Giovedì, 24 aprile 2014
Ci sono tanti cristiani che hanno « paura della gioia ».
Cristiani « pipistrelli », li ha definiti « con un po' di umorismo » Papa Francesco, i quali vanno in giro con le « facce da funerale » muovendosi nell'ombra invece di puntare « alla luce della presenza del Signore ».
Il filo conduttore della meditazione proposta dal Pontefice durante la messa celebrata giovedì 24 aprile nella cappella della Casa Santa Marta è stato proprio il contrasto tra i sentimenti provati dagli apostoli dopo la risurrezione del Signore: da una parte la gioia di pensarlo risorto e dall'altra la paura di vederlo di nuovo in mezzo a loro, di entrare in contatto reale con il suo mistero vivente.
Prendendo spunto dal passo evangelico di Luca ( Lc 24,35-48 ) proposto dalla liturgia, il Papa ha ricordato infatti che « la sera della risurrezione i discepoli raccontavano quello che loro avevano visto »: i due discepoli di Emmaus parlavano dell'incontro con Gesù lungo la strada e così anche Pietro.
Insomma, « tutti erano contenti, perché il Signore era risorto: erano sicuri che il Signore era risorto ».
Ma proprio « mentre parlavano », racconta il Vangelo, « Gesù in persona stette in mezzo a loro » e li salutò dicendo: « Pace a voi ».
In quel momento, ha notato il Pontefice, è successo tutto il contrario di quello che ci si sarebbe potuti aspettare: altro che pace.
Il Vangelo infatti descrive gli apostoli « sconvolti e pieni di paura ».
Essi « non sapevano cosa fare e credevano di vedere un fantasma ».
Così, ha proseguito il Papa, « tutto il problema di Gesù è dirgli: ma, guardate, io non sono un fantasma, toccatemi, guardate le piaghe! ».
« C'è un parola in questo brano del Vangelo - ha chiarito il Santo Padre - che ci spiega bene cos'era successo in quel momento ».
Si legge nel testo: « Ma poiché per la gioia non credevano … ».
Questo è il punto focale: i discepoli « non potevano credere perché avevano paura della gioia ».
Gesù infatti « li portava alla gioia: la gioia della risurrezione, la gioia della sua presenza fra loro ».
Ma proprio questa gioia diventa per loro « un problema per credere: per la gioia non credevano ed erano pieni di stupore ».
In sostanza i discepoli « preferivano pensare che Gesù fosse un'idea, un fantasma, ma non la realtà ».
E « tutto il lavoro di Gesù era far capire che era realtà: "Datemi da mangiare, toccatemi, sono io!
Un fantasma non ha carne, non ha corpo, sono io!" ».
Inoltre, ha aggiunto il Papa, « pensiamo che questo accade dopo che alcuni di loro lo avevano visto durante la giornata: erano sicuri che fosse vivo.
Poi cos'è successo non si sa … ».
Il passo evangelico suggerisce, ha spiegato il Pontefice, che « la paura della gioia è una malattia del cristiano ».
Anche noi « abbiamo paura della gioia » e diciamo a noi stessi che « è meglio pensare: sì, Dio esiste, ma è la, Gesù è risorto, è là! »
Come a dire: manteniamo « un po' di distanza »
E così « abbiamo paura della vicinanza di Gesù, perché questo ci dà gioia ».
Tale atteggiamento spiega anche perché ci sono « tanti cristiani da funerale », la cui « vita sembra un funerale continuo ».
Cristiani che « preferiscono la tristezza e non la gioia; si muovono meglio non nella luce della gioia, ma nelle ombre ».
Proprio « come quegli animali - ha specificato il Papa - che riescono a uscire soltanto nella notte ma alla luce del giorno non vedono niente.
Come i pipistrelli!
E con un po' di senso dell'umorismo possiamo dire che ci sono "cristiani pipistrelli", che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore ».
« Abbiamo paura della gioia - ha proseguito il Pontefice - e Gesù, con la sua risurrezione, ci dà la gioia: la gioia di essere cristiano, la gioia di seguirlo da vicino, la gioia di andare sulle strade delle beatitudini, la gioia di essere con lui ».
Invece « noi, tante volte, o siamo sconvolti quando ci viene questa gioia o pieni di paura; o crediamo di vedere un fantasma o pensiamo che Gesù è un modo di agire ».
Tanto che ci diciamo: « Ma noi siamo cristiani e dobbiamo fare così! ».
E poco importa che Gesù non ci sia.
Ci si dovrebbe piuttosto chiedere: « Ma tu parli con Gesù?
Tu gli dici: Gesù, io credo che tu vivi, che tu sei risorto, che tu sei vicino a me, che tu non mi abbandoni? ».
È questo il « dialogo con Gesù » proprio della vita cristiana, animato dalla consapevolezza che « Gesù sempre è con noi, è sempre con i nostri problemi, con le nostre difficoltà e con le nostre opere buone ».
Perciò, ha ribadito il Pontefice, bisogna superare « la paura della gioia » e pensare a quante volte « noi non siamo gioiosi perché abbiamo paura ».
Come i discepoli che, ha spiegato il Papa, « erano stati sconfitti » dal mistero della croce.
Da qui la loro paura.
« E nella mia terra - ha aggiunto - c'è un detto che dice così: quando uno si brucia col latte bollente, dopo quando vede la mucca piange ».
E così i discepoli, « bruciati col dramma della croce, hanno detto: no, fermiamoci qui!
Lui è in cielo, va benissimo, è risorto, ma che non venga un'altra volta qui perché non ce la facciamo! ».
Papa Francesco ha concluso la sua meditazione invocando il Signore perché « faccia con tutti noi quello che ha fatto con i discepoli che avevano paura della gioia: aprire la nostra mente ».
Si legge infatti nel Vangelo: « Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture ».
Dunque, ha auspicato il Papa, « che il Signore apra la nostra mente e ci faccia capire che lui è una realtà vivente, che lui ha corpo, che lui è con noi e che lui ci accompagna, che lui ha vinto: chiediamo al Signore la grazia di non avere paura della gioia ».