Redemptor hominis |
Questo sguardo, necessariamente sommario, alla situazione dell'uomo nel mondo contemporaneo ci fa indirizzare ancor più il pensiero e il cuore a Gesù Cristo, al mistero della Redenzione, in cui il problema dell'uomo è inscritto con una speciale forza di verità e di amore.
Se Cristo « si è unito in certo modo ad ogni uomo »115, la Chiesa, penetrando nell'intimo di questo mistero, nel suo ricco e universale linguaggio, vive anche più profondamente la propria natura e missione.
Non invano l'Apostolo parla del Corpo di Cristo, che è la Chiesa ( 1 Cor 6,15; 1 Cor 11,3; 1 Cor 12,12s; Ef 1,22s; Ef 2,15s; Ef 4,4s; Ef 5,30; Col 1,18; Col 3,15; Rm 12,4s; Gal 3,28 ).
Se questo Corpo mistico di Cristo è Popolo di Dio - come dirà in seguito il Concilio Vaticano II, basandosi su tutta la tradizione biblica e patristica - ciò significa che ogni uomo è in esso penetrato da quel soffio di vita che proviene da Cristo.
In questo modo anche il volgersi verso l'uomo, verso i suoi reali problemi, verso le sue speranze e sofferenze, conquiste e cadute, fa sì che la Chiesa stessa come corpo, come organismo, come unità sociale, percepisca gli stessi impulsi divini, i lumi e le forze dello Spirito che provengono da Cristo crocifisso e risorto, ed è proprio per questo che essa vive la sua vita.
La Chiesa non ha altra vita all'infuori di quella che le dona il suo Sposo e Signore.
Difatti, proprio perché Cristo nel mistero della sua Redenzione si è unito ad essa, la Chiesa deve essere saldamente unita con ciascun uomo.
Questa unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce « l'uomo nuovo », chiamato a partecipare alla vita di Dio ( 2 Pt 1,4 ), creato nuovamente in Cristo alla pienezza della grazia e della verità ( Ef 2,10; Gv 1,14-16 ).
L'unione del Cristo con l'uomo è la forza e la sorgente della forza, secondo l'incisiva espressione di S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo: « Il Verbo ha dato potere di diventare figli di Dio » ( Gv 1,12 ).
Questa è la forza che trasforma interiormente l'uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna ( Gv 4,14 ).
Questa vita, promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, eterno ed unigenito Figlio, incarnato e nato « quando venne la pienezza del tempo » ( Gal 4,4 ) dalla Vergine Maria, è il compimento finale della vocazione dell'uomo.
È in qualche modo compimento di quella « sorte », che dall'eternità Dio gli ha preparato.
Questa « sorte divina » si fa via, al di sopra di tutti gli enigmi, le incognite, le tortuosità, le curve della « sorte umana » nel mondo temporale.
Se, infatti, tutto ciò porta, pur con tutta la ricchezza della vita temporale, per inevitabile necessità, alla frontiera della morte ed al traguardo della distruzione del corpo umano, appare a noi il Cristo oltre questo traguardo: « Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me…, non morrà in eterno » ( Gv 11,25s ).
In Gesù Cristo crocifisso, deposto nel sepolcro e poi risorto, « rifulge per noi la speranza della beata risurrezione, la promessa dell'immortalità futura »123, verso la quale l'uomo va attraverso la morte del corpo, condividendo con tutto il creato visibile questa necessità, alla quale è soggetta la materia.
Noi intendiamo e cerchiamo di approfondire sempre di più il linguaggio di questa verità, che il Redentore dell'uomo ha racchiuso nella frase: « È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla » ( Gv 6,63 ).
Queste parole, malgrado le apparenze, esprimono la più alta affermazione dell'uomo: l'affermazione del corpo, che lo Spirito vivifica!
La Chiesa vive queste realtà, vive di questa verità sull'uomo, che le permette di varcare le frontiere della temporaneità e, simultaneamente, di pensare con particolare amore e sollecitudine a tutto ciò che, nelle dimensioni di questa temporaneità, incide sulla vita dell'uomo, sulla vita dello spirito umano, in cui si esprime quella perenne inquietudine, secondo le parole di S. Agostino: « Ci hai fatto, o Signore, per te ed è inquieto il nostro cuore, finché non riposa in te »125.
In questa inquietudine creativa batte e pulsa ciò che è più profondamente umano: la ricerca della verità, l'insaziabile bisogno del bene, la fame della libertà, la nostalgia del bello, la voce della coscienza.
La Chiesa, cercando di guardare l'uomo quasi con « gli occhi di Cristo stesso », si fa sempre più consapevole di essere la custode di un grande tesoro, che non le è lecito sciupare, ma deve continuamente accrescere.
Infatti, il Signore Gesù ha detto: « Chi non raccoglie con me, disperde » ( Mt 12,30 ).
Quel tesoro dell'umanità, arricchito dall'ineffabile mistero della figliolanza divina ( Gv 1,12 ), della grazia di « adozione a figli » ( Gal 4,5 ) nell'unigenito Figlio di Dio, mediante il quale diciamo a Dio « Abbà, Padre » ( Gal 4,6; Rm 8,15 ), è insieme una forza potente che unifica la Chiesa soprattutto dal di dentro e dà senso a tutta la sua attività.
Per tale forza la Chiesa si unisce con lo Spirito di Cristo, con quello Spirito Santo che il Redentore aveva promesso, che comunica continuamente, e la cui discesa, rivelata il giorno della Pentecoste, perdura sempre.
Così negli uomini si rivelano le forze dello Spirito ( Rm 15,13; 1 Cor 1,24 ), i doni dello Spirito ( Is 11,2s; At 2,38 ), i frutti dello Spirito Santo ( Gal 5,22s ).
E la Chiesa del nostro tempo sembra ripetere con sempre maggior fervore e con santa insistenza: « Vieni, o Santo Spirito! ».
Vieni! Vieni! « Lava ciò che è sordido! Feconda ciò che è arido!
Risana ciò che è ferito! Piega ciò che è rigido!
Riscalda ciò che è gelido! Raddrizza ciò che è sviato! »133.
Questa supplica allo Spirito, intesa appunto ad ottenere lo Spirito, è la risposta a tutti i « materialismi » della nostra epoca.
Sono essi che fanno nascere tante forme di insaziabilità del cuore umano.
Questa supplica si fa sentire da diverse parti e sembra che fruttifichi anche in modi diversi.
Si può dire che in questa supplica la Chiesa non sia sola?
Sì, si può dire, perché « il bisogno » di ciò che è spirituale è espresso anche da persone che si trovano al di fuori dei confini visibili della Chiesa134.
Non è ciò confermato forse da quella verità sulla Chiesa, messa in evidenza con tanta acutezza dal recente Concilio nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, laddove insegna che la Chiesa è « sacramento, o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »?135
Questa invocazione allo Spirito e per lo Spirito non è altro che un costante introdursi nella piena dimensione del mistero della Redenzione, in cui Cristo, unito al Padre e con ogni uomo, ci comunica continuamente quello Spirito che mette in noi i sentimenti del Figlio e ci orienta verso il Padre ( Rm 8,15; Gal 4,6 ).
È per questo che la Chiesa della nostra epoca - epoca particolarmente affamata di Spirito, perché affamata di giustizia, di pace, di amore, di bontà, di fortezza, di responsabilità, di dignità umana - deve concentrarsi e riunirsi intorno a quel mistero, ritrovando in esso la luce e la forza indispensabili per la propria missione.
Se infatti - come è stato detto in precedenza - l'uomo è la via della vita quotidiana della Chiesa, è necessario che la stessa Chiesa sia sempre consapevole della dignità dell'adozione divina che l'uomo ottiene, in Cristo, per la grazia dello Spirito Santo ( Rm 8,15 ), e della destinazione alla grazia e alla gloria ( Rm 8,30 ).
Riflettendo sempre di nuovo su tutto questo, accettandolo con una fede sempre più cosciente e con un amore sempre più fermo, la Chiesa si rende, al tempo stesso, più idonea a quel servizio dell'uomo, a cui Cristo Signore la chiama, quando dice: « Il Figlio dell'uomo… non è venuto per essere servito, ma per servire » ( Mt 20,28 ).
La Chiesa esplica questo suo ministero, partecipando al « triplice ufficio » ch'è proprio dello stesso suo Maestro e Redentore.
Questa dottrina, appoggiata sul suo fondamento biblico, è stata messa in piena luce dal Concilio Vaticano II, con grande vantaggio per la vita della Chiesa.
Quando, infatti, diventiamo consapevoli della partecipazione alla triplice missione del Cristo, al suo triplice ufficio - sacerdotale, profetico e regale140 - diventiamo parimenti più consapevoli di ciò a cui deve servire tutta la Chiesa, come società e comunità del Popolo di Dio sulla terra, comprendendo, altresì, quale debba essere la partecipazione di ognuno di noi a questa missione e servizio.
Indice |
115 | Gaudium et spes 22 |
123 | Prefazio dei defunti I |
125 | Confess. I,1 |
133 | Sequenza di Pentecoste |
134 | Lumen gentium 16 |
135 | Lumen gentium 1 |
140 | Lumen gentium 31-36 |