Les Grands Mystères
1 maggio 1984
Cari fratelli nell'episcopato.
I grandi misteri della nostra salvezza che abbiamo celebrato nei giorni scorsi, ci hanno ricordato a quale prezzo siamo stati riscattati da Cristo "messo a morte per i nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione" ( Rm 4,25 ).
La Chiesa intera ha cantato il suo "Alleluia", felice di sapersi portatrice del messaggio di vita e di speranza che la Pasqua propone all'umanità.
Ma la coscienza della vittoria di Cristo sulle tenebre, rende ancora più viva la nostra preoccupazione nel vedere tanti nostri fratelli sempre di fronte al male in tutte le sue forme, in particolare alla guerra e alle sue terribili conseguenze.
È per questo che il mio cuore si stringe al pensiero del dramma che, da ormai dieci anni, il Libano sta vivendo.
Il Libano oggi è oggetto di sofferenza per il mondo e per la Chiesa, poiché in esso dei fratelli nella nostra condizione umana soffrono e guardano con angoscia al futuro.
Ho rivolto or ora a tutti i libanesi un messaggio nel quale ho voluto riaffermare la mia fiducia nel Libano e in tutti i suoi cittadini, desiderosi di dar vita ad un Paese che sia nello stesso tempo nuovo e fedele al suo prezioso patrimonio spirituale.
Questo messaggio, io desidero che sia di tutta la Chiesa e per questo lo sottopongo alla vostra attenzione, venerati fratelli, perché lo facciate conoscere nelle vostre comunità, ed esso alimenti la preghiera e faccia riflettere tutti gli uomini amanti della pace e della verità, sul dramma di un popolo che ha troppo a lungo sofferto per la violenza.
Come cristiani, noi non possiamo fare a meno di essere artefici di pace, di quella pace di cui fanno elogio le beatitudini, di quella pace che è al tempo stesso dono e compito affidato all'opera di ognuno.
Ma questa solidarietà diventa un dovere ancora più imperioso quando coloro che soffrono sono anche dei fratelli cristiani.
Essi devono sapere che noi partecipiamo spiritualmente alla loro sorte con la coscienza della nostra appartenenza ad una stessa famiglia.
Noi non li dimentichiamo.
Anzi, di più: noi contiamo su di loro, e sulla loro presenza in un Libano democratico, aperto agli altri, in dialogo con le culture e le religioni, che solo così è capace di sopravvivere e di garantire la loro esistenza nella libertà e nella dignità.
Inoltre, lo sviluppo della cristianità nel Libano è condizione per la presenza delle minoranze cristiane in Medio Oriente: di questo il Papa e la Chiesa universale sono consapevoli.
Ciascuna comunità cristiana del mondo vorrebbe senza dubbio portare il proprio contributo alla salvaguardia di queste Chiese orientali che sono state la culla della nostra fede e verso le quali siamo tanto debitori: esse possono contare sull'appoggio morale e spirituale della Chiesa cattolica tutta intera.
È questa la ragione per la quale, venerati fratelli, vi invito a pregare e a far pregare per i nostri fratelli cristiani libanesi: che essi abbiano il coraggio di credere nell'avvenire e dunque si stringano sempre più attorno ai loro vescovi per portare come Chiesa il nome di Dio ai loro cittadini.
In un Libano ancora in preda a divisioni e ad esclusivismi di ogni sorta, è di capitale importanza che la comunità cristiana appaia come fermento di unità e di riconciliazione.
Preghiamo anche per i nostri fratelli libanesi non cristiani che, insieme con i loro concittadini che professano la fede in Cristo, hanno contribuito a scrivere la storia del Libano, terra di incontro e di dialogo.
Com'è possibile che uomini che vivono sulla medesima terra e si riconoscono figli di uno stesso Dio non siano in grado di superare i tristi episodi di violenza e di vendetta per volgere insieme lo sguardo verso un avvenire da costruire?
Quale disastro per il mondo se gli uni e gli altri arrivassero ad escludersi in nome della religione!
Per parte loro, i cristiani del mondo arabo si sono sempre sentiti di casa in questa regione nella quale hanno contribuito alla diffusione di un messaggio di cultura e di progresso di cui tutti sono stati beneficiari.
Preghiamo infine il Signore perché egli ispiri agli amici del Libano ovunque nel mondo, in particolare quelli ai quali competono responsabilità al livello delle decisioni politiche.
Che nessuno ceda alla stanchezza, ma che tutti siano disposti a continuare ad aiutare il Libano a ritrovare la sua fisionomia originale!
Tutti coloro che amano questo Paese devono aiutare i libanesi a ricostruirlo con i loro propri sforzi, attorno alle legittime autorità: perché questo avvenga, ciascuno dev'essere pronto, in Libano e altrove, a sacrificare i propri interessi perché trionfi il bene comune.
Vi affido queste riflessioni, venerati fratelli, perché questo messaggio inviato ai libanesi sia anche quello che voi stessi e coloro di cui voi avete la responsabilità pastorale rivolgete loro.
A somiglianza dei nostri primi fratelli nella fede che, dopo la risurrezione del Signore, erano "tutti assidui e concordi nella preghiera… con Maria, la Madre di Gesù" ( At 1,14 ), noi ci uniamo alla supplica della Chiesa in Libano perché le sia data la grazia di attingere dalla croce di Cristo, che essa porta nella propria carne, la forza di vivere l'oggi di Dio e il suo ideale di fraternità e di riconciliazione.
Noi desideriamo anche ripetere ai libanesi non cristiani la nostra stima e preghiamo Dio che li illumini perché sappiano resistere alla tentazione delle separazioni e della diffidenza che esse generano così facilmente.
Dio doni a ciascuno abbastanza coraggio e fede perché l'uomo sia vincitore delle tenebre!
Non sarà del resto la prima volta che i libanesi avranno sfidato la prova e l'incertezza.
All'intercessione della Vergine santissima noi affidiamo questi voti e queste preghiere perché il Libano torni presto ad essere per i popoli della regione e del mondo un segno di speranza offerto a tutti.
Con un particolare affetto nel Signore, vi accordo la mia benedizione postolica.
Giovanni Paolo II