Aeterna Dei sapientia |
Oltre che pastore vigilantissimo del gregge di Cristo e coraggioso difensore della fede ortodossa, san Leone è celebrato nei secoli quale dottore della chiesa, cioè come espositore e campione eccellentissimo di quelle verità divine, di cui ogni romano pontefice è custode e interprete.
Questo è confermato dalle parole del nostro immortale predecessore Benedetto XIV che, nella bolla Militantis Ecclesiae, con cui proclama san Leone dottore della chiesa, ne tesse questo splendido elogio: « Per la sua eminente virtù, per la sua sapienza, per il suo instancabile zelo, egli meritò dagli antichi l'appellativo di Magno.
La superiorità della sua dottrina, sia nell'illustrare i più alti misteri della nostra fede e nel difenderli contro l'insorgere degli errori, sia nel formulare norme disciplinari e morali, unitamente a una singolare maestà e ricchezza di eloquio sacerdotale, spicca a tal punto e si distingue, grazie alle lodi di tanti uomini e all'esaltazione entusiastica dei concili, dei padri e degli scrittori ecclesiastici, che un pontefice tanto sapiente non va assolutamente posposto per fama o per stima a nessuno dei santi dottori, che fiorirono nella chiesa ».21
La sua fama di dottore è affidata alle Omelie e alle Lettere, che la posterità ci ha conservate in numero piuttosto rilevante.
La raccolta delle Omelie abbraccia vari argomenti, quasi tutti connessi col ciclo della sacra liturgia.
In questi scritti egli si rivelò non tanto esegeta, applicato all'esposizione di un determinato libro ispirato, né un teologo, amante di profonde speculazioni intorno alle verità divine, quanto piuttosto un espositore fedele, perspicuo e copioso dei misteri cristiani, aderente all'interpretazione trasmessa dai concili, dai padri, e soprattutto dai pontefici suoi antecessori.
Il suo stile è semplice e grave, elevato e persuasivo, degno senz'altro di essere giudicato un modello perfetto di classica eloquenza.
Tuttavia egli non sacrifica mai all'eleganza del dire l'esattezza della verità da esprimere; non parla o scrive per farsi ammirare, ma per illuminare le menti e infiammare i cuori alla perfetta conformità della vita pratica con le verità professate.
Nelle Lettere, che in base al suo ufficio di supremo pastore egli indirizzò a vescovi, principi, sacerdoti, diaconi, monaci della chiesa universale, san Leone manifesta doti eccezionali di uomo di governo, cioè uno spirito perspicace e sommamente pratico, una volontà pronta all'azione, ferma nelle ben maturate decisioni, un cuore aperto alla comprensione paterna, ricolmo di quella carità che san Paolo addita a tutti i cristiani come « la strada migliore » ( 1 Cor 12,31 ).
Come non riconoscere che tali sentimenti di giustizia e di misericordia, di fortezza congiunta a clemenza, nascevano nel suo cuore appunto da quella medesima carità, che il Signore richiese a Pietro prima di affidargli la custodia dei suoi agnelli e delle pecore? ( Gv 21,15-17 ).
Egli infatti si studiò sempre di fare di se stesso una copia fedele del buon pastore, Cristo Gesù, come si deduce dal passo seguente: « Abbiamo da un lato mansuetudine e clemenza, dall'altro rigore e giustizia.
E poiché "tutte le vie del Signore risultano di misericordia e verità [ fedeltà ]" ( Sal 25,10 ), dalla bontà che è propria della sede apostolica siamo costretti a regolare in tal modo le nostre decisioni, che - ponderata bene la natura dei delitti, la misura dei quali è varia - riteniamo che alcuni siano da assolvere e altri siano da estirpare ».22
Tanto le Omelie, dunque, quanto le Lettere costituiscono un documento eloquentissimo del pensiero e dei sentimenti, delle parole e dell'azione di san Leone, sempre preoccupato di assicurare il bene della chiesa, nella verità, nella concordia e nella pace.
Indice |
21 | Benedictus XIV, Const. apost. Militantis Ecclesiae, 12 oct. 1754: Benedicti Pp. XIV Bullarium, tom. III, pars II, p. 205 ( Opera omnia, vol. 18, Prati 1847 ) |
22 | Ep. 12, ad Episcopos Africanos, 5: PL 54, 652 |