Le voci
Venerabili Fratelli e diletti figli!
Le voci che da tutti i punti della terra arrivano sino a Noi, in espressione di lieta attesa e di voti per il felice successo del Concilio Ecumenico Vaticano II, sollecitano ognor più il Nostro spirito a trar profitto dalla buona disposizione di tanti cuori semplici e sinceri, rivolti con amabile spontaneità ad implorazione di aiuto celeste, ad aumento di fervore religioso, a chiarezza di direzione pratica per tutto ciò che la celebrazione conciliare suppone e ci promette di incremento della vita intima e sociale della Chiesa, e di rinnovamento spirituale del mondo intero.
Ed ecco farcisi incontro, apparizione della nuova primavera di quest'anno, e sui margini della sacra Liturgia Pasquale, la figura mite ed amabile di S. Giuseppe, lo sposo augusto di Maria, tanto caro alle intimità delle anime più sensibili alle attrazioni dell'ascetica cristiana, e delle sue espressioni di pietà religiosa, contenute e modeste, ma tanto più gustate e soavi.
Nel culto della Santa Chiesa, Gesù, Verbo di Dio fatto uomo, ebbe subito la sua adorazione incomunicabile come splendore della sostanza del Padre suo, irradiantesi nella gloria dei Santi.
Maria, la genitrice sua, gli corse dappresso sino dai primi secoli, nelle figurazioni delle catacombe e delle basiliche, piamente venerata: sancta Maria mater Dei.
Giuseppe, invece, oltre qualche sprazzo della sua figura ricorrente qua e là negli scritti dei Padri, rimane per secoli e secoli in un suo nascondimento caratteristico, quasi come figura di ornamento nel quadro della vita del Salvatore.
E ci volle del tempo prima che il suo culto penetrasse dagli occhi nel cuore dei fedeli, e ne traesse elevazioni speciali di preghiera e di fiducioso abbandono.
Queste furono le gioie fervorose riservate alle effusioni dell'età moderna: oh! quanto copiose ed imponenti; e di queste Ci è particolarmente gradito cogliere subito un rilievo ben caratteristico e significativo.
Tra i diversi postulata che i Padri del Concilio Vaticano I al loro riunirsi in Roma1 presentarono a Pio IX, i due primi riguardavano S. Giuseppe.
Innanzi tutto si chiedeva che il suo culto prendesse un posto più elevato nella sacra Liturgia: recava la firma di 153 Vescovi.
L'altro, sottoscritto da 43 Superiori Generali di Ordini Religiosi, supplicava per la proclamazione solenne di S. Giuseppe a Patrono della Chiesa universale.2
Pio IX accolse con letizia l'uno e l'altro voto.
Dagli inizi del suo pontificato3 egli aveva fissato la festa e la liturgia per il patrocinio di S. Giuseppe la domenica III dopo Pasqua.
Già dal 1854, in una vibrante e devota allocuzione, aveva indicato in S. Giuseppe la più sicura speranza della Chiesa dopo la Santa Vergine: e l'8 dicembre 1870, a Concilio Vaticano sospeso dagli avvenimenti politici, colse la felice coincidenza della festa della Immacolata per la proclamazione più solenne ed ufficiale di S. Giuseppe a Patrono della Chiesa universale e per la elevazione della festa del 19 marzo a celebrazione liturgica di rito doppio di prima classe4
Fu quello - dell'8 dicembre 1870 - un breve ma grazioso e mirabile Decreto « Urbi et Orbi » veramente degno dell' Ad perpetuam rei memoriam, che apri una vena di ricchissime e preziose ispirazioni ai Successori del nono Pio.
Ecco infatti l'immortale Leone XIII uscirsene per la festa dell'Assunta del 1889 con la Lettera « Quamquam pluries »,5 il documento più ampio e copioso che un Papa abbia mai pubblicato ad onore del padre putativo di Gesù, elevato nella sua luce caratteristica di modello dei padri di famiglia e dei lavoratori.
È di là che si iniziò la bella preghiera: « A te, O Beato Giuseppe », che di tanta soavità soffuse la Nostra fanciullezza.
Il Santo Pontefice Pio X aggiunse a quelle di papa Leone espressioni molteplici di devozione e di amore per S. Giuseppe, accogliendo di buon grado la dedica fatta a lui di un trattato che ne illustra il culto;6 moltiplicando il tesoro delle Indulgenze sopra la recita delle Litanie, così care e così placide a dirsi.
Come suonano bene le parole per questa concessione!
Sanctissimus Dominus Noster Pius Papa X inclytum patriarcham S. Joseph, divim Redemptoris patrem putativum, Deiparae Virginis sponsum purissimum et catholicae Ecclesiae potentem apud Deum Patronum, - e, vedete finezza di sentimento personale - cuius glorioso nomine a nativitate decoratur, peculiari atque constante religione ac pie tate complectitur.7
E le altre con cui fece annunziare il perché di nuovi favori concessi: ad augendum cultum erga S. Joseph, Ecclesiae universalis Patronum.8
Allo scoppiare della prima grande guerra Europea, mentre gli occhi di S. Pio X si socchiusero alla vita di quaggiù, ecco levarsi provvidenzialmente papa Benedetto XV ed attraversare quale astro benefico di universale consolazione gli anni dolorosi dal 1914 al 1918.
Anch'egli tenne ben presto a promuovere il culto del Santo Patriarca.
E a lui infatti che si deve la introduzione di due nuovi prefazi al Canone della Messa: quello appunto di S. Giuseppe e quello della Messa dei morti, associando l'uno e l'altro felicemente in due decreti dello stesso giorno, 9 aprile 1919,9 come a richiamo di una concomitanza e fusione di dolore e di conforto tra le due famiglie: quella celeste di Nazaret, di cui S. Giuseppe era il capo legale, e l'immensa famiglia umana afflitta da universale costernazione per le innumerevoli vittime della guerra devastatrice.
Che mesto, ma insieme soave e felice accostamento: S. Giuseppe da una parte, e dall'altra il signifer sanctus Michaël: ambedue in atto di presentare le anime dei defunti al Signore in lucem sanctam.
Nell'anno successivo - 25 luglio 1920 - papa Benedetto tornava in argomento nel cinquantenario allora in preparazione della proclamazione - già compiuta da Pio IX - di S. Giuseppe a Patrono della Chiesa universale: e vi ritornava in luce di teologica dottrina col Motu proprio Bonum sane,10 tutto spirante tenerezza e singolare fiducia.
Oh! che bel riaccendersi della figura mite e benigna del Santo, fatto invocare dal popolo cristiano a protezione della Chiesa militante, nell'atto stesso del riaprirsi delle sue migliori energie a spirituale e anche a materiale ricostruzione, dopo tante calamita: e a conforto di tanti milioni di vittime umane, trattenute al valico dell'agonia, e per le quali papa Benedetto volle impegnare presso i Vescovi, e le molte associazioni pie sparse nel mondo, il supplice intervento della preghiera a S. Giuseppe, patrono dei morenti.
Sulle stesse tracce di raccomandata fervorosa devozione al Santo Patriarca, i due ultimi Pontefici - l'undecimo e il duodecimo Pio - ambedue di sempre cara e venerata memoria - si succedettero in viva ed edificante fedeltà di richiamo, di esortazione, di elevazione.
Per quattro volte almeno Pio XI in solenni allocuzioni di vario riferimento ad illustrazione di nuovi Santi e sovente nelle annuali ricorrenze del 19 marzo - così nel 1928,11 e poi nel 1935, ed ancora nel 1937 - colse l'occasione di esaltare le varie luci di cui si adorna la fisionomia spirituale del Custode di Gesù, dello Sposo castissimo di Maria, del pio e modesto operaio di Nazaret, e del Patrono della Chiesa universale, egida potente di difesa contro gli sforzi dell'ateismo mondiale, inteso al dissolvimento delle nazioni cristiane.
io XII colse egualmente dal suo antecessore la nota maestra nello stesso tono, lui pure in numerose allocuzioni, sempre cosi belle, vibranti e felici.
Come quando il 10 aprile del 194012 invitava i giovani sposi a porsi sotto il sicuro e soave manto dello Sposo di Maria: e nel 194513 chiamava gli ascritti alle Associazioni Cristiane dei Lavoratori ad onorarlo come alto esempio, e come invitta difesa delle loro schiere: e dieci anni dopo, nel 1955,14 annunciava la istituzione della festa annuale di S. Giuseppe artigiano.
Di fatto questa festa di istituzione recentissima, fissata al 1° maggio, viene a sopprimere quella del mercoledì della seconda settimana dopo l'ottava di Pasqua, mentre la festa tradizionale del 19 marzo segnerà d'oggimai la data più solenne e definitiva del Patrocinio di S. Giuseppe sopra la Chiesa universale.
Lo stesso Santo Padre Pio XII si compiacque ornare come di preziosissima corona il petto di S. Giuseppe di una fervida preghiera proposta alla devozione dei sacerdoti e fedeli di tutto il mondo, arricchendone la recita di Indulgenze copiose.
Una preghiera a carattere eminentemente professionale e sociale, come si addice a quanti sono soggetti alla legge del lavoro, che e per tutti « legge di onore, di vita pacifica e santa, preludio della felicita immortale ».
Fra l'altro vi si dice: Siate con noi, o S. Giuseppe, nei nostri momenti di prosperità, quando tutto ci invita a gustare onestamente i frutti della nostra fatica; ma siate con noi soprattutto e sosteneteci nelle ore della tristezza, quando sembra che il cielo voglia chiudersi sopra di noi e che per sino gli strumenti del nostro lavoro debbano sfuggire dalle nostre mani.15
Venerabili Fratelli e diletti figli: questi richiami di storia e di pietà religiosa è parso anche a Noi opportuno proporre alla attenzione devota delle vostre anime, educate alla finezza del sentire e del vivere cristiano e cattolico, giusto in questa ricorrenza del 19 marzo, in cui la festa di S. Giuseppe coincide coll'inizio del tempo di Passione, e ci prepara ad una intensa familiarità coi misteri più commoventi e salutari della sacra liturgia.
Le disposizioni che impongono il velo sopra le immagini di Gesù Crocifisso, di Maria e dei Santi durante le due settimane che preparano la Pasqua, sono un invito ad un raccoglimento intimo e sacro circa le comunicazioni col Signore attraverso la preghiera, che deve essere meditazione e supplicazione frequente e viva.
Il Signore, la Vergine benedetta e i Santi sono in attesa delle nostre confidenze: e queste è ben naturale che si volgano su ciò che meglio corrisponde alle sollecitudini della Chiesa cattolica universale.
Al centro e al posto preminente di queste sollecitudini sta senza dubbio il Concilio Ecumenico Vaticano, la cui aspettazione è ormai nei cuori di quanti credono in Gesù Redentore, appartengano essi alla Chiesa Cattolica nostra Madre, o ad alcune delle varie confessioni da essa separate, e pur ansiose da parte di molti di un ritorno di unità e di pace, secondo l'insegnamento e la preghiera di Cristo al Padre Celeste.
È ben naturale che questo richiamo alla voce dei Papi dell'ultimo secolo sia tutto inteso a suscitare la cooperazione del mondo cattolico al buon successo del grande disegno di ordine, di elevazione spirituale e di pace a cui un Concilio Ecumenico è chiamato.
Tutto è grande e degno di rilievo nella Chiesa, quale Gesù l'ha costituita.
Nella celebrazione di un Concilio convengono attorno ai Padri le personalità più distinte del mondo ecclesiastico e ricche di doni eccelsi di dottrina teologica e giuridica, di capacità organizzativa, di alto spirito apostolico.
Questo è il Concilio: il Papa al vertice, intorno a lui e con lui Cardinali, Vescovi di ogni rito e di ogni paese, dottori e maestri competentissimi nelle varie gradazioni e loro specializzazioni.
Ma il Concilio è fatto per tutto il popolo cristiano che vi è interessato per quella circolazione più perfetta di grazia, di vitalità cristiana, che renda più facile e spedito l'acquisto dei beni veramente preziosi della vita presente, e assicuri le ricchezze dei secoli eterni.
Tutti quindi sono interessati al Concilio, ecclesiastici e laici, grandi e piccoli di ogni parte del mondo, di ogni classe, di ogni stirpe, di ogni colore: e se un protettore celeste è indicato ad impetrare dall'alto, nella sua preparazione e nel suo svolgimento, quella virtus divina, per cui esso sembra destinato a segnare un'epoca nella storia della Chiesa contemporanea, a nessuno dei Celesti meglio può essere affidato che a S. Giuseppe, capo augusto della Famiglia di Nazaret, e protettore della Santa Chiesa.
Riascoltando in eco le voci dei Papi di questo ultimo secolo di storia nostra, come Ci accadde, ancora Ci toccano il cuore gli accenti caratteristici di Pio XI, anche per quel suo modo meditato e calmo di esprimersi.
Esse ci vengono all'orecchio giusto da un discorso pronunciato il 19 marzo 1928, in un accenno che egli non seppe, non volle tacere ad onore di S. Giuseppe, come amava salutarlo, S. Giuseppe caro e benedetto.
« È suggestivo, egli diceva, l'osservare da vicino e quasi veder brillare l'una accanto all'altra due magnifiche figure che si accompagnano agli inizi della Chiesa:
innanzitutto quella di S. Giovanni Battista, che si affaccia dal deserto, talora con voce tonante, e talvolta con mite dolcezza: talora come il leone che rugge e tal altra come l'amico che gode della gloria dello sposo, e offre in faccia al mondo il fasto meraviglioso del suo martirio.
Poi la figura robustissima di Pietro che ascolta dal Maestro Divino le magnifiche parole: "andate e predicate a tutto il mondo": e per lui personalmente: "tu sei Pietro, e sopra questa pietra io edificherò la mia Chiesa".
Missione grande, divinamente fastosa e clamorosa ».
Così diceva Pio XI.
E poi proseguiva, oh! come felicemente: « Fra questi grandi personaggi, tra queste due missioni, ecco apparire la persona e la missione di S. Giuseppe, che passa invece raccolta, tacita, quasi inavvertita e sconosciuta nella umiltà, nel silenzio, un silenzio che non doveva illuminarsi se non più tardi, un silenzio a cui doveva ben succedere, e veramente alto, il grido, la voce, la gloria nei secoli ».16
Oh! la invocazione, oh! il culto di S. Giuseppe a protezione del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Venerabili Fratelli e figliuoli di Roma, Fratelli e figliuoli diletti di tutto il mondo: è a questo punto che Noi desideravamo di condurvi, inviandovi questa Lettera apostolica giusto nel giorno 19 marzo, in cui nella celebrazione di S. Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, poteva venire alle vostre anime l'eccitamento ad una ripresa straordinaria di fervore, per una partecipazione orante più viva, ardente e continuata alle sollecitudini della Santa Chiesa, maestra e madre, docente e dirigente di questo straordinario avvenimento del Concilio Ecumenico XXI, e Vaticano II, di cui tutta la pubblica stampa mondiale si occupa con interessamento vivo, e con attenzione rispettosa.
Vi è ben noto che una prima fase della organizzazione del Concilio è in attività tranquilla, operosa e consolante.
A cento e cento, prelati ed ecclesiastici distintissimi, convenuti da tutte le regioni del mondo, qui si succedono nell'Urbe, distribuiti in varie e ben ordinate sezioni, impegnate ciascuna al proprio nobile lavoro, sulle tracce di preziose indicazioni contenute in una serie di imponenti volumi, recanti il pensiero, l'esperienza, i suggerimenti raccolti dalla intelligenza, dalla saggezza, dal vibrante fervore apostolico di ciò che costituisce la vera ricchezza della Chiesa Cattolica del passato, del presente e dell'avvenire.
Il Concilio Ecumenico non domanda per il suo compimento, e per il suo successo, che luce di verità e di grazia, disciplina di studio e di silenzio, pace serena di menti e di cuori.
Questo dalla parte nostra umana.
Dall'alto è l'aiuto celeste che il popolo cristiano deve invocare con una cooperazione viva di preghiera, con uno sforzo di vita esemplare, che anticipi e sia saggio della disposizione ben decisa da parte di ciascuno dei fedeli ad applicare poi gli insegnamenti e gli indirizzi, che verranno proclamati nella conclusione auspicatissima del grande avvenimento, che ora è già in corso promettente e felice.
Venerabili Fratelli e diletti figliuoli.
Il luminoso pensiero di papa Pio XI del 19 marzo 1928 ci persegue ancora.
Qui da Roma la Cattedrale sacrosanta del Laterano splende sempre nella gloria del Battista.
Ma nel tempio massimo di S. Pietro, dove si venerano ricordi preziosi di tutta la Cristianità, c'è pure un altare per S. Giuseppe: e Noi intendiamo, e Ce lo proponiamo in data di oggi 19 marzo 1961, che l'altare di S. Giuseppe si rivesta di splendore novello, più ampio e più solenne: e divenga punto di attrazione e di pietà religiosa per singole anime, per folle innumeri.
È sotto queste volte celestiali del tempio Vaticano che si raccoglieranno intorno al Capo della Chiesa le schiere dei componenti il Collegio Apostolico convenute da tutti i punti, anche più distanti dell'Orbe, per il Concilio Ecumenico.
O S. Giuseppe! qui è il tuo posto di Protector universalis Ecclesiae.
Ti abbiamo voluto porgere attraverso le voci e i documenti dei Nostri immediati antecessori dell' ultimo secolo - da Pio IX a Pio XII - un serto di onore, in eco alle testimonianze di affettuosa venerazione, che ormai si sollevano da tutte le nazioni cattoliche e da tutte le regioni missionarie.
Siici sempre protettore.
Che il tuo spirito interiore di pace, di silenzio, di buon lavoro e di preghiera, a servizio della Santa Chiesa, ci vivifichi sempre e ci allieti in unione con la tua Sposa benedetta, la dolcissima e Immacolata Madre nostra, in amore fortissimo e soave di Gesù, il re glorioso ed immortale dei secoli e dei popoli.
Cosi sia.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 19 marzo 1961, anno terzo del Nostro Pontificato.
Ioannes PP. XXIII
1 | 1869-1870 |
2 | Acta et Decreta Sacrorum Conciliorum recentiorum - Collectio Lacensis, tomo VII, co1. 856- 857 |
3 | 10 dicembre 1847 |
4 | Decr. Quemadmodum Deus, 8 dec. 1870 |
5 | Enciclica Quamquam pluries |
6 | Epist. ad R. P. A. Lépicier O. S. M., 12 febr. 1908; Acta Pii X P. M., Roma 1914, pp. 168-169 |
7 | AAS. I [1909], p. 290 |
8 | Decr. S. Congr. Rit. 24 iul. 1911; AAS. III [1911], p. 350 |
9 | AAS. XI [1919], pp. 190-191 |
10 | Motu proprio Bonum sane |
11 | Discorsi di Pio XI, S. E. 1. vol. I, 1922-1928, pp. 779-780 |
12 | Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, vol. II pp. 65-69 |
13 | AAS. vol. XXXVII [1945], p. 72 |
14 | AAS. vol. XLVII [1955], p. 406. 7 |
15 | Cfr. AAS. vol. L [1958], pp. 335-336 |
16 | Discorsi di Pio Xl, vol. I, p. 780 |