Augustissimam beatissimi
Che la maestosa sacra basilica, fondata dall'imperatore Costantino in onore del beatissimo Apostolo Paolo maestro delle genti, ampliata dal grande Teodosio, arricchita dall'imperatore Onorio e dai Romani Pontefici Nostri Predecessori continuamente restaurata con assiduo impegno e con enormi spese ornata per un culto più fastoso, sia stata devastata da un improvviso incendio, nessuno certamente è tanto e di tutto ignora che non lo sappia, nessuno è di animo così insensibile che non si dolga vivamente di quella rovina, vista o risaputa che sia.
Alla ricostruzione di quel tempio grandioso volse ogni cura e tutti i suoi pensieri il devotissimo Leone XII Nostro Predecessore di felice memoria il quale, infiammato dall'ardente desiderio di riparare quell'antichissima mole, ritenne di non dover risparmiare a se stesso nessuna spesa e nessuna decisione, purché il più grande monumento della Religione Cattolica, restituito all'antica forma, risorgesse e rifulgesse del maggiore splendore possibile.
Pertanto, per condurre a termine un'impresa così imponente, decretò che l'erario pontificio, malgrado fosse quasi esausto per le tante calamità occorsegli, dovesse investire ogni anno una ingente somma di danaro.
Poiché si avvide che una così insigne impresa richiedeva quelle enormi sovvenzioni, cui le ristrettezze dell'erario pontificio potevano far fronte in minima parte, fidando nel divino aiuto, non si perse d'animo, intraprese l'opera e alle province di tutto il mondo cristiano inviò una lettera enciclica con la quale stimolò e infiammò con grande vigore gli animi dei fedeli di Cristo, in modo che tutti offrissero una mano soccorrevole ad una così grande impresa.
Né i voti di quel Pontefice riuscirono vani; infatti, raccolta in tutto il mondo cattolico una notevole somma di danaro, inviata poi all'Urbe, quest'opera, iniziata con favorevoli auspici e continuata dal Nostro Predecessore Pio VIII di felice memoria nel brevissimo lasso di tempo in cui resse il Pontificato, fu vista progredire assai felicemente con unanime gioia di tutti.
Quando poi, senza alcun nostro merito, ma per arcano disegno della divina Provvidenza, in tanta inclemenza di tempi e fra tante sconvolgenti vicende fummo elevati a questa Cattedra di Pietro, fra i più gravi e grandi impegni e sollecitudini da cui siamo occupati e quasi sopraffatti, nulla davvero a noi di meglio, nulla di più grato e di più desiderabile poteva esistere che compiere ogni sforzo per ultimare rapidamente il nobilissimo tempio dell'Apostolo Paolo, che tutti onoriamo con somma venerazione.
Perciò con particolare ostinato impegno predisponemmo tutte le risorse dell'arte e dell'operosità e nulla lasciammo intentato, pur di condurre all'esito ambito l'opera grandiosa.
E sebbene in questi tempi travagliati un assai gravoso dispendio dissanguasse quasi il Nostro erario pontificio e a poco a poco venissero a mancare le offerte che generosamente la pietà dei fedeli di Cristo mandava per restaurare la basilica Ostiense, tuttavia la costruzione della splendida opera, non solo non interrotta ma anzi affrettata con uno sforzo più alacre e fiducioso, induce a sperare che in pochi anni si possa ammirare quel tempio in ogni sua parte condotto a termine.
Ne deriva che con incredibile gioia del Nostro animo abbiamo potuto inaugurare con sacre cerimonie, il 5 ottobre, insieme con i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa ( e dubitavamo che tale evento potesse compiersi ) il lato trasversale della nuova costruzione già completato con straordinaria perizia e abbiamo potuto consacrare con rito solenne l'altare centrale, venerato soprattutto per il santissimo sepolcro di Paolo e nobilitato da un antichissimo fornice, prodigiosamente salvato e sottratto al furore dell'incendio e ora restaurato con raffinata intelligenza mentre annunciamo l'evento al mondo cattolico, vivamente esultiamo e Ci rallegriamo nel Signore.
Anche se Ci preoccupiamo, con particolare e diligente impegno, di allestire grandi mezzi per ultimare le altre parti di quella basilica, tuttavia ne mancano ancora molti per condurre a termine in breve tempo quel magnifico tempio.
E poiché la situazione è giunta al punto che occorrerebbe spremere tutto il danaro dall'erario pontificio e che perciò un'opera con tanta rapidità iniziata dovrebbe procedere assai lentamente, il compito del Nostro magistero richiede che, seguendo le vestigia degli altri Pontefici Nostri Predecessori ed imitandone gli esempi, sollecitiamo la religiosità e la devozione di tutti i fedeli di Cristo perché offrano ogni operante aiuto per ultimare quel maestoso nobilissimo tempio.
Confidiamo che tutti, con animo alacre e lieto, con somma cura e operoso sforzo, vorranno assecondare questi Nostri voti in quanto si tratta della gloria dell'Apostolo Paolo il quale, maestro delle nazioni, fulgidissimo lume della legge cristiana, profondo indagatore degli arcani divini e sebbene rivestito di spoglie mortali, felice ospite del cielo, coi suoi sapientissimi, divini scritti e con le sue insigni imprese fece progredire, illuminò, irrigò con il suo sangue e rinsaldò la Chiesa di Cristo.
Certo nessuno ignora né può ignorare quante minacce, sofferenze, tribolazioni, fatiche, tormenti, dolori, pericoli per terra e per mare egli con animo invitto sopportò, subì, disprezzò, pur di confutare ovunque le sinagoghe con la predicazione della celeste dottrina, pur di demolire la filosofia pagana, pur di rovesciare dal trono l'idolatria, pur di convertire tutte le genti, i popoli, le nazioni a Gesù Cristo, dopo aver diradato la caligine degli errori e respinto la superstizione pagana; pur di diffondere e di insegnare gli ammaestramenti della legge divina e di condurre sul sentiero della salvezza e sulla via del cielo.
Chi dunque, meditando nell'animo questi pensieri e richiamandoli alla memoria, non si recherà al Suo sepolcro, o piuttosto monumento, da decorare secondo le forze di ciascuno?
Chi non sarà sospinto dal vivissimo desiderio di nobilitare con le sue risorse la Chiesa di Paolo, una volta che avverta e riconosca di doverlo rispettare e venerare come maestro e come padre?
Chi non sarà sollecitato da ardente amore ad abbellire con la propria generosità, con ogni onore e riverenza, quella Basilica in cui tutti, con profonda devozione, venerano "la polvere di quel corpo" ( per usare le parole di Crisostomo ) "che colmava ciò che a Cristo era venuto a meno; che recava le ben note stimmate; che disseminava ovunque il Suo Verbo; la polvere di quel corpo con il quale accorreva ovunque; la polvere di quel corpo attraverso il quale Cristo parlava e splendeva di una luce più luminosa di ogni fulgore e levava contro i demoni una voce più terribile di qualunque tuono; quel corpo attraverso il quale conoscemmo Paolo e il Signore di Paolo?" .
Volesse il cielo, Venerabili Fratelli, che quella ricchezza d'ingegno, quella incredibile e quasi divina forza e facondia nel parlare e nello scrivere, per cui si segnalò in modo ammirevole l'eloquentissimo Crisostomo, Ci venisse in soccorso così che anche Noi potessimo parlare di Paolo come egli ne parla, e commuovere le menti e gli animi dei fedeli così che con ogni mezzo manifestino la loro venerazione verso l'Apostolo.
Voi dunque, Venerabili Fratelli, per la vostra elevata religiosità, per il singolare culto verso Paolo, della cui dottrina vi nutriste, per quanto sta in voi sollecitate i popoli affidati alla vostra fede e alla vostra cura, affinché essi, seguendo con la stessa devozione l'apostolo Paolo, si vantino vivamente di mandare offerte per il compimento del suo Tempio.
Ponete davanti ai loro occhi che essi compiranno una cosa graditissima a Dio se metteranno a disposizione i loro mezzi e le loro possibilità per promuovere il decoro della Sua casa.
Infatti, sebbene lo stesso Creatore e Signore del cielo e della terra non abbia bisogno del Nostro aiuto, tuttavia è tanto benigno e misericordioso che non solo richiede la Nostra opera per costruire una dimora al divino suo nome, e corona di successo i Nostri sforzi, ma anche gioisce e si allieta che da Noi gli sia attribuito tanto amore.
Infatti, quando diede ordine a Mosè di costruire il tabernacolo con preziosissimo materiale, di erigere l'altare, di preparare le vesti, di modellare i vasi con il contributo in danaro di tutti i figli d'Israele, Dio stesso disse e ordinò: "Consegna il danaro raccolto fra i figli d'Israele per costruire il tabernacolo della testimonianza, perché sia il loro ricordo al cospetto del Signore e sia propizio alle loro anime".
Da questa tanto eccelsa e salutare promessa di Dio stesso chi non sarà fortemente sospinto ad elargire il suo danaro, secondo le sue capacità, per un'opera di Dio, in modo che sia "testimonianza al cospetto di Dio e sia propizio all'anima sua?
Certo quel santissimo condottiero del popolo d'Israele accolse nell'animo una grande gioia quando udì gli addetti ai lavori annunciare che "il popolo aveva offerto più di quanto fosse necessario" e fu costretto a respingere il popolo che ancora portava doni "poiché le offerte erano già sufficienti, anzi sovrabbondavano".
E così il Dio misericordioso voglia consentire al desiderio che con pii e copiosi doni e con le oblazioni dei fedeli, Noi si possa riparare e completare in ogni sua parte quella celeberrima costruzione.
Quanta gratitudine avrà lo stesso Apostolo Paolo per coloro che cercarono di sottrarre all'abbandono, di restituire all'antica maestà e di restaurare con l'arte più splendida quell'insigne basilica dedicata in suo onore e demolita da deplorevole disgrazia!
Pertanto Noi, Venerabili Fratelli, confidiamo pienamente nel Signore, prodigo di misericordia, che tutti i fedeli di Cristo di ogni ordine e condizione, a gloria di Dio e in onore dell'Apostolo Paolo, al massimo grado sospinti dalle vostre esortazioni e più alacremente dediti alla costruzione di un'opera così imponente, in gran parte già condotta innanzi, raccoglieranno tanto copia di oro e di argento che le offerte potranno bastare per condurre a termine quella nobilissima costruzione.
Pertanto sarà compito, Venerabili Fratelli, raccogliere il danaro offerto dai fedeli e mandarlo a Noi, e con ogni impegno e sforzo ornare il santissimo sepolcro dell'Apostolo Paolo sempre celebrato con somma venerazione da tutto il mondo cattolico e dall'affollato concorso di tutti i cristiani, in modo che, sempre più sorretti dal patrocinio apostolico, possiate reggere e proteggere le pecore di Cristo a voi affidate in questi tempi sciagurati, tenerle lontane dai pascoli avvelenati e condurli a quelli salutari.
Forti di questa speranza, invocando ogni più fausto e lieto dono del Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione, con animo amoroso impartiamo a voi e al gregge affidato alle vostre cure l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 21 dicembre 1840, nel decimo anno del Nostro Pontificato.
Gregorio XVI