2 febbraio 1981
Al Signor Cardinale Giovanni Willebrands, Arcivescovo di Utrecht ed ai Vescovi delle Diocesi dei Paesi Bassi
Il 31 gennaio si è compiuto un anno dalla conclusione dei lavori del Sinodo Particolare dei Vescovi della provincia ecclesiastica dei Paesi Bassi, che si svolsero dal 17 al 31 gennaio 1980.
Furono giorni, cari fratelli nell'Episcopato, nei quali, "permanentes in doctrina Apostolorum, et communicatione fractionis panis, et orationibus" ( At 2,42 ), vivemmo una profonda esperienza di comunione e di cooperazione collegiale.
In occasione del primo anniversario della conclusione dei nostri lavori sento il desiderio di scriverVi per ritornare su quella peculiare esperienza, che ebbe come scopo di consolidare e di definire in maniera più precisa i princìpi della comunione, grazie ai quali la Chiesa che è nella Vostra Patria – ciascuna delle Chiese diocesane che lo Spirito Santo ha affidato alla vostra sollecitudine pastorale – permane nella comunità universale della Chiesa cattolica.
Gli stessi princìpi costituiscono, al contempo, il fondamento della comunione interna della Chiesa in terra olandese, della quale Voi, come Vescovi, siete i primi servitori.
Avevo allora preso conoscenza con gioia delle conclusioni da Voi adottate nel Sinodo e, durante la concelebrazione nella Cappella Sistina a conclusione dei lavori sinodali, le avevo confermate, rendendo grazie a Gesù Cristo, in nome e per la potenza del Quale noi tutti compiamo il nostro ministero.
Ed ora, con mia soddisfazione, nel corso della recente riunione del Consiglio Sinodale, sono stato informato che le deliberazioni del Sinodo restano il fondamento essenziale della Vostra attività pastorale, impegnata in un lavoro di rinnovamento della Chiesa secondo lo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano Il e secondo i princìpi che vi furono elaborati per tutta la Chiesa.
Nella medesima riunione del Consiglio sinodale mi è stata manifestata anche la vostra preoccupazione di Pastori a causa delle diverse difficoltà d'ordine psicologico e strutturale che si oppongono ad una sollecita e coerente attuazione delle conclusioni sinodali.
Per lo speciale interesse ed affezione con cui seguo la vita della Chiesa nella vostra Patria e guardando solo al suo bene, non posso non condividere la vostra preoccupazione.
Permettetemi di dirvi il mio fraterno incoraggiamento e di invitarvi a proseguire con decisione nel lavoro iniziato.
La realizzazione delle risoluzioni del Sinodo Particolare, che sono conformi ai princìpi del Concilio Vaticano II, costituisce una condizione fondamentale, una base oggettiva imprescindibile per la costruzione della comunione sia all'interno della Chiesa in Olanda, sia nelle relazioni della vostra comunità locale con l'universale comunità della Chiesa cattolica: la vera comunione infatti comprende ambedue gli aspetti.
Tale realizzazione è, al tempo stesso, molto importante per l'opera dell'ecumenismo così rilevante nella vostra Patria.
L'attività ecumenica esige infatti che ciascuna delle Chiese cresca nella fedeltà alla sua tradizione nel campo della dottrina, della disciplina e della pastorale, purificandosi e rinnovandosi per comparire davanti a Cristo senza macchia ( cf. Unitatis Redintegratio, 4 e n. 6 ).
Da queste considerazioni appare il nostro comune dovere di operare con perseveranza per l'attuazione coerente delle Conclusioni del Sinodo Particolare.
Le Conclusioni del Sinodo Particolare ci impegnano tutti in coscienza, davanti a Dio e davanti alla Chiesa: Voi, che le avete firmate, come Pastori delle vostre Chiese locali; me, che le ho approvate, come primo responsabile dell'unità della Chiesa cattolica.
Il Sinodo non è stato solo l'incontro di diversi cammini – come dice il significato originario della parola – ma è diventato esso stesso la via che insieme dobbiamo percorrere fino in fondo.
Le presenti difficoltà, talune delle quali certamente molto gravi, non possono intimorirci; di fronte ad esse non possiamo indietreggiare.
Similmente all'Apostolo dobbiamo poter dire: "Omnia sustineo propter electos, ut et ipsi salutem consequantur, quae est in Christo Iesu, cum gloria caelesti" ( 2 Tm 2,10 ).
Credo di esprimere il vostro stesso pensiero, affermando che il lavoro di attuazione delle Conclusioni sinodali deve principalmente consistere nel promuovere, in ogni modo idoneo, ciò che c'è di positivo – ed è certo molto – nelle vostre Chiese.
Il vostro ministero vescovile in favore della comunione ecclesiale deve abbracciare tutti i campi della vita della Chiesa, come denota sufficientemente l'elenco delle risoluzioni sinodali di un anno fa.
Bisogna che, grazie a tale ministero, venga dato posto a tutti i veri doni, ossia i carismi autentici, che si trovano nella comunità del Popolo di Dio, che voi servite.
Le deliberazioni del Sinodo hanno ricordato i criteri con i quali bisogna lasciarsi guidare nella valutazione dei doni e nella loro utilizzazione per il bene comune.
a ) Così dunque, accanto al contributo che possono dare alla vita della Chiesa i laici, nostri Fratelli e Sorelle, non può mancare quel particolare carisma che si collega con la vocazione alla completa dedizione a Cristo nel sacerdozio ministeriale, e anche nella vita religiosa.
Ad esso è dovuta, anzi, una preminente considerazione.
La esperienza della Chiesa dimostra, dai tempi più remoti, quanta rilevante importanza abbia sempre avuto questa vocazione per il fruttuoso funzionamento di tutto l'organismo del Corpo di Cristo, quanto essa gli sia indispensabile.
Perciò anche il Sinodo ha ricordato i princìpi dai quali bisogna lasciarsi guidare nel coltivare le vocazioni sacerdotali e religiose, e nella preparazione dei candidati all'esercizio del servizio sacerdotale nella ferma fede che Dio dà le vocazioni alla sua Chiesa.
Tra i compiti primari dei Pastori della Chiesa è quello di creare gli Istituti per la specifica formazione al sacerdozio cattolico, come intesi dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nei quali le giovani vocazioni possano trovare dei chiari punti di riferimento, così che esse rispondano al dono divino per una adeguata maturazione spirituale ed umana.
b ) La doverosa sollecitudine per questo problema, tanto importante per la regolare vita comunitaria del Popolo di Dio, non può certo sminuire l'attenzione che si deve all'apostolato dei laici.
Nel Sinodo Particolare voi avete avuto parole di giusto riconoscimento per l'attiva e responsabile partecipazione di molti laici, nella vostra Patria, alla vita della Chiesa.
Una tale partecipazione è stata espressamente incoraggiata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale ha ricordato che i laici, uomini e donne, sono chiamati a svolgere "il loro multiforme apostolato sia nella Chiesa sia nel mondo" ( Apostolicam Actuositatem, 9 ).
Il Concilio ha anche indicato i campi più specifici e le forme proprie secondo cui esso deve avvenire; e, con particolare riferimento "all'armonia e cooperazione apostolica" tra clero e laici, ha sottolineato la necessità del "rispetto della natura propria di ciascuna forma di apostolato", e ciò precisamente "ad promovendum spiritum unitatis" ( Ivi, 23 ).
In conformità a questo insegnamento del Concilio, come anche ad altri suoi significativi enunciati ( cf. Lumen Gentium, 10 ), voi stessi, nel Sinodo Particolare, vi siete trovati unanimi "professare la distinzione essenziale tra il sacerdozio ministeriale o sacramentale e il sacerdozio comune dei battezzati, e voler vigilare sulle conseguenze pratiche che ne derivano".
Sono certo che si avrà un nuovo fervore di vita cattolica se si porrà ogni cura ed attenzione nel promuovere l'apostolato dei laici, nei campi che gli spettano e secondo le forme che gli sono proprie, senza lasciare che, quasi insensibilmente, esso venga a confondersi con l'apostolato proprio del clero.
La realizzazione della vera comunione comporta appunto lo sviluppo autentico di tutti i carismi, così che, senza confusione, tutti possano svolgere il loro servizio reciprocamente, l'uno per l'altro, contribuendo allo sviluppo di ogni vocazione, conformemente alla propria natura, come pure alla regolare crescita ed all'arricchimento spirituale di tutta la comunità.
Nel rivolgere il mio pensiero e il mio cuore a voi, cari fratelli nell'episcopato, ed alle vostre Chiese, non posso tacere l'intima consolazione che mi proviene dal sapere che numerosi sono i sacerdoti ed i laici, i religiosi e le religiose, che ispirano la loro vita alla sequela di Cristo ed uniti a Lui elevano al Padre la loro incessante preghiera ed offrono ogni giorno il sacrificio spirituale della loro vita per il bene della Chiesa.
Prima del Sinodo Particolare, con lettera del 6 gennaio 1980, mi rivolgevo a tutta la comunità cattolica dei Paesi Bassi, chiedendo l'aiuto spirituale della preghiera.
Rinnovo ora questo mio pressante appello, e desidero che giunga alle singole famiglie, Chiese domestiche, ai giovani, speranza della Chiesa e mia, ai malati e a tutti coloro ai quali, nella sofferenza, è dato di essere più uniti alla Croce del Cristo.
Le loro preghiere ed i loro sacrifici ottengano che Colui che vi ha dato la grazia di iniziare la buona opera del Sinodo conceda anche a voi ed ai vostri collaboratori, di compiere tutto il lavoro che ancora è necessario.
Nel leggere queste parole vi invio un adempimento del mio ufficio di "confirmare fratres" ( cf. Lc 22,32 ), siate certi del mio permanente sincero affetto e della ardente supplica che rivolgo a Cristo Gesù, Signore della Chiesa per l'intercessione della Sua e nostra Madre, perché egli stesso vi assista ogni giorno nel vostro ministero episcopale, facendovi conoscere la sua volontà e dandovi la forza di compierla.
Ai sacerdoti, vostri collaboratori nel ministero, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi e a tutti i fedeli del vostro diletto Paese il mio paterno affettuoso saluto: "Caritas mea cum omnibus vobis in Christo Iesu. Amen" ( 1 Cor 16,24 ).
Unito a voi nell'unico amore di Cristo e della Chiesa, vi invio di cuore l'apostolica benedizione.
Dal Vaticano, 2 febbraio 1981, Festa della Presentazione del Signore.
Giovanni Paolo PP. II