Venerdì, 9 settembre 2016
L'evangelizzazione si fa con la testimonianza e poi con la parola, stando ben attenti a non cadere nella tentazione di ridursi a funzionari che passeggiate o fanno proselitismo.
Rilanciando « lo stile » evangelizzatore di san Paolo, il suo « farsi tutto a tutti » senza cercare il vanto personale, nella messa celebrata venerdì mattina, 9 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta, Papa Francesco ha voluto anche riproporre la figura di san Pietro Claver, gesuita missionario tra i deportati.
« L'apostolo Paolo spiega ai cristiani di Corinto cosa è evangelizzare », ha subito affermato il Pontefice riferendosi alla prima lettura proposta dalla liturgia odierna ( 1 Cor 9,16-19.22-27 ).
« Anche noi - ha spiegato - possiamo oggi riflettere su cosa significa evangelizzare, perché noi cristiani siamo chiamati a evangelizzare, a portare il Vangelo, che significa dare testimonianza di Gesù Cristo ».
E Paolo, rivolgendosi appunto ai cristiani di Corinto, comincia così il suo ragionamento « Fratelli, cosa non è evangelizzare?
Annunciare il Vangelo non è per me un vanto ».
Dunque, non ci si deve certo vantare « di andare a evangelizzare: vado a fare questo, vado a fare quell'altro », quasi che evangelizzare sia « fare una passeggiata ».
Sarebbe come « ridurre l'evangelizzazione a una funzione: io ho questa funzione ».
E « sto parlando - ha fatto notare il Papa - di cose che succedono in qualche parrocchia nel mondo, quando il parroco ha sempre la porta chiusa ».
Può anche capitare, ha proseguito Francesco, di incontrare « laici che dicono "io faccio questa scuola di catechesi, faccio questo, questo, questo …" ».
Riducendo così quello « che loro chiamano evangelizzare a una funzione ».
Magari vantandosi dicendo: « io faccio questa funzione, sono un funzionario catechista, sono funzionario di questo, di quello, di quello … e poi continuo la mia vita ».
Ma questo è proprio l'atteggiamento di chi si vanta, ha insistito il Papa, « è ridurre il Vangelo a una funzione o anche a un vanto: "io vado a evangelizzare e ho portato in Chiesa tanti" ».
Già, ha proseguito, « anche fare proselitismo è un vanto ».
Invece, « evangelizzare non è fare proselitismo ».
Di più: evangelizzare non è mai « fare la passeggiata; ridurre il Vangelo a una funzione; fare proselitismo ».
Cosa significa davvero evangelizzare, ha spiegato il Pontefice, lo ripete efficacemente san Paolo: « Per me non è un vanto, per me è una necessità che mi si impone ».
Infatti, ha rilanciato il Papa riflettendo sulle espressione paoline, « un cristiano ha l'obbligo, ma con questa forza, come una necessità, di portare il nome di Gesù, ma dal proprio cuore ».
E ha scandito le chiare parole dell'apostolo: « Guai a me se non annuncio il Vangelo! ».
Un'ammonizione - « guai a te! » - che raggiunge quel cattolico che pensa: « Vado a messa, faccio questo e poi niente di più ».
Invece, ha messo in guardia Francesco, « se tu dici che sei cattolico, che hai ricevuto il battesimo, che sei cresimato o cresimata, devi andare oltre e portare il nome di Gesù: è un obbligo! ».
Le indicazioni concrete di Paolo, ha proseguito il Papa, portano a chiederci quale deve essere il nostro « stile dell'evangelizzazione ».
Insomma, « come posso essere sicuro di non fare la passeggiata, di non fare proselitismo e di non ridurre l'evangelizzazione a un funzionalismo?
Come posso capire qual è lo stile giusto? ».
La risposta la suggerisce sempre Paolo: « Lo stile è farsi tutto a tutti ».
Scrive infatti l'apostolo: « Mi sono fatto tutto per tutti ».
Significa, in sostanza, « andare e condividere la vita degli altri, accompagnare nel cammino della fede, far crescere nel cammino della fede ».
In pratica, ha spiegato Francesco, si tratta di comportarci come quando « si accompagna un bambino, per esempio: quando vogliamo che un bambino impari a parlare, non prendiamo I promessi sposi e gli diciamo: "Parla, leggi questo e parla!" ».
Piuttosto gli insegnamo a dire anzitutto « Mamma e papà ».
E così facendo, ha proseguito il Pontefice, « noi ci facciamo come bambini perché il bambino cresca ».
Ecco, ha rimarcato ancora il Papa, « con i fratelli dobbiamo fare lo stesso: stare alla condizione in cui è lui e se lui è ammalato, avvicinarmi, non ingombrarlo con argomenti; essere vicino, assisterlo, aiutarlo ».
Dunque, per rispondere alla domanda sullo stile da usare per annunciare il Vangelo, Francesco ha risposto che si evangelizza proprio « con questo atteggiamento di misericordia: farsi tutto a tutti », nella certezza che « è la testimonianza che porta la Parola ».
E in questa prospettiva, il Papa ha voluto condividere anche una confidenza personale: « Quando ero in Polonia, a Cracovia, a pranzo con i giovani nella giornata mondiale della gioventù, un giovane mi ha domandato: "Padre, cosa devo dire a un amico che è bravo - è bravo! - ma è ateo, non crede: cosa devo dirgli perché creda? ».
Questa, ha proseguito Francesco, « è una bella domanda, tutti noi conosciamo gente allontanata dalla Chiesa: cosa dobbiamo dire loro? ».
In quella occasione, ha ricordato, la sua risposta alla domanda di quel giovane è stata: « Senti, l'ultima cosa che devi fare è dire qualcosa!
Incomincia a fare e lui vedrà cosa tu fai e ti domanderà; e quando lui ti domanderà, tu di' ».
Insomma, ha affermato, « evangelizzare è dare questa testimonianza: io vivo così, perché credo in Gesù Cristo; io risveglio in te la curiosità della domanda "ma perché fai queste cose?" ».
E la risposta del cristiano deve essere questa: « Perché credo in Gesù Cristo e annuncio Gesù Cristo e non solo con la Parola - si deve annunciarlo con la Parola - ma soprattutto con la vita ».
Dunque « farsi tutto a tutti, andare dove tu ti trovi, nello stato di anima in cui tu sei, nello stato di crescita nel quale tu sei ».
Ecco cosa « è evangelizzare e anche questo si fa gratuitamente » ha spiegato il Papa.
Lo scrive Paolo: « Qual è la mia ricompensa?
Annunciare gratuitamente il Vangelo.
Gratuitamente perché?
Perché noi abbiamo ricevuto gratuitamente il Vangelo.
La grazia, la salvezza non si compra e neppure si vende: è gratis!
E gratis dobbiamo darla ».
Proprio « questa gratuità, questa testimonianza nell'annunciare Gesù Cristo - ha fatto presente Francesco - la vediamo in tanti uomini, donne, consacrate, consacrati, sacerdoti, vescovi, che si fanno tutto a tutti, gratuitamente ».
Una gratuità che si ritrova in tutta la storia della Chiesa.
« Oggi - ha infatti voluto ricordare il Papa - ricorre la memoria di san Pietro Claver, un missionario: è andato lontano ad annunciare il Vangelo.
Forse lui pensava che il suo futuro sarebbe stato predicare: nel suo futuro il Signore gli ha chiesto di essere vicino, accanto agli scartati di quel tempo, agli schiavi, ai negri, che arrivavano lì, dall'Africa, per essere venduti ».
E quest'uomo « non ha fatto la passeggiata dicendo che evangelizzava; non ha ridotto l'evangelizzazione a un funzionalismo e neppure a un proselitismo ».
San Pietro Claver « ha annunciato Gesù Cristo con i gesti, parlando agli schiavi, vivendo con loro, vivendo come loro ».
E « come lui nella Chiesa ce ne sono tanti che annientano se stessi per annunciare Gesù Cristo ».
Prima di riprendere la celebrazione, il Pontefice ha affermato che « anche tutti noi, fratelli e sorelle, abbiamo l'obbligo di evangelizzare, che non è bussare alla porta al vicino e alla vicina e dire: "Cristo è risorto!" ».
È anzitutto « vivere la fede, è parlarne con mitezza, con amore, senza voglia di convincere nessuno, ma gratuitamente ».
Perché evangelizzare « è dare gratis quello che Dio gratis ha dato a me ».