Venerdì, 16 giugno 2017
Il segreto per essere « molto felici » è riconoscersi sempre deboli e peccatori, cioè « vasi di creta », quel materiale povero che però può contenere anche « il tesoro più grande: la potenza di Dio che ci salva ».
Ed è dalla tentazione di molti cristiani di truccarsi per apparire invece « vasi d'oro », ipocritamente « sufficienti a se stessi », che Francesco ha messo in guardia nella messa celebrata venerdì 16 giugno a Santa Marta.
« In questo quarto capitolo della seconda lettera ai Corinzi - ha fatto subito presente il Papa riferendosi al passo proposto dalla liturgia ( 2 Cor 4,7-15 ) - Paolo parla del mistero di Cristo, parla della forza del mistero di Cristo, della potenza del mistero di Cristo ».
E poi, ha spiegato, l'apostolo « continua con il passo che abbiamo letto: "Fratelli, noi abbiamo un tesoro - Cristo - in vasi di creta" ».
Dunque, ha rilanciato Francesco, « questo tesoro di Cristo noi lo abbiamo, ma nella nostra fragilità: noi siamo creta ».
È « un grande tesoro in vasi di creta: ma perché questo? ».
La risposta di Paolo è chiara: « Affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi ».
Ecco allora, ha affermato il Pontefice, « la potenza di Dio, la forza di Dio che salva, che guarisce, che mette in piedi, e la debolezza della creta, che siamo noi ».
Con la consapevolezza, perciò, che « nessuno di noi può salvare se stesso: tutti noi abbiamo bisogno della potenza di Dio, della potenza del Signore, per essere salvati ».
Questa verità, ha ricordato il Pontefice, « è come un leitmotiv nelle lettere di Paolo ».
E infatti « il Signore dice a Paolo: "La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza.
Se non c'è debolezza, la mia potenza non può manifestarsi" ».
Di qui l'efficace immagine del « vaso, ma il vaso debole, di creta ».
Così, ha proseguito il Papa, « quando Paolo si lamenta e chiede al Signore di liberalo dagli attacchi di Satana, dice lui, che lo umilia e lo svergogna, il Signore cosa risponde?
"Ti basta la mia grazia, tu continua a essere creta, che la potenza di salvezza la ho io" ».
Proprio « questa è la realtà della nostra vulnerabilità » ha spiegato Francesco.
Perché « tutti noi siamo vulnerabili, fragili, deboli e abbiamo bisogno di essere guariti ».
Paolo lo dice con forza nella sua lettera ai Corinzi: « Siamo tribolati, siamo sconvolti, siamo perseguitati, colpiti come manifestazione della nostra debolezza ».
Ecco la « debolezza di Paolo, manifestazione della creta ».
E « questa è la nostra vulnerabilità: una delle cose più difficili nella vita è riconoscere la propria vulnerabilità ».
« Alle volte - ha ammesso il Papa - cerchiamo di coprire la vulnerabilità, che non si veda; o truccarla, perché non si veda »; o finiamo per « dissimulare ».
Tanto che « lo stesso Paolo, all'inizio di questo capitolo » della sua seconda lettera ai Corinzi, dice: « Quando sono caduto nelle dissimulazioni vergognose ».
Perché « le dissimulazioni sono vergognose, sempre; sono ipocrite, perché c'è un'ipocrisia verso gli altri ».
E infatti « ai dottori della legge il Signore dice: "ipocriti" ».
Ma, ha avvertito il Pontefice, « c'è un'altra ipocrisia: il confronto con noi stessi, cioè quando io credo di essere un'altra cosa da quello che sono, credo di non avere bisogno di guarigione, di non avere bisogno di sostegno; credo che non sono fatto di creta, che ho un tesoro "mio" ».
E questo, ha fatto presente Francesco, « è il cammino, è la strada verso la vanità, la superbia, l'autoreferenzialità di quelli che non sentendosi creta, cercano la salvezza, la pienezza da se stessi ».
Non si deve mai dimenticare, perciò, che è « la potenza di Dio che ci salva », ha ricordato il Pontefice.
Perché « la nostra vulnerabilità Paolo la riconosce », dicendo senza mezzi termini: « siamo tribolati, ma non schiacciati perché la potenza di Dio ci salva ».
E per questa stessa ragione Paolo riconosce anche che « siamo sconvolti ma non disperati: c'è qualcosa di Dio che ci dà speranza ».
E allora « siamo perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi: sempre c'è questo rapporto tra la creta e la potenza, la creta e il tesoro ».
Così davvero « noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, ma la tentazione è sempre la stessa: coprire, dissimulare, non credere che siamo creta », cedendo così a « quella ipocrisia nei confronti dei noi stessi ».
« Paolo ci porta, con questo modo di pensare, di ragionare, di predicare la parola di Dio, a un dialogo tra il tesoro e la creta », ha affermato ancora Francesco.
« Un dialogo che continuamente dobbiamo fare per essere onesti » ha aggiunto, indicando a mo' di esempio « quando andiamo a confessarci » e magari riconosciamo: « sì, ho fatto questo, ho pensato questo ».
E così « diciamo i peccati come se fossero una lista di prezzi al mercato: ho fatto questo, questo, questo ».
Ma secondo il Papa, la vera domanda da porsi è: « Tu hai coscienza di questa creta, di questa debolezza, di questa tua vulnerabilità? ».
Perché « è difficile accettarla ».
« Anche quando noi diciamo "siamo tutti peccatori" - ha proseguito il Pontefice - forse è una parola che diciamo così », senza pesarne del tutto il significato.
Per cui è opportuno fare un esame di coscienza con se stessi, chiedendoci se « abbiamo coscienza di essere creta, deboli, peccatori », consapevoli che « senza la potenza di Dio » non possiamo « andare avanti ».
Oppure « crediamo che la confessione sia imbiancare un po' la creta e con questo è più forte? No! ».
Ma « c'è la vergogna - ha affermato ancora Francesco - che allarga il cuore perché entri la potenza di Dio, la forza di Dio ».
Proprio « la vergogna di essere creta e non essere un vaso d'argento o d'oro: essere creta ».
E « se noi arriviamo a questo punto, saremo molti felici ».
Sempre riguardo al « dialogo fra la potenza di Dio e la creta », il Pontefice ha suggerito di pensare « alla lavanda dei piedi, quando Gesù si avvicina a Pietro e Pietro dice: "No, a me no, Signore, ma per favore, cosa fai?" ».
Il fatto è che Pietro « non aveva capito che era creta, che aveva bisogno della potenza del Signore per essere salvato ».
Ma ecco che « quando il Signore gli dice la verità », Pietro non ha un attimo di esitazione e risponde: « Ah, se è così, non solo i piedi: tutto il corpo, anche la testa! ».
Pietro è un uomo « generoso », ha spiegato il Papa.
Di quella « generosità » che porta a « riconoscere di essere vulnerabili, fragili, deboli, peccatori: soltanto se noi accettiamo di essere creta, questa straordinaria potenza di Dio verrà a noi e ci darà la pienezza, la salvezza, la felicità, la gioia di essere salvati ».
In conclusione il Papa ha pregato il Signore proprio perché « ci dia questa grazia », in modo sa essere sempre capaci di ricevere « il tuo tesoro, Signore, nella consapevolezza di essere vasi di creta ».