Mater et magistra |
7 Leone XIII parlò in anni di radicali trasformazioni, di accesi contrasti e di acerbe ribellioni.
Le ombre di quel tempo ci fanno maggiormente apprezzare la luce che promana dal suo insegnamento.
Come è noto, allora la concezione del mondo economico più diffusa e maggiormente tradotta nella realtà era una concezione naturalistica, che negava ogni rapporto tra morale ed economia.
Motivo unico dell'operare economico, si affermava, è il tornaconto individuale.
Legge suprema regolatrice dei rapporti tra gli operatori economici è una libera concorrenza senza alcun limite.
Interessi dei capitali, prezzi delle merci e dei servizi, profitti e salari, sono determinati puramente e meccanicamente dalle leggi del mercato.
Lo Stato deve astenersi da ogni intervento in campo economico.
Le associazioni sindacali erano, a seconda dei paesi, o vietate o tollerate o considerate come di diritto privato.
In un mondo economico cosi concepito la legge del più forte trovava piena giustificazione sul piano teorico e dominava sul piano dei rapporti concreti tra gli uomini.
Ne risultava cosi un ordine economico radicalmente sconvolto.
8 Mentre ingentissime ricchezze s'accumulavano nelle mani di pochi, le classi lavoratrici venivano a trovarsi in condizioni di crescente disagio.
Salari insufficienti o di fame, logoranti le condizioni di lavoro e senza alcun riguardo alla sanità fisica, al costume morale e alla fede religiosa.
Inumane soprattutto le condizioni di lavoro a cui spesso erano sottoposti i fanciulli e le donne.
Sempre incombente lo spettro della disoccupazione.
Soggetta a processo di disintegrazione la famiglia.
Di conseguenza, profonda insoddisfazione tra le classi lavoratrici, nelle quali serpeggiava e si rafforzava lo spirito di protesta e di ribellione.
Ciò spiega perché tra quelle classi trovassero largo favore teorie estremiste, che proponevano rimedi peggiori dei mali.
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