenni celebrazioni eucaristiche, che al divino Principe della pace procurano trionfali cortei veramente regali, ed intorno all'Ostia di pace e d'amore raccolgono le moltitudini dei diversi luoghi e le rappresentanze di tutte le genti e nazioni del mondo, mirabilmente unite in una stessa fede, adorazione, preghiera, e fruizione dei beni celesti.
Intendiamo dire - frutto di questa pietà - il sempre più diffuso ed operoso spirito di apostolato, che con la preghiera, con la parola, con la buona stampa, con l'esempio di tutta la vita, con tutte le industrie della carità, cerca con ogni via di condurre anime al Cuore divino e di ridare al Cuore stesso di Cristo Re il trono e lo scettro nella famiglia e nella società; la santa battaglia su tante fronti ingaggiata, per rivendicare alla famiglia ed alla Chiesa i diritti che da natura e da Dio loro competono nell'insegnamento e nella scuola; infine quel complesso di iniziative, di istituzioni e di opere che vengono sotto il nome di "Azione Cattolica", a Noi tanto cara, e a cui abbiamo già rivolto sollecite cure.
Tutte queste forme ed opere di bene, devono non solamente mantenersi, ma anche rafforzarsi e svilupparsi sempre più secondo richieda la condizione delle persone e delle cose.
Senza dubbio esse sono ardue e vogliono da tutti, pastori e fedeli, sempre nuove prestazioni di opera ed abnegazione; ma, siccome certamente necessarie, esse appartengono ormai innegabilmente all'ufficio pastorale ed alla vita cristiana; giacché, per le stesse ragioni, ad esse si riconnette indissolubilmente la restaurazione del regno di Cristo e lo stabilimento di quella vera pace che a questo regno unicamente appartiene: Pax Christi in regno Christi.
Dite dunque, Venerabili Fratelli, ai vostri cleri che sappiamo le loro generose fatiche su questi diversi campi, e che, anche per averle da vicino vedute e condivise, altissimamente le apprezziamo: dite che quando essi danno la loro cooperazione a voi uniti come a Cristo e da voi come da Cristo guidati, allora più che mai essi sono con Noi, e Noi siamo con essi benedicendoli paternamente.
Non occorre poi che vi diciamo, Venerabili Fratelli, quale e quanto assegnamento, per l'esecuzione del programma propostoci, Noi facciamo pure sul clero regolare.
Voi sapete, al pari di Noi, quale contributo esso rechi allo splendore interno ed alla dilatazione esterna del regno di Cristo; esso, che di Cristo attua non soltanto i precetti ma anche i consigli; esso, che nel silenzio meditativo dei chiostri come nel fervore dell'operosità esteriore, attua in frutti di vita i più alti ideali della perfezione cristiana, tenendo vivo nel popolo cristiano il richiamo all'alto, con l'esempio continuo della rinuncia magnanima a tutto quello che è terreno e di privato comodo, per l'acquisto dei tesori spirituali e per la consacrazione intera al bene comune, con l'opera benefica che arriva a tutte le miserie corporali e spirituali e per tutte trova un soccorso ed un rimedio.
E in ciò, come ci attestano i documenti della storia ecclesiastica, i religiosi, per l'impulso della divina carità, avanzarono bene spesso a tal segno, che nella predicazione del Vangelo diedero anche la Vita per la salute delle anime, e con la propria morte propagando l'unità della fede e della cristiana fratellanza, sempre più dilatarono i confini del regno di Cristo.
Dite ai vostri fedeli del laicato, che quando essi, uniti ai loro sacerdoti ed ai loro Vescovi, parteciparlo alle opere di apostolato individuale e sociale, per far conoscere e amare Gesù Cristo, allora più che mai essi sono il genus electum, il regale sacerdotium, la gens sancta, il popolo di Dio che S. Pietro magnifica. ( 1 Pt 2,9 )
Allora più che mai sono essi pure con noi e con Cristo, benemeriti essi pure della pace del mondo, perché benemeriti della restaurazione e dilatazione del regno di Cristo.
Poiché solo in questo regno di Cristo si dà quella vera uguaglianza di diritti, per la quale tutti sono nobili e grandi della stessa nobiltà e grandezza, nobilitati dal medesimo prezioso Sangue di Cristo: e quelli che presiedono non sono che ministri del bene comune, servi dei servi di Dio, degli infermi specialmente e dei più bisognosi, su l'esempio di Gesù Cristo Signor Nostro.
Senonché quelle stesse vicende sociali che crearono ed accrebbero la necessità della accennata cooperazione del clero e del laicato, hanno pure creato pericoli nuovi e più gravi.
Sono idee non rette e non sani sentimenti, dei quali, dopo l'uragano della guerra mondiale e degli avvenimenti politici e sociali che le tennero dietro, l'atmosfera stessa si direbbe infetta, così frequenti sono i casi di contagio, tanto più pericoloso quanto meno prontamente avvertito, grazie alle apparenze ingannevoli che lo dissimulano, sicché gli stessi alunni del santuario non ne vanno immuni.
Molti sono, infatti, quelli che credono o dicono di tenere le dottrine cattoliche sull'autorità sociale, sul diritto di proprietà, sui rapporti fra capitale e lavoro, sui diritti degli operai, sulle relazioni fra Chiesa e Stato, fra religione e patria, fra classe e classe, fra nazione e nazione, sui diritti della Santa Sede e le prerogative del Romano Pontefice e dell'episcopato, sui diritti sociali di Gesù Cristo stesso, Creatore Redentore, Signore degli individui e dei popoli.
Ma poi parlano, scrivono e, quel che è peggio, operano come non fossero più da seguire, o non col rigore di prima, le dottrine e le prescrizioni solennemente ed inevitabilmente richiamate ed inculcate in tanti documenti pontifici, nominatamente di Leone XIII, Pio X, e Benedetto XV.
Contro questa specie di modernismo morale, giuridico, sociale, non meno condannevole del noto modernismo dogmatico, occorre pertanto richiamare quelle dottrine e quelle prescrizioni, che abbiamo detto; occorre risvegliare in tutti quello spirito di fede, di carità soprannaturale e di cristiana disciplina, che solo può dare la loro retta intelligenza ed imporre la loro osservanza.
Tutto questo occorre più che mai fare con la gioventù, massime poi con quella che si avvia al Santuario, perché nella generale confusione non sia, come dice l'Apostolo, "portata intorno da ogni vento di dottrina per i raggiri degli uomini, per le astuzie onde seduce l'errore". ( Ef 4,14 )
Da questo apostolico centro dell'ovile di Cristo, il Nostro sguardo e il Nostro cuore, Venerabili Fratelli, si volge anche a coloro, che, pur troppo in gran numero, ignorando Cristo e la sua redenzione, o non integralmente seguendo le sue dottrine, non appieno mantenendo l'unità da Lui prescritta, ancora stanno fuori dell'ovile quantunque ad esso da Dio destinati e chiamati.
Il Vicario del Divin Pastore, vedendo le tante pecorelle sbandate, non può non ripetere e non fare sua la parola, che nell'energica semplicità dice tutto l'ardore del desiderio divino: "bisogna che io le adduca"; ( Gv 10,16 ) non può non allietarsi nella soave profezia nella quale esultava il divin Cuore: "e udranno la mia voce e si farà un solo ovile e un solo pastore".
Voglia Iddio, come Noi con voi tutti e con tutti i credenti intensamente lo preghiamo, presto compiere la sua profezia e ridurre presto in atto la consolante visione.
Ecco intanto di questa religiosa unità brillarci innanzi un felice auspicio in quel mirabile fatto che voi non ignorate, Venerabili Fratelli, inaspettato a tutti, ad alcuni forse sgradito, a Noi certo ed a voi graditissimo: che cioè, in questi ultimi tempi i rappresentanti e reggitori di quasi tutti gli Stati del mondo, quasi ubbidendo ad un comune istinto e desiderio di unione e di pace, si sono rivolti a questa Sede Apostolica per stringere o rinnovare con essa concordia ed amicizia.
Della quale cosa, Noi andiamo lieti, non tanto per il cresciuto prestigio della santa Chiesa, quanto perché sempre più chiaramente appare, e da tutti si sperimenta, quale e quanta benefica virtù essa possiede per la felicità, anche civile e terrena, della società umana.
Sebbene infatti la Chiesa, per divina volontà, miri direttamente ai beni spirituali e sempiterni, tuttavia, per una certa connessione di cose, tanto giova anche alla prosperità terrena degli individui e della società, che più non potrebbe se ad essa dovesse direttamente servire.
Non vuole dunque né deve la Chiesa, senza giusta causa, ingerirsi nella direzione delle cose puramente umane; ma neanche permettere e tollerare che il potere politico ne prenda pretesto, con leggi o disposizioni ingiuste, a ledere i beni di ordine superiore, ad offendere la divina costituzione di lei o a violare i diritti di Dio stesso nella civile società.
Facciamo dunque Nostre, Venerabili Fratelli, le parole che Benedetto XV, di f. m., pronunciava nell'ultima sua allocuzione tenuta nel Concistoro del 21 novembre dell'anno andato, a proposito dei patti chiesti ed offerti dai diversi Stati: "Niente tollereremo in tali convenzioni che sia in contrasto con la dignità e con la libertà della Chiesa: essendo della massima importanza, anche per il progresso della civiltà, che essa abbia vita sempre più prospera e goda di ampia libertà".
Appena occorre dire a questo proposito, con quanta pena all'amichevole convegno di tanti Stati vediamo mancare l'Italia, la carissima patria Nostra, il paese nel quale la mano di Dio, che regge il corso della storia, poneva e fissava la sede del suo Vicario in terra, in questa Roma, che da capitale del meraviglioso ma pur ristretto romano impero, veniva fatta da Lui la capitale del mondo intero, perché sede di una sovranità divina che, sorpassando ogni confine di nazioni e di Stati, tutti gli uomini e tutti i popoli abbraccia.
Richiede però l'origine e la natura divina di tale sovranità, richiede l'inviolabile diritto delle coscienze di milioni di fedeli di tutto il mondo, che questa stessa sovranità sacra sia ed apparisca manifestamente indipendente e libera da ogni umana autorità o legge, sia pure una legge che annunci guarentigie.
La guarentigia di libertà onde la Provvidenza divina, governatrice e arbitra delle umane vicende, senza danno, anzi con inestimabili benefici per l'Italia stessa, aveva presidiata la sovranità del Vicario di Cristo in terra; quella guarentigia che per tanti secoli aveva opportunamente corrisposto al disegno divino di tutelare la libertà del Pontefice stesso, e in cui luogo né la Provvidenza divina ha finora indicato, né i consigli degli uomini han finora trovato altro mezzo consimile, che convenientemente la compensi, quella guarentigia venne e rimane tuttora violata; onde si è creata una condizione di cose anormale, con grave e permanente turbazione della coscienza dei cattolici in Italia e nel mondo intero.
Noi dunque, eredi e depositari del pensiero e dei doveri dei Nostri venerati antecessori, com'essi investiti dell'unica autorità competente nella gravissima materia e responsabili davanti a Dio, Noi protestiamo, com'essi hanno protestato, contro una tale condizione di cose, a difesa dei diritti e della dignità dell'apostolica Sede, non già per vana e terrena ambizione, della quale arrossiremmo, ma per puro debito di coscienza, memoria di dover morire e del severissimo conto che dovremo rendere al divino Giudice.
Del resto l'Italia nulla ha o avrà a temere dalla Santa Sede: il Papa, chiunque egli sia, ripeterà sempre: "ho pensieri di pace, non di afflizione"; ( Ger 29,11 ) pensieri di pace vera, e perciò stesso non disgiunta da giustizia, sicché possa dirsi: "la giustizia e la pace si dettero il bacio". ( Sal 84,11 )
A Dio spetta addurre quest'ora e farla sonare; agli uomini savi e di buona volontà non lasciarla sonare invano: essa sarà tra le ore più solenni e feconde così per la restaurazione del Regno di Cristo, come per la pacificazione d'Italia e del mondo. [….]
23 dicembre 1922
Pio XI
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