Chiamati dalla Divina
Chiamati dalla Divina Provvidenza, ad onta della Nostra pochezza, al Sommo Pontificato ed al governo di quegli Stati che ne formano il patrimonio, dilatiamo solleciti sopra essi il Nostro cuore, affinché apprendano subito da quali sentimenti fummo animati per loro fin dal momento in cui su di Noi si dispiegò la volontà di Colui nelle cui mani sono le sorti degli uomini.
Posti ad essere per essi, più che principe, padre amorosissimo, assumemmo viscere di padre che aspira solo al bene dei suoi figli, e solo per questi occupa le sue sollecitudini.
Volgemmo subito i Nostri pensieri alle varie classi di coloro che Dio Ci diede per figli, e nell'amarezza del Nostro spirito vedemmo il risultato infelice di quelle circostanze che in tante guise portarono ovunque l'indigenza e il disordine.
I Nostri gloriosi Predecessori di sempre cara memoria accorsero provvidamente e misero in opera tutti i mezzi che la vastità delle loro vedute e la paterna loro tenerezza per il popolo poterono suggerire all'animo loro benefico.
Tuttavia, persuasi che ulteriori provvidenze siano tuttora necessarie per il sollievo dei sudditi.
Ci siamo occupati di esse e Ci occuperemo incessantemente, sebbene le molteplici cure alle quali Ci chiama il governo della Chiesa, formino alla Nostra mente un complesso di tanti altri e tanto più gravi pensieri.
Sa Iddio se nella ristrettezza delle Nostre risorse e nella moltitudine d'infauste vicende, che ancor più le esauriscono, Ci proponiamo di eseguire tutto, affinché non per le sole benedizioni del cielo, ma anche per la ricchezza della terra, vivano lieti all'ombra della pace e nella più ampia quiete coloro che Dio Ci affidò.
Sono queste le idee che abbiamo già manifestate, queste le istruzioni diramate, queste le misure raccomandate a chi deve esserne esecutore per gl'incarichi di competenza, affinché tutti - particolarmente coloro che la provvidenza pose nella condizione di indigenza - sperimentino quanto il loro nuovo padre vegli sollecito per ridurne, per quanto possibile, i bisogni.
Ma quando appunto Ci occupavamo nel dolce pensiero di consolare i Nostri figli, quando determinavamo i mezzi per affrettare la realizzazione di ciò, Ci sono giunti annunzi tristissimi di sconvolgimenti funesti accaduti in alcune province dei Nostri Stati.
Confidando però in quell'aiuto che porta fermezza fra le angustie, Ci umiliammo sotto la mano potente del Signore, considerando che erano segnati così infaustamente i primi momenti del Nostro Pontificato, anzi il giorno stesso riservato ad onorare nella Nostra miseria, con solennità di auguste cerimonie, la dignità del Principe degli Apostoli, che anche nell'erede indegno non manca.
Ma in tanta agitazione Ci conforta il pensiero che il Padre divino, che vivifica e mortifica con quei consigli che sono imperscrutabili nella corta vista degli uomini, sa altresì con tratti amorevoli della sua misericordia sollevare i servi suoi dal profondo in cui prima li ridusse, non permettendo che le tribolazioni siano superiori alle forze.
È con questi sentimenti che parliamo anche a coloro che, se incauti si allontanarono dal Nostro seno, non cessarono perciò, né cessano di essere cari a chi per essi conserva spirito di carità e di misericordia.
Sicuri Noi, che il conoscere essi di aver già riacquistato un padre che supplisse alla mancanza di chi piansero estinto, reso loro meno mostruoso il traviamento al quale si abbandonarono, indirizziamo ad essi assicurazioni di pietà e di perdono, quali si convengono a chi sa di essere vicario di un Dio fatto uomo, il quale si gloriò quasi fosse la sua particolare prerogativa, di essere mite ed umile di cuore.
Riflettano quegl'infelici quale ferita aprirono nel seno del tenero loro padre, quale tranquillità perdettero, quali pericoli incontrano, e al confronto irato dello stato di disordine e d'inquietezza nel quale si gettano, piangano nella sincerità del cuore di essersi allontanati dalle acque vive per formarsi cisterne dissipate.
Non avendo che brame pacifiche e conciliative, non cercando che il bene di chi avremo sempre per figli, apriamo fin da adesso su di loro le viscere di amorevolezza, mansuetudine e indulgenza, troppo amareggiandoci il solo pensiero di poter trovarci nella necessità di ricorrere a misure di rigore, mentre anzi siamo fermi nel proposito di estendere a quei luoghi, come al resto dei Nostri domini, provvidenze di beneficenza e di prosperità.
Ascolti il Padre delle misericordie le umili preghiere di Noi che, fatti mediatori tra Lui e il popolo, innalziamo ferventi, perché, dissipato ogni errore, dileguata ogni avversa macchinazione, l'amore della religione, la sommissione, la concordia formino quello spirito che animi tutti i Nostri sudditi, così come quello di farli contenti è il voto che guida Noi nella effusione del cuore, con la quale impartendo a tutti l'Apostolica Benedizione su tutti imploriamo la pienezza delle celesti consolazioni.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 9 febbraio 1831, anno primo del Nostro Pontificato.
Gregorio XVI