Giovedì, 9 gennaio 2014
Il vero amore non è quello delle telenovele.
Non è fatto di illusioni.
Il vero amore è concreto, punta sui fatti e non sulle parole; sul dare e non sulla ricerca di vantaggi.
La ricetta spirituale per vivere l'amore fino in fondo è nel verbo « rimanere », un « doppio rimanere: noi in Dio e Dio in noi ».
Papa Francesco, nella messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta giovedì mattina, 9 gennaio, ha indicato nella persona di Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto uomo, il fondamento unico del vero amore.
È questa verità, ha detto, « la chiave per la vita cristiana », « il criterio » dell'amore.
Come di consueto il Pontefice ha preso le mosse per la sua meditazione dalla liturgia del giorno, in particolare dalla prima lettura ( 1 Gv 4,11-18 ) dove si trova più volte una parola decisiva: « rimanere ».
L'apostolo Giovanni, ha detto il Papa, « ci dice tante volte che dobbiamo rimanere nel Signore.
E ci dice anche che il Signore rimane in noi ».
In sostanza afferma « che la vita cristiana è proprio "rimanere", questo doppio rimanere: noi in Dio e Dio in noi ».
Ma « non rimanere nello spirito del mondo, non rimanere nella superficialità, non rimanere nella idolatria, non rimanere nella vanità.
No, rimanere nel Signore! ».
E il Signore, ha spiegato il Papa, « contraccambia questo » nostro atteggiamento e così « Lui rimane in noi ».
Anzi è « prima Lui a rimanere in noi » che, invece, « tante volte lo cacciamo via » e così « non possiamo rimanere in Lui ».
« Chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui » scrive ancora Giovanni che, ha affermato il Papa, ci dice in pratica come « questo rimanere è lo stesso di rimanere nell'amore ».
Ed è una « cosa bella sentire questo dell'amore! » ha aggiunto, mettendo però in guardia: « Guardate che l'amore di cui parla Giovanni non è l'amore delle telenovele!
No, è un'altra cosa! ».
Infatti, ha spiegato il Pontefice, « l'amore cristiano ha sempre una qualità: la concretezza.
L'amore cristiano è concreto.
Lo stesso Gesù, quando parla dell'amore, ci parla di cose concrete: dare da mangiare agli affamati, visitare gli ammalati ».
Sono tutte « cose concrete » perché, appunto « l'amore è concreto ».
È « la concretezza cristiana ».
Papa Francesco ha quindi avvertito: « quando non c'è questa concretezza » si finisce per « vivere un cristianesimo di illusioni, perché non si capisce bene dove è il centro del messaggio di Gesù ».
L'amore « non arriva a essere concreto » e diventa « un amore di illusioni ».
È una « illusione » anche quella che « avevano i discepoli quando, guardando Gesù, credevano che fosse un fantasma » come racconta il passo evangelico di Marco ( Mc 6,45-52 ).
Ma, ha commentato il Papa, « un amore di illusioni, non concreto, non ci fa bene ».
« Ma quando succede questo? » è la domanda posta dal Papa per comprendere come si cada nell'illusione e non nella concretezza.
E la risposta, ha detto, si trova chiarissima nel Vangelo.
Quando i discepoli pensano di vedere un fantasma, ha spiegato il Pontefice citando il testo, « dentro di sé erano fortemente meravigliati perché non avevano compreso il fatto dei pani, la moltiplicazione dei pani: il loro cuore era indurito ».
E « se tu hai il cuore indurito, non puoi amare.
E pensi che l'amore è figurarsi cose.
No, l'amore è concreto! ».
C'è un criterio fondamentale per vivere davvero l'amore.
« Il criterio del rimanere nel Signore e il Signore in noi - ha affermato il Papa - e il criterio della concretezza cristiana è lo stesso, sempre: il Verbo è venuto in carne ».
Il criterio è la fede nell'« incarnazione del Verbo, Dio fatto uomo ».
E « non c'è un cristianesimo vero senza questo fondamento.
La chiave della vita cristiana è la fede in Gesù Cristo Verbo di Dio fatto uomo ».
Papa Francesco ha anche suggerito il modo di « conoscere » lo stile dell'amore concreto, spiegando che « ci sono alcune conseguenze di questo criterio ».
Ne ha proposte due.
La prima è che « l'amore è più nelle opere che nelle parole.
Lo stesso Gesù l'ha detto: non quelli che mi dicono "Signore Signore", che parlano tanto, entreranno nel Regno dei cieli; ma quelli che fanno la volontà di Dio ».
L'invito è dunque a essere « concreti » facendo « le opere di Dio ».
C'è una domanda che ciascuno deve porre a se stesso: « Se io rimango in Gesù, rimango nel Signore, rimango nell'amore, cosa faccio - non cosa penso o cosa dico - per Dio o cosa faccio per gli altri? ».
Dunque « il primo criterio è amare con le opere, non con le parole ».
Le parole, del resto, « le porta via il vento: oggi ci sono, domani non ci sono ».
Il « secondo criterio di concretezza » proposto dal Papa « è: nell'amore è più importante dare che ricevere ».
La persona « che ama dà, dà cose, dà vita, dà se stesso a Dio e agli altri ».
Invece la persona « che non ama e che è egoista cerca sempre di ricevere.
Cerca sempre di avere cose, avere vantaggi.
Ecco, allora, il consiglio spirituale di « rimanere col cuore aperto, non come era quello dei discepoli che era chiuso » e li portava a non capire.
Si tratta, ha affermato ancora il Papa, di « rimanere in Dio » così « Dio rimane in noi.
E rimanere nell'amore ».
L'unico « criterio per rimanere è nella nostra fede in Gesù Cristo Verbo di Dio fatto carne: proprio il mistero che celebriamo in questo tempo ».
E ha poi riaffermato che « le due conseguenze pratiche di questa concretezza cristiana, di questo criterio, sono che l'amore è più nelle opere che nelle parole; e che l'amore è più nel dare che nel ricevere ».
Proprio « guardando il Bambino, in questi tre ultimi giorni del tempo di Natale », guardando il Verbo che si è fatto carne, Papa Francesco ha concluso l'omelia invitando a rinnovare « la nostra fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo.
E chiediamo la grazia - ha auspicato - che ci dia questa concretezza di amore cristiano per rimanere sempre nell'amore » e dunque facendo in modo « che Lui rimanga in noi ».