Venerdì, 20 novembre 2015
Sollecitato dalla liturgia quotidiana, Francesco è tornato a parlare della Chiesa e dei rischi che corre quando si fa vincere dalla tentazione della mondanità: invece di essere fedele al Signore, si lascia sedurre dai soldi e dal potere.
Nell'omelia tenuta durante la messa a Santa Marta, venerdì 20 novembre, il Papa ha fatto notare come « in questi ultimi giorni » la Chiesa ci abbia fatto riflettere « sul processo di mondanità, di apostasia che finisce nella persecuzione ».
Le Scritture hanno proposto alla riflessione « quella mondanità del popolo di Dio che voleva cambiare l'alleanza con le usanze di tutta la gente pagana ».
Una deriva, ha spiegato il Pontefice, che porta al « pensiero unico »; e porta chi non vi aderisce a essere « perseguitato », dopo « tanti martiri » e « tante sofferenze ».
Un esempio, nelle letture dei giorni scorsi, si è trovato nella vicenda dell'anziano scriba Eleazar « che ha dato esempio, fino alla fine, della sua fedeltà alla legge ».
Nel brano tratto dal primo libro dei Maccabei ( 1 Mac 4,36-37.52-59 ) si legge come « questi pagani, questo spirito di mondanità » vennero sconfitti.
Subito Giuda e i suoi fratelli dissero: « Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo ».
Così, ha spiegato il Papa, tutto il popolo di Dio si sentì felice, perché si ritrovò « con la propria identità, quella dell'alleanza col Dio vivente; non quella della mondanità, che gli era stata proposta ».
E, ha notato, il tempio fu riconsacrato « fra canti, suoni di cetre, arpe, cimbali; tutto il popolo si prostrò con la faccia in terra.
Adorarono e benedissero il cielo che era stato loro propizio.
Celebrarono la dedicazione dell'altare con olocausti, con gioia e lode ».
Si legge in queste righe un « atteggiamento di festa ».
E, ha detto Francesco, « la festa è una cosa che la mondanità non sa fare, non può fare », perché « lo spirito mondano ci porta al massimo a fare un po' di divertimento, un po' di chiasso »; ma « la gioia soltanto viene dalla fedeltà all'alleanza e non da queste proposte mondane ».
« Lo stesso - ha sottolineato il Pontefice - accade a Gesù » quando andò al tempio e « si mise a scacciare quelli che vendevano.
Li ha cacciati via tutti, dicendo loro: "Sta scritto: la mia casa sarà casa di preghiera.
Voi, invece, ne avete fatto un covo di ladri" ».
È una situazione analoga: al « tempo dei Maccabei era proprio lo spirito mondano che aveva preso il posto dell'adorazione al Dio vivente », e pure qui incontriamo « lo spirito mondano », anche se « in un'altra maniera ».
All'epoca, ha spiegato Francesco richiamando il Vangelo di Luca ( Lc 19,45-48 ) letto poco prima, « i capi del tempio, i capi dei sacerdoti e gli scribi avevano cambiato un po' le cose.
Erano entrati in un processo di degrado e avevano reso impuro il tempio, avevano sporcato il tempio ».
Ma questo ha qualcosa da dire anche ai cristiani di oggi, perché « il tempio è un'icona della Chiesa ».
E, ha sottolineato il Papa, « la Chiesa sempre - sempre! - subirà la tentazione della mondanità e la tentazione di un potere che non è il potere che Gesù Cristo vuole per lei ».
Gesù non dice: « No, non si fa questo, fatelo fuori »; ma « Voi avete fatto un covo di ladri qui! ».
E, ha commentato il Pontefice, « quando la Chiesa entra in questo processo di degrado la fine è molto brutta. Molto brutta! ».
Francesco si è soffermato su questo concetto fondamentale, richiamando ancora le immagini dell'Antico testamento dove si vede « quel povero vecchio sacerdote » che era « lì, debole » e « lasciava che i suoi figli sacerdoti si corrompessero ».
È un pericolo attuale.
Infatti, ha detto il Papa, « sempre c'è nella Chiesa la tentazione della corruzione ».
Vi cade quando « invece di essere attaccata alla fedeltà al Signore Gesù, al Signore della pace, della gioia, della salvezza », essa « si lascia sedurre dai soldi e dal potere ».
Come si legge nel Vangelo del giorno, dove i « capi dei sacerdoti, questi scribi erano attaccati ai soldi, al potere e avevano dimenticato lo spirito ».
Non solo.
« Per giustificarsi e dire che erano giusti, che erano buoni, avevano cambiato lo spirito di libertà del Signore con la rigidità ».
A tale riguardo, il Pontefice ha ricordato come Gesù, nel capitolo 23 di Matteo, parla proprio « di questa loro rigidità ».
Si vede che la gente, proprio come si leggeva nel brano dell'Antico testamento, « aveva perso il senso di Dio, anche la capacità di gioia, anche la capacità di lode: non sapevano lodare Dio, perché erano attaccati ai soldi e al potere, a una forma di mondanità ».
A questo punto il Papa ha continuato ad analizzare la scena evangelica, facendo notare come capi dei sacerdoti e scribi « si sono arrabbiati ».
Gesù non caccia loro dal tempio, ma quelli « che facevano affari, gli affaristi del tempio »; tuttavia « i capi dei sacerdoti e gli scribi erano collegati con loro », perché evidentemente ricevevano soldi da loro.
C'era, ha detto Francesco, la « santa tangente ».
E questi « erano attaccati ai soldi e veneravano questa "santa" ».
Nel Vangelo si leggono parole molto forti e si dice che i capi dei sacerdoti, gli scribi e i capi del popolo « cercavano di farlo morire ».
Lo stesso era accaduto al tempo di Giuda Maccabeo.
« E perché? » si è chiesto il Pontefice, spiegando la difficoltà in cui si dibatteva chi osteggiava Gesù: « Non sapevano che cosa fare perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo ».
La forza di Gesù, quindi, « era la sua parola, la sua testimonianza, il suo amore.
E dove c'è Gesù, non c'è posto per la mondanità, non c'è posto per la corruzione ».
Tutto questo parla chiaro anche oggi: « questa è la lotta di ognuno di noi, questa è la lotta quotidiana della Chiesa », che è chiamata a stare « sempre con Gesù ».
E i cristiani devono essere « sempre pendenti dalle sue labbra, per sentire la sua parola; e mai cercare sicurezze dove ci sono cose di un altro padrone ».
Del resto, « non si può servire due padroni: o Dio o le ricchezze; o Dio o il potere ».
Ecco perché, ha concluso Francesco, « ci farà bene pregare per la Chiesa, pensare ai tanti martiri di oggi che, per non entrare in questo spirito di mondanità, di pensiero unico, di apostasia, soffrono e muoiono. Oggi! ».
E ricordando che « oggi ci sono più martiri nella Chiesa che nei primi tempi », ha esortato: « Ci farà bene pensare a loro, e anche chiedere la grazia » di non entrare mai « in questo processo di degrado verso la mondanità che ci porta all'attaccamento ai soldi e al potere ».