Maximis angustiis
All'Arcivescovo di Firenze.
Alle enormi preoccupazioni che in questa così grande asprezza dei tempi rendono più pesanti le incombenze del servizio apostolico, affidato alla Nostra debolezza per volere divino, s'è aggiunta quella, davvero gravosissima, causata dal recente decreto di codesto Granducato dell'Etruria.
Dallo stesso governo del Granducato abbiamo infatti saputo che è stata di nuovo ripristinata una certa legge già abolita, con la quale viene proibito con la massima severità a tutti i tipografi del ducato di pubblicare qualunque scritto dei sacri presuli, senza prima averlo sottoposto all'esame del magistrato laico.
Nessuna parola è sufficiente, Venerabile Fratello, per esprimere quanto aspro e profondo è stato il dolore del Nostro animo non appena abbiamo saputo che era stata nuovamente adottata questa legge, con la quale si arreca una gravissima ferita alla libertà della Chiesa, ed all'onore, all'autorità ed alla giurisdizione dei Vescovi, i quali sono costretti a dipendere dalla volontà e dalla decisione di un magistrato laico per materie che concernono la religione e la salvezza delle anime.
Anche se per ora non abbiamo giudicato opportuno lamentarci con un Nostro reclamo contro tale legge, valutando seriamente che, oltre a questa singola legge, sono in vigore tante altre norme di codesto governo che, analogamente, si oppongono alla libertà ecclesiastica ed ai sacri diritti della religione, e richiamando alla memoria ciò che venne compiuto in passato a causa di una legge simile; tuttavia, non solo terremo sempre presente questo e gli altri affari di grande importanza, ma in verità, fiduciosi nell'aiuto divino a favore dell'altissimo ufficio del Nostro Pontificato, non lasceremo mai nulla di intentato di ciò che giudicheremo più idoneo a proteggere i diritti di questa Sede Apostolica e dei Vescovi nelle vicende religiose del Granducato d'Etruria.
Nel frattempo, Venerabile Fratello, per quanto attiene alla menomata facoltà di stampare i vari atti episcopali, della quale Ci stiamo occupando, riteniamo di offrire a te ed agli altri Ordinari del Granducato d'Etruria gli stessi suggerimenti e moniti che il Nostro Predecessore Pio VII, di recente memoria, ritenne doveroso mandare per iscritto al tuo Predecessore Pietro Francesco Morali, il 10 ottobre 1818.
Così, anche se lodiamo il modo di agire intrapreso ultimamente, per quel che Ci risulta, dalla tua fraternità e da altri Vescovi, vale a dire di divulgare gli atti scrivendoli a mano, e Ci auguriamo fortemente che tutti i responsabili religiosi s'impegnino a tenere, per quanto possibile, il medesimo comportamento; tuttavia dichiariamo che è Nostra determinazione tollerare che gli Ordinari facciano ricorso alle tipografie, se lo ritengono necessario, in casi urgenti, ma si considerino come puramente passivi per quel che si riferisce ai vincoli imposti dal governo.
Ripercorrendo le orme del Nostro Predecessore Pio VII, esortiamo vivamente gli Ordinari affinché – memori del ministero che ricevettero nel Signore – non cessino mai di proteggere e difendere con tutte le forze l'autorità e l'integrità della Chiesa ed i suoi santissimi diritti, anche nel nome di questa Sede Apostolica, anche tramite insistenti istanze rivolte, a tempo debito e con il dovuto ossequio, al Granduca dell'Etruria.
Sappiamo benissimo che le proteste e le istanze precedentemente avanzate da essi in questa materia non hanno minimamente sortito l'effetto sperato, ma in verità non bisogna mai perdersi d'animo, dato che proprio al tempo di Pio VII una vicenda di questo genere fu soggetta a difficoltà maggiori.
Infatti quel famosissimo Nostro Predecessore non aveva potuto assolutamente influire, con le sue saggissime e cordialissime lettere, su Ferdinando, all'epoca Granduca dell'Etruria; le speranze concepite per una forma di spiegazione ( che sembrava che il governo dell'Etruria desse alla Sua ultima lettera, diffusa in data 23 gennaio 1818 ) rimasero insoddisfatte a causa di un'altra lettera che il responsabile del buon regime scrisse a tutti i governatori delle province, il 17 luglio dello stesso anno.
Nondimeno, i Vescovi dell'Etruria, sollecitati dalla lettera di Pio VII ed animati dalla loro prudente costanza, ottennero di poter disporre liberamente la pubblicazione a stampa di tutti i documenti episcopali, senza il vincolo di alcun esame, con l'unica eccezione delle solenni lettere pastorali, che essi solevano rendere note raramente.
In verità, Venerabile Fratello, in questa e nelle altre mansioni del sacro ministero, i pastori della Chiesa non possono assolutamente sapere come e quando Dio, ricco di misericordia, vorrà coronare con esito felice le loro fatiche e le loro preoccupazioni, ma essi stessi, come sai benissimo, commetterebbero gravissima colpa se omettessero per questo di corrispondere agli aiuti divini, che non mancano ai pastori sacri per compiere le funzioni del proprio ufficio.
Noi, certamente presi da profondissima preoccupazione per tutte le Chiese, non cesseremo mai, Venerabili Fratelli, di portare ogni aiuto nel Signore, come potremo.
Nelle vicende religiose dell'Etruria siamo sostenuti dalla speranza che il Dio della pietà e di ogni consolazione, il Dio nelle cui mani è il cuore del re, vorrà consolarci di tutte le miserie e fare in modo che il Nostro dilettissimo figlio di Cristo, il Granduca dell'Etruria, per la sua devozione e bontà, respingerà completamente le false tesi dei suoi funzionari, nocive ai diritti della Chiesa, con le quali si è imparentato per colpa di altri, e così la Chiesa in codeste diocesi potrà godere la propria libertà.
Proprio per questa ragione non smettiamo mai di effondere, nell'umiltà del Nostro cuore, assidue e fervide preghiere al Padre delle Misericordie e siamo sicuri che anche tu, Venerabile Fratello, e tutti gli altri responsabili religiosi del Granducato dell'Etruria, questo chiederete supplici, con orazioni e scongiuri, a Dio Ottimo Massimo; sarà tuo compito, Venerabile Fratello, rendere nota integralmente questa Nostra lettera agli Ordinari di codesta provincia ecclesiastica.
Ti testimoniamo infine e ti confermiamo la singolare benevolenza con la quale ti accompagniamo, ed impartiamo con grande amore, dal più profondo del cuore, la Benedizione Apostolica a te, Venerabile Fratello, ed al gregge affidato alle tue cure.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 27 aprile 1844, anno quattordicesimo del Nostro Pontificato.
Gregorio XVI