V centenario dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo |
4 Non è mia intenzione percorrere adesso la storia degli inizi dell'evangelizzazione del Continente, e nemmeno dare un giudizio sulle vicende accadute allora.
La commemorazione del V Centenario è una occasione adatta per uno studio storico rigoroso, un giudizio equo ed un bilancio oggettivo di quell'impresa singolare, che deve essere vista nella prospettiva del suo tempo e con una chiara coscienza ecclesiale.
Voglio, comunque, ribadire il giudizio globalmente positivo sull'operato dei primi evangelizzatori che erano in gran parte membri di Ordini religiosi.
Molti di loro hanno dovuto lavorare in circostanze difficili e, nella pratica, inventare nuovi metodi di evangelizzazione, proiettati verso popoli e genti di culture diverse.
Il processo evangelizzatore fu disuguale, sia nello spazio che nel tempo, nella sua intensità come nella sua profondità di penetrazione nei diversi settori della società latinoamericana.
Infatti, quando determinati territori erano già quasi interamente cristianizzati, altri iniziavano appena la lenta marcia della costruzione della chiesa locale.
Per di più, in alcune regioni per molto tempo non è stato facile delimitare la Chiesa già saldamente costituita dai territori di missione.
Con frequenza si battezzava senza aver prima impartito un'adeguata catechesi circa i misteri della nostra fede, cioè, senza la necessaria evangelizzazione.
Bisogna però notare che nella valorizzazione delle attività dei missionari d'allora non possiamo applicare i criteri e le norme pastorali attuali, che cinque secoli fa erano impensabili.
D'altra parte, non si possono non considerare determinate limitazioni per così prendere consapevolezza del bisogno di continuare l'attività iniziata, giacché l'evangelizzazione è missione permanente della Chiesa in ogni tempo e luogo, fino a quando il Signore tornerà per instaurare definitivamente il suo regno.
5 È vero che gli evangelizzatori hanno dovuto superare difficoltà di diverso ordine, dovute a fattori umani che ritardarono il loro lavoro apostolico e in alcune occasioni lo ostacolarono seriamente.
Molti dei missionari, infatti, ispirati dalla loro fedeltà al Vangelo, si sono visti obbligati ad "alzare la loro voce profetica contro gli eccessi dei colonizzatori" che cercavano il loro interesse calpestando i diritti delle persone che avrebbero dovuto rispettare ed amare come fratelli.
Quando nel 1979 sono venuto per la prima volta nella vostra terra latinoamericana, ho voluto rendere omaggio a questi araldi del Vangelo, a "quei religiosi che sono venuti ad annunciare Cristo Salvatore, a difendere la dignità degli indigeni, a proclamarne i diritti inviolabili, a favorirne la promozione integrale, ad insegnare la fratellanza come uomini e come figli dello stesso Signore e Padre Dio".
Tra questi "intrepidi lottatori per la giustizia, evangelizzatori della pace", come li definisce il documento di Puebla, si debbono ricordare Antonio di Montesino, Bartolomé de las Casas, Juan de Zumarraga, Toribio de Benavente "Motolinía", Vasco de Quiroga, Juan del Valle, Julián Garcés, José de Anchieta, Manuel da Nóbrega e tanti altri che, con un profondo senso ecclesiale, hanno difeso gli indigeni dai conquistatori, pagando anche col sacrificio della propria vita, come nel caso del Vescovo Antonio Valdivieso.
Ci furono poi altri religiosi che sostennero dalla Spagna il lavoro dei loro confratelli missionari.
Tra loro ricordiamo Francisco de Vitoria e Domingo de Soto, che hanno saputo tracciare le linee maestre del diritto degli indigeni, aprendo la via al futuro diritto internazionale dei popoli.
6 La più grande testimonianza dei primi missionari fu il loro amore eroico a Cristo, che li portò a donarsi senza limiti in favore dei loro fratelli indigeni.
Cos'altro potevano andare a cercare quando lasciavano le loro famiglie, la loro patria intraprendevano un viaggio che d'ordinario era senza ritorno?
La fede li spingeva a lanciarsi in una grande avventura; una fede simile a quella di Abramo, che rispose alla chiamata del Signore, lasciando la sua terra e la sua gente ( Gen 12,1-4 ).
Nella consegna di questi religiosi alla predicazione e instaurazione del Regno di Cristo si riflette, come in un libro vivente, l'eco della confessione dell'Apostolo: "Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero…..
Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli.
Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.
Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro" ( 1 Cor 9,19.22-23 ).
7 Alcuni pionieri dell'evangelizzazione hanno voluto vivere sin dal primo momento tra gli indigeni, per imparare la loro lingua e adattarsi alle loro abitudini.
Altri hanno promosso la formazione di catechisti e collaboratori che facevano loro da interpreti, mentre nel frattempo tentavano de capire la loro lingua, conoscere la loro storia e la loro cultura, come testimoniano i primi storici dell'evangelizzazione, tra cui Bernardino de Sahagún.
Grazie a questa loro convivenza con gli indigeni molti missionari sono diventati falegnami, costruttori di case e templi, maestri di scuola e apprendisti della cultura autoctona, oltre che promotori di un artigianato originale che presto sarebbe stato messo al servizio della fede e del culto cristiano.
La chiesa rende grazie al Signore per aver suscitato tante vocazioni missionarie negli Ordini e Istituti religiosi, che furono i portatori della fede cristiana e di "un grande amore ai nativi".
Pur non assimilando molti degli aspetti della cultura che veniva loro imposta, gli indigeni si aprivano sinceramente al messaggio salvatore.
Ciò si deve al fatto che tra le loro credenze e i loro costumi si trovava quelli che i Padri della Chiesa chiamano "i semi del Verbo", cioè i raggi della sua luce, presenti nella mente e nel cuore di quei popoli, in attesa di essere fecondati ed arricchiti con la predicazione della parola e l'effusione dello Spirito Santo.
8 Ciò favorì che un gran numero d'indigeni si convertissero al cristianesimo, mossi dalla grazia di Dio e dalla forza persuadente della Buona Novella.
Fu così che il Vangelo impregnò la fede e la vita dei nativi in America Latina producendo genuini valori spirituali e umani.
Nei miei viaggi apostolici, io stesso ho potuto constatare questi valori del cristianesimo latinoamericano.
Così, tra luci e ombre - più luci che ombre, se pensiamo ai frutti duraturi della fede e della vita cristiana nel Continente - la prima semina della parola di vita, nata da tante fatiche e sacrifici, evoca i sentimenti dell'Apostolo, che furono il motto di tanti missionari "Avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita" ( 1 Ts 2,8 ).
Molti di quei semi continuano ad essere fecondi nei valori religiosi della maggior parte del Continente della speranza, particolarmente la pietà popolare con cui vengono celebrati i misteri della nostra fede.
I frutti della prima evangelizzazione si sono rafforzati nel trascorrere dei secoli e sono caratteristici del cattolicesimo del popolo latinoamericano, che brilla anche per il suo profondo senso comunitario, il suo anelito di giustizia sociale, la sua fedeltà alla Chiesa, la sua profonda pietà mariana e il suo amore al Successore di Pietro.
9 L'evangelizzazione iniziale fu indirizzata anzitutto ai popoli indigeni che in alcuni luoghi avevano una cultura notevolmente sviluppata.
In ogni modo, si trattava di realizzare una "inculturazione" del Vangelo.
In seguito, man mano che aumentava il numero di immigrati venuti dall'Europa, l'opera evangelizzatrice dei missionari doveva essere sempre più rivolta ad una società mista, dalla quale prende origine l'attuale società latinoamericana con la sua ricca varietà di razze, tradizioni e costumi.
La cultura cristiana è rimasta impressa non soltanto nei sentimenti umani e nelle diverse devozioni della pietà popolare, ma anche nelle molteplici espressioni dell'arte sacra coloniale, nella quale si distinsero straordinari artisti indigeni, la maggior parte dei quali anonimi.
Nel lungo e non facile cammino della Chiesa in America Latina, segnato da significativi avvenimenti storici - non soltanto all'epoca della colonizzazione, ma anche durante il processo d'indipendenza e nei più recenti avvenimenti politici di questo secolo - gli Istituti religiosi hanno avuto un ruolo molto importante.
Essi hanno collaborato con la gerarchia locale nel consolidamento dell'evangelizzazione e nell'impianto delle strutture ecclesiali, nella promozione delle vocazioni autoctone e nella fioritura di nuovi carismi di vita consacrata, nati e radicati nella propria cultura per affrontare nuovi compiti apostolici.
10 In questo breve cenno storico non posso fare a meno di sottolineare un elemento chiave, frutto maturo dell'evangelizzazione, cioè la santità di molti figli e figlie della Chiesa latinoamericana.
In questa si sono formati veri modelli di santità, che la guidano con il loro esempio e la sostengono con la loro intercessione.
Molti di questi beati appartengono a diversi Istituti religiosi.
Alcuni, provenienti soprattutto dalla Spagna, spesero la loro vita e il loro lavoro missionario in queste terre e con ragione possono essere annoverati tra i santi latinoamericani.
Altri, la maggior parte, erano figli nativi del vostro popolo ed appartenevano ai più diversi strati sociali.
Ve ne furono all'inizio dell'evangelizzazione, nei secoli successivi e perfino quasi ai nostri giorni; alcuni di loro sono stati anche fondatori di nuove famiglie religiose.
In questa mirabile schiera di santi e beati mi compiaccio nel ricordare, come esempio di vita consacrata, Pedro Calver, Francisco Solano, Luis Beltrán, Juan Macías, Rosa da Lima, Martín de Porres, Felipe de Jesús, Mariana de Jesús Paredes, Miguel Febres, Roque González e compagni martiri, Pedro de san José Betancurt, Ezequiel Moreno, Anna de los Angeles Monteagudo, Teresa de los Andes, Miguel Pr.
Questi ed altri santi sono la più pregiata ricchezza del cristianesimo del Nuovo Mondo, modelli e stimolo per le future generazioni di religiosi e religiose che non possono dimenticare che sono chiamati a dare una testimonianza personale e comunitaria di santità nella Chiesa.
11 Insieme al ricordo della prima evangelizzazione e dei suoi frutti abbondanti di vita cristiana, è il caso di mettere anche in risalto la significativa azione dei religiosi nell'impianto della gerarchia ecclesiastica.
Infatti, è ormai saputo che per un certo periodo, la maggior parte dei Pastori delle prime sedi episcopali del continente, furono religiosi.
Essi diedero, dunque un'apportazione decisiva alla fondazione delle comunità ecclesiali nel Nuovo Mondo.
Tra quei pastori possiamo ricordare Frate Pedro Suárez de Deza, che iniziò la costruzione della prima cattedrale del vostro Continente; i pionieri della gerarchia messicana Frate Juan de Zumárraga e Frate Julián Garcés, i quali ricevettero il titolo di "Protettori degli Indios"; Frate Jerónimo Loaysa, promotore dei primi sinodi di Lima, di grande importanza per l'impianto della Chiesa in America.
Non bisogna dimenticare inoltre che tra quei primi Pastori vi sono state delle figure notevoli del clero secolare spagnolo, tra cui Santo Toribio de Mogrovejo, Arcivescovo di Lima, patrono dell'Episcopato Latinoamericano.
12 Questo rapido sguardo storico sulla vita ecclesiale d'America Latina suscita in me un sentimento di "viva gratitudine al Signore per il lavoro di tanti religiosi e religiose" che hanno piantato il seme del Vangelo di Cristo.
Allo stesso tempo, desidero dirigere a tutti voi, cari religiosi e religiose latinoamericani, un cordiale "invito ad emulare la generosità e quella dei primi evangelizzatori".
Precisamente perché anche nel mezzo delle difficoltà dell'ora presente, l'America Latina rimane fedele alla fede cattolica nel cuore delle sue genti, la Chiesa intera fissa lo sguardo su di essa, come Continente della speranza.
E poiché in molti luoghi i religiosi e le religiose hanno una presenza maggioritaria e qualificata tra gli agenti della pastorale che mantengono pulsante la vitalità delle comunità ecclesiali, "da loro dipende in gran misura la realizzazione di questa speranza della Chiesa".
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