Giovedì, 19 maggio 2016
La meditazione sul giusto rapporto che il cristiano deve avere con il denaro, con la ricchezza, ha portato Papa Francesco, durante la messa celebrata a Santa Marta giovedì 19 maggio, a denunciare le « schiavitù di oggi » e chi, approfittando della diffusa mancanza di lavoro, « sfrutta la gente » e la costringe ad accettare contratti iniqui, in nero.
Trafficanti che « ingrassano in ricchezza » e vivono come « vere sanguisughe », vivono « del sangue della gente.
E questo è peccato mortale », ha commentato con parole dure.
Del resto hanno preso il via dalla lettura tratta dalla lettera dell'apostolo Giacomo ( Gc 5,1-6 ) dal Papa stesso definita « un pochettino forte ».
Evidentemente, ha fatto notare Francesco, « l'apostolo aveva capito il pericolo che c'è quando un cristiano si lascia comandare dalle ricchezze » e per questo nel suo testo « non risparmia parole: è diretto e chiaro » e scrive: « Ora voi ricchi piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi.
Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme ».
« Cosa penserà un ricco che sente questo »?
Per la verità, ha spiegato il Papa, se andiamo a vedere « cosa ci insegna la Parola di Dio sulle ricchezze », capiamo che « le ricchezze in se stesse sono buone », tant'è che Dio stesso dà all'uomo il compito di prosperare ( « Crescete e moltiplicatevi, riempite la Terra, assoggettatela » ).
E anche nella Bibbia « troviamo tanti uomini giusti ricchi ».
Il Pontefice ne ha ricordati alcuni: di Giobbe, ad esempio, si trova l'elenco « di tutte le ricchezze che Dio gli dà »; ma possiamo anche ricordare Tobia, Gioacchino, il marito di Susanna.
A tanti « il Signore dà la ricchezza come una benedizione ».
Quindi « le ricchezze sono buone », ma, ha aggiunto Francesco, sono anche « relative ».
Infatti il Signore « loda Salomone per aver chiesto non ricchezze ma la saggezza del cuore per giudicare il popolo ».
Le ricchezze, cioè, « non sono una cosa assoluta ».
Alcuni invece, ha detto, credono « in quella che è chiamata la "teologia della prosperità", cioè Dio ti fa vedere che tu sei giusto se ti dà tante ricchezze ».
Ma « è uno sbaglio ».
Perciò anche il salmista dice: « Alle ricchezze non attaccare il cuore ».
Ed è proprio questo il « problema » che coinvolge ognuno di noi: « il mio cuore è attaccato alle ricchezze, o no?
Com'è il mio rapporto con la ricchezza? ».
A tale riguardo Gesù « parla di "servire": non si può servire Dio e le ricchezze; sono opposte.
In se stesse sono buone, ma se tu preferisci servire Dio, le ricchezze vengono in secondo piano: al giusto posto ».
Per farsi meglio comprendere, il Papa ha richiamato l'episodio evangelico del « giovane ricco che Gesù amò, perché era giusto », lui « era buono ma attaccato alle ricchezze e queste ricchezze alla fine per lui sono diventate catene che gli hanno tolto la libertà di seguire Gesù ».
È lo stesso problema che san Giacomo affronta nella sua lettera, dove « guarda quelli che considerano quasi le ricchezze come dio » e « vivono per le ricchezze! ».
A loro, duramente, l'apostolo scrive: « Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine.
La loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come fuoco.
Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni ».
Per chiarire che « il rapporto con la ricchezze che questa gente ha avuto è un rapporto cattivo », Giacomo usa parole che, ha sottolineato il Pontefice, sembrano scritte da uno che vive « oggi, in una delle nostre città del mondo: "Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente" ».
Punta il dito, cioè, contro quelle situazioni in cui « le ricchezze si fanno con lo sfruttamento della gente » e « quella povera gente diviene schiava ».
A questo punto Francesco ha invitato a pensare al mondo di oggi dove « accade lo stesso » e capita, ad esempio, che a chi cerca lavoro fanno un contratto « da settembre a giugno, senza possibilità di pensione, senza assicurazione sanitaria », poi lo sospendono per i mesi estivi, come se a luglio e ad agosto si mangiasse aria, quindi a settembre lo rifanno.
Quanti fanno questo, ha detto chiaramente il Papa, « sono vere sanguisughe e vivono dei salassi del sangue della gente che rendono » schiava del lavoro.
L'apostolo Giacomo faceva riferimento al lavoro dei mietitori, oggi più in generale, conosciamo la « schiavitù del lavoro ».
A tale proposito il Pontefice ha raccontato l'esperienza di una ragazza alla quale hanno proposto undici ore di lavoro al giorno con salario in nero a 650 euro mensili.
Di fronte alle sue proteste le hanno detto: « Ma guarda: guarda dietro di te la coda che c'è.
Se ti piace, prendilo, se no, vattene.
Ce ne sono altri che aspettano ».
Questi ricchi, ha commentato Francesco, « ingrassano in ricchezze » e sembrano gli stessi di cui l'apostolo scrive: « Vi siete ingrassati per il giorno della strage ».
E rivolgendosi idealmente a loro il Papa ha aggiunto: « Il sangue di tutta questa gente che avete succhiato » è « un grido al Signore, è un grido di giustizia ».
Coloro che si comportano in questa maniera, ha detto il Pontefice, sono dei « trafficanti » e « non se ne accorgono ».
Noi, ha spiegato, « pensavamo che gli schiavi non esistessero più: esistono.
È vero, la gente non va a prenderli in Africa per venderli in America: no.
Ma è nelle nostre città », è nello « sfruttamento della gente, lo sfruttamento non solo dei bambini, dei ragazzi », ma di « tutta la gente » che, nel lavoro, viene trattata « senza giustizia ».
Riflettendo su questi temi, il Papa ha anche richiamato la catechesi dell'udienza generale del giorno precedente, dedicata al ricco Epulone e Lazzaro.
Quel ricco, ha detto, « era nel suo mondo, non si accorgeva che dall'altra parte della porta della sua casa c'era qualcuno che aveva fame » e « lasciava che l'altro morisse ».
Qui invece, ha sottolineato, c'è di « peggio »: qui assistiamo all'« affamare la gente con il loro lavoro per il mio profitto!
Vivere del sangue della gente.
E questo è peccato mortale.
È peccato mortale.
E ci vuole tanta penitenza, tanta restituzione per convertirsi da questo peccato ».
A sostenere le dure parole dell'apostolo Giacomo, nella liturgia odierna, c'è anche il Salmo 48, « una bella meditazione, serena, sulla povertà - "Beati i poveri di spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli" », dove dei ricchi si legge in modo "chiaro" che questi « scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà di loro ogni traccia; gli Inferi saranno la loro dimora ».
A tale riguardo, il Pontefice ha raccontato un altro breve aneddoto ricordando « un uomo avaro » sul quale, quando morì, la gente scherzava: « "Il funerale è stato rovinato" – "perché?", dicevano.
"Eh, non avevano potuto chiudere la bara" – "Ma perché?"
– "Perché voleva prendere con sé tutto quello che aveva, e non poteva" ».
Nessuno, ha chiosato Francesco, « può portare con sé le proprie ricchezze ».
Concludendo l'omelia, il Papa ha invitato di nuovo a pensare a « questo dramma di oggi: lo sfruttamento della gente ».
E non solo ai traffici riguardanti la prostituzione o il lavoro minorile, ma a « quel traffico più - diciamo - "civilizzato" » per cui c'è chi dice: « Io ti pago fino a qua, senza vacanze, senza assicurazione sanitaria, tutto in nero … così io divento ricco! ».
E, richiamando un passo del Vangelo del giorno ( Mc 9,41-50 ), ha pregato il Signore affinché « ci faccia capire oggi quella semplicità che Gesù ci dice nel Vangelo di oggi: è più importante un bicchiere d'acqua in nome di Cristo che tutte le ricchezze accumulate con lo sfruttamento della gente ».