Giovedì, 24 novembre 2016
Una serie di suggerimenti biblici, e anche pratici, per saper davvero riconoscere e ascoltare « la voce del Signore » - senza cadere nella tentazione della corruzione e della mondanità, e riscoprendo la bellezza della preghiera silenziosa di adorazione - sono stati proposti da Papa Francesco durante la messa celebrata nella cappella della Casa Santa Marta giovedì mattina, 24 novembre.
« In quest'ultima settimana dell'anno liturgico - ha fatto subito notare il Papa - la Chiesa si impegna nel farci riflettere sulla fine, perché ci sarà una fine: una fine del mondo, una fine di ognuno di noi ».
E « la Chiesa vuole che noi riflettiamo su questo: come sarà la fine ».
In questi giorni, ha precisato, « abbiamo riflettuto seguendo le letture: oggi vorrei fermarmi soltanto, sempre seguendo le letture, su tre voci, tre voci che appaiono nella liturgia della parola: un grido, una voce potente e una voce sussurrata ».
La prima voce proposta da Francesco è, dunque, « il grido »: il riferimento è al grido « a gran voce » dell'angelo, come si legge nel brano tratto dal libro dell'Apocalisse ( Ap 18,1-2.21-23; Ap 19,1-3.9 ) proposto nella prima lettura.
L'angelo « gridò a gran voce: "È caduta Babilonia" ».
Che, ha spiegato il Papa, « seminava la corruzione nei cuori della gente, ci portava a tutti noi, e ci porta a tutti noi, per la strada della corruzione ».
« La corruzione - ha spiegato - è il modo di vivere nella bestemmia, la corruzione è una forma di bestemmia, il linguaggio di questa Babilonia, di questa mondanità, bestemmia: non c'è Dio », ma « c'è il Dio denaro, il Dio benessere, il Dio sfruttamento ».
Il Pontefice ha continuato affermando che « questa Babilonia, questa mondanità, questa regalità del mondo che seduce i grandi della terra - alcuni non cadono e sono santi, altri cadono dal potere della corruzione, il "potere della bestemmia" - cadrà, questa civiltà cadrà e il grido dell'angelo è un grido di vittoria: "È caduta" ».
Così finisce Babilonia « che ingannava con le sue seduzioni.
E l'impero della vanità, dell'orgoglio cadrà, come è caduto Satana, cadrà ».
Ecco poi la seconda voce, « potente, ma non di un angelo », raccontata da Giovanni nello stesso passo dell'Apocalisse: « Dopo questo, udii come una voce potente di folla immensa nel cielo che diceva: "Alleluia! Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio" ».
E « contrariamente al grido dell'angelo, che era un grido di vittoria perché era caduta questa città corrotta, questa civiltà corrotta - ha spiegato il Papa - c'è il grido della folla, del popolo di Dio, il grido di lode: "Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio, perché veri e giusti sono i suoi giudizi" ».
Questa, ha detto il Pontefice, « è la voce potente dell'adorazione, dell'adorazione del popolo di Dio che si salva, e anche del popolo in cammino che ancora è sulla terra ».
Il popolo di Dio, ha proseguito, è « peccatore ma non corrotto: peccatore che sa chiedere perdono, peccatore che cerca la salvezza di Gesù Cristo ».
E « questo popolo si rallegra quando vede la fine: è la gioia della vittoria nel popolo di Dio che si fa adorazione, è la voce potente dell'adorare ».
« Sempre - ha affermato Francesco - il nostro atteggiamento è positivo.
Noi non possiamo rimanere soltanto col primo grido dell'angelo se non c'è quest'altro, questa voce potente dell'adorazione di Dio, il Signore ».
Il primo « grido » è, dunque, « la caduta ».
E « il secondo invece l'adorazione ».
Ma « per poter adorare dobbiamo incominciare qui a fare l'adorazione e per i cristiani non è facile adorare: noi siamo bravi quando preghiamo chiedendo qualcosa ».
E « quando preghiamo ringraziamo anche il Signore » oppure preghiamo « per gli altri: siamo bravi, sappiamo farlo ».
Ma « adorare, la preghiera di adorazione, di lode, quella non è facile farla », ha rimarcato il Pontefice.
Per questo « dobbiamo impararla, dobbiamo impararla da adesso per non impararla di fretta quando arriveremo là ».
Francesco ha invitato a mettersi « davanti al Signore, davanti al tabernacolo, in silenzio » e « adorare ».
L'adorazione infatti è una « bella preghiera perché questa preghiera dice soltanto: "Tu sei Dio, io sono un povero figlio amato da te ».
E « questo è molto bello: adorare ».
La « terza voce » proposta dal Papa, infine, « non è né un grido né una voce potente: è una voce sussurrata, è un sussurro ».
Si legge infatti nel brano dell'Apocalisse: « Allora l'angelo mi disse: "Scrivi, beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello" ».
« L'invito del Signore - ha spiegato - è sempre una voce sussurrata, è una voce soave, come dice il libro dei Re.
Dio parla a Elia, con "un filo di silenzio sonoro": che bello!
La voce di Dio, quando parla al cuore è così: come un filo di silenzio sonoro, il sussurro di Dio ».
È proprio « quell'invito, quella promessa che ci ha fatto, al popolo: "Io lo chiamerò, io lo porterò al deserto e gli parlerò al cuore", con questa voce soave ».
« E sarà - ha affermato il Papa - la fine, la nostra salvezza, questo invito: invito al banchetto di nozze dell'agnello ».
Questo « ci fa pensare che quelli che sono riusciti a entrare nel banchetto, secondo la parabola di Gesù, non sono stati gli invitati che hanno rifiutato di andare; sono quelli che erano nei crocevia dei cammini, buoni e cattivi, ciechi, sordi, zoppi, tutti noi peccatori ma con l'umiltà sufficiente per dire: "Sono un peccatore e Dio mi salverà" ».
E « se abbiamo questo nel cuore, lui ci inviterà; sentiremo questo sussurro, questa voce sussurrata a noi, questo filo di silenzio sonoro che dice: "Vieni, vieni al banchetto" ».
In conclusione Francesco ha ricordato che il passo del vangelo di Luca ( Lc 21,20-28 ) proposto dalla liturgia « finisce con questa voce: "Quando cominceranno ad accadere queste cose - ossia la distruzione della superbia, della vanità, tutto questo - risollevatevi e alzate il capo, la vostra liberazione è vicina ».
Questo significa che « ti stanno invitando alle nozze dell'agnello ».
E allora, ha auspicato il Papa, « il Signore ci dia questa grazia di aspettare quella voce, di prepararci a sentire questa voce: "Vieni, vieni, vieni servo fedele, peccatore ma fedele: vieni, vieni al banchetto del tuo Signore" ».