Lunedì, 1° giugno 2015
Dio dà sempre vita a una « storia d'amore » con ciascuno di noi.
E nonostante quelli che sembrano essere « fallimenti », piccoli e grandi, alla fine quel « sogno d'amore » vince.
Proprio questo nostro cammino su una « strada difficile », con un Dio che salva attraverso ciò che è scartato, è stato riproposto da Francesco nella messa celebrata lunedì mattina, 1 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta.
Per il Papa, la parabola dei contadini e del padrone della vigna, raccontata da Marco nel passo evangelico ( Mc 12,1-12 ) proposto dalla liturgia, « è un riassunto della storia di salvezza che Gesù fa - come abbiamo sentito - ai capi dei sacerdoti, agli scribi, agli anziani: cioè alla dirigenza del popolo di Israele, a quelli che avevano in mano il governo del popolo, a quelli che avevano in mano la promessa di Dio ».
Ed « è una bella parabola », ha fatto notare Francesco, che « incomincia con un sogno, un progetto di amore: quell'uomo che pianta la vigna, la circonda con una siepe, scava la buca per il torchio » e costruisce una torre.
È « tutto fatto con amore ».
L'uomo infatti « amava questo germoglio di vigna » e così « la dà in affitto, la consegna » perché dia frutti.
Poi « al momento opportuno manda un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto e incomincia tutto quello che abbiamo sentito: a uno lo bastonano, a un altro lo picchiano, a un altro lo uccidono ».
Alla fine « manda suo figlio » ma quei contadini « lo uccidono: così finisce la storia ».
In fin dei conti, ha spiegato il Papa, « questa storia che sembra una storia d'amore, che doveva andare avanti con passi d'amore fra Dio e il suo popolo », appare invece « una storia di fallimenti ».
A tal punto che « Dio - il Padre del popolo, che prende questo popolo per sé perché è un popolo piccolo e lo ama, sogna con amore - sembra fallire ».
E « questa storia di salvezza ben può essere chiamata storia del fallimento ».
Ma « il fallimento - ha detto il Pontefice - inizia dal primo momento e anche in questo fallimento del sogno di Dio, dall'inizio, c'è il sangue - il sangue di Abele - e da lì continua: il sangue di tutti i profeti che sono andati a parlare al popolo, ad aiutare a custodire la vigna, fino al sangue del suo Figlio ».
Però, ha aggiunto Francesco, « c'è alla fine una parola di Dio, che ci fa pensare ».
« Che cosa farà dunque il padrone della vigna? » si è chiesto Francesco.
E ha risposto: « Verrà e metterà il popolo davanti al giudizio ».
A questo proposito Gesù dice « una parola che sembra un po' fuori luogo: "Non avete letto questa Scrittura?
La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi" ».
Il Papa ha dunque messo in chiaro che « quella storia di fallimento si rovescia e quello che è stato scartato diviene la forza ».
Così « i profeti, gli uomini di Dio che hanno parlato al popolo, che non sono stati ascoltati, che sono stati scartati, saranno la sua gloria ».
E « il Figlio, l'ultimo inviato, che è stato proprio scartato, giudicato, non ascoltato e ucciso, è diventato la pietra d'angolo ».
Ecco, allora, che « questa storia, che incomincia con un sogno d'amore e sembra essere una storia d'amore, ma poi sembra finire in una storia di fallimenti, finisce con il grande amore di Dio, che dallo scarto tira fuori la salvezza; dal suo Figlio scartato, ci salva tutti ».
Per il Pontefice è un'esperienza bella « leggere nella Bibbia tanti, tanti lamenti di Dio ».
Del resto, « quando Dio parla al suo popolo dice: "Ma perché fai questo?
Ricordati di tutto quello che io ho fatto per te: come ti ho scelto, come ti ho liberato.
Ma perché mi fai questo?" ».
Il Padre, ha rimarcato Francesco, « si lamenta, piange anche ».
E « alla fine » c'è proprio « quel pianto di Gesù su Gerusalemme: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti" ».
Questa, ha spiegato, « è la storia di un popolo che non riesce a liberarsi da quella voglia che ha seminato Satana nei primi genitori: diventerete dei ».
È « un popolo che non sa ubbidire a Dio, perché vuole diventare dio » a sua volta.
Questo atteggiamento lo rende « un popolo chiuso, un popolo nel quale i ministri si irrigidiscono ».
Perciò, ha notato il Papa, « la fine di questo passo, che abbiamo letto, è triste », perché emerge « la rigidità di quei sacerdoti, di quei dottori della legge: cercavano di catturare Gesù per ucciderlo ma ebbero paura della folla ».
Infatti « avevano capito che lui aveva detto quella parabola contro di loro ».
E così « lo lasciarono e se ne andarono ».
« La via della nostra redenzione è una strada in cui non mancano tanti fallimenti » ha riconosciuto il Pontefice.
Tanto che « anche l'ultimo, quello della croce, è uno scandalo: ma proprio lì l'amore vince ».
E « quella storia che incomincia con un sogno d'amore, e continua con una storia di fallimenti, finisce nella vittoria dell'amore: la croce di Gesù ».
Francesco ha invitato a « non dimenticare questa strada », anche se « è una strada difficile ».
Ma « anche la nostra » è sempre una strada difficile.
Così « se ognuno di noi fa un esame di coscienza, vedrà quante volte ha cacciato via i profeti; quante volte ha detto a Gesù: "Vattene!"; quante volte ha voluto salvare se stesso; quante volte ha pensato di essere giusto ».
« L'amore di Dio col suo popolo si manifesta nel sacrificio del suo Figlio che adesso celebreremo un'altra volta, veramente », ha detto Francesco prima di riprendere la celebrazione eucaristica.
« E quando lui scende sull'altare e noi lo offriamo al Padre - ha aggiunto - ci farà bene fare memoria di questa storia d'amore che sembra fallire, ma alla fine vince ».
È importante dunque « fare memoria, nella storia della nostra vita, di quel seme d'amore che Dio ha seminato in noi ».
E di conseguenza « fare quello che ha fatto Gesù a nome nostro: si umiliò ».
Così anche a noi, ha concluso, « farà bene umiliarci davanti a questo Signore che adesso viene per celebrare con noi il memoriale della sua vittoria ».