Giovedì, 28 settembre 2017
Di fronte ai « rimorsi della coscienza », c'è chi prova a rimuoverli, a nasconderli, addirittura ad « anestetizzarli » coprendoli con altre colpe.
Ma per « guarire » dalle « piaghe del cuore e dell'anima » occorre « tirare fuori la verità » e avere « la saggezza di accusare se stessi ».
Lo ha spiegato Papa Francesco che, nell'omelia della messa celebrata a Santa Marta giovedì 28 settembre, ha preso lo spunto dall'esperienza negativa di Erode Antipa per suggerire a ogni cristiano il corretto rapporto con la sua coscienza.
Come si legge nel vangelo di Luca ( Lc 9,7-9 ), il tetrarca Erode sentiva parlare delle cose che Gesù faceva, ma « non sapeva cosa pensare ».
Era confuso, perché alcuni dicevano che Gesù fosse Elia o un altro profeta risorto, altri ancora pensavano a Giovanni Battista.
E lui « cercava di vederlo ».
Ma, ha spiegato il Pontefice, quella di Erode « non era una semplice curiosità ».
Il suo problema « era qualcosa che sentiva dentro: un rimorso nell'anima, un rimorso nel cuore ».
Lo si intuisce chiaramente quando dice: « No, Giovanni non c'è perché l'ho fatto decapitare io ».
Tira cioè subito fuori un « crimine che aveva fatto ».
Erode si « portava » dentro quella colpa e « cercava di vedere Gesù per tranquillizzarsi, aveva quel rimorso dentro ».
Significativo è il modo in cui il tetrarca « risolve il problema ».
Lo ha evidenziato il Papa: Erode « voleva vedere dei miracoli », ma Gesù non fece « il circo » davanti a lui che, quindi, invece di dire « ma lasciamolo andare … » e salvarlo « lo consegnò a Pilato ».
I due « divennero amici » e « Gesù ha pagato ».
Cosa ha fatto in definitiva Erode?
Ha coperto « un crimine con un altro », « il rimorso della coscienza con un altro crimine ».
Del resto anche suo padre, Erode il grande, « aveva fatto lo stesso » ha ricordato il Papa.
Quando da lui - che « aveva un potere grande » ma aveva commesso « tanti atti criminali » - giunsero i magi a dirgli: « È nato il Re dei giudei », Erode si sconvolse: « aveva paura che gli togliessero il regno ».
Perciò chiese loro di riferirgli quanto avrebbero visto, e perciò, non avendo avuto notizie dai magi che invece non tornarono da lui, uccise i bambini.
Perché, si è chiesto il Pontefice, Erode « ha ucciso i bambini »?
La risposta, che scava nella psiche e nel cuore del re della Giudea, si ritrova in un « padre della Chiesa del primo-secondo secolo, e la Chiesa canta questo il 28 dicembre: "Tu uccidi i bambini nella carne.
Tu uccidi il timore nel cuore" ».
Erode, ha spiegato Francesco: « uccide per timore; per coprire un crimine con un altro ».
Padre e figlio, quindi, andavano avanti « coprendo dei crimini », coprendo « il rimorso della coscienza ».
Proprio questo aspetto è stato approfondito dal Pontefice, il quale ha analizzato cosa sia davvero « il rimorso della coscienza ».
Questo infatti, ha detto, non è « un semplice ricordare qualcosa », ma « è una piaga! Una piaga che a noi quando nella vita abbiamo fatto dei mali, fa male ».
Ma questa piaga è « nascosta, non si vede; neppure io la vedo, perché mi abituo a portarla e poi si anestetizza ».
È dentro di noi e quando « fa male, sentiamo il rimorso ».
In quel momento, ha chiarito Francesco, « non solo sono conscio di avere fatto del male, ma lo sento: lo sento nel cuore, lo sento nel corpo, nell'anima, lo sento nella vita ».
Ed è proprio quello il momento in cui si ha la « tentazione di coprire » il dolore « per non sentirlo più ».
Qualcuno, ha aggiunto il Papa, potrebbe chiedere se il sentire questo dolore sia una « cosa cattiva ».
E, in realtà non lo è: « No, magari tutti sentiamo dove è la piaga! », ha risposto.
E ha ricordato, a tale proposito, la storia del re Davide che « aveva fatto due grandi crimini.
Un peccato di adulterio grosso e poi, per coprirlo, ha fatto un assassinio ».
Davide, ha spiegato il Pontefice, non sentiva nulla, « era tranquillo ».
Ma giacché « Dio gli voleva bene, inviò il profeta Natan a muovere il suo cuore ».
Fu allora che Davide si chiese: « Ma chi ha fatto questo? ».
Alla risposta del profeta « Tu », egli « se ne accorse e sentì il rimorso della coscienza ».
Perciò, ha concluso il Papa, « è una grazia sentire che la coscienza ci accusa, ci dice qualcosa ».
Proseguendo nel ragionamento, ci si potrebbe chiedere: « Come posso guarire quando sento la piaga? ».
Ma, Francesco ha avvisato: bisogna prima domandarsi: « Come posso guarirmi quando non la sento? ».
Infatti, ha sottolineato, « nessuno di noi è un santo … tutti abbiamo fatto delle cose.
E se non sento nulla, segnale rosso ».
Occorre quindi comprendere come fare affinché la piaga « venga fuori », e « per non nasconderla di più ».
La tentazione di rimuovere la piaga è sempre dietro l'angolo: « Alcuni cercano di dimenticarla e non avere questo rimorso e pensano agli altri: « Ma quella povera gente, come soffre quella gente nella guerra, quei dittatori che ammazzano la gente … ».
Si pensa, cioè ai peccati degli altri per non riconoscere i propri.
Ecco allora il suggerimento del Pontefice: « Noi dobbiamo - permettetemi la parola - "battezzare" la piaga, cioè darle un nome ».
E come si fa a farla emergere?
« Prima di tutto prega: "Signore, abbi pietà di me che sono peccatore".
Il Signore ascolta la tua preghiera ».
Il secondo passo è: « esamina la tua vita ».
Può però accadere che, anche facendo questo non si capisca « da dove viene quel dolore », di cosa sia « sintomo », e allora: « Chiedi aiuto a qualcuno che ti aiuti » a fare uscire la piaga « e poi a darle un nome ».
Ma attenzione, ha raccomandato il Papa, ci vuole « concretezza ».
Riconoscere: « Io ho questo rimorso di coscienza perché ho fatto questo ».
Questa è « la vera umiltà davanti a Dio e Dio si commuove davanti alla concretezza ».
E a tale riguardo, Francesco ha confidato che gli « piacciono le confessioni dei bambini, perché i bambini non dicono: "Eh, ho mancato di rispetto … ".
I bambini dicono: "Ho fatto questo, questo, questo".
E anche quando dicono alcune parole un po' …: "Ho detto questo", loro dicono tutto! Sono concreti ».
Allo stesso modo tutti dovrebbero avere « la concretezza di dire, dire a noi stessi, a me stesso: "Ho fatto questo Signore".
E viene fuori la verità.
E così si guarisce ».
In sintesi, ha concluso il Pontefice, occorre « imparare la scienza, la saggezza di accusare se stesso ».
L'itinerario interiore è chiaro: « Io accuso me stesso, sento il dolore della piaga, faccio di tutto per sapere da dove viene questo sintomo e poi accuso me stesso ».
Perciò non si deve « avere paura dei rimorsi della coscienza », anzi, essi « sono un sintomo di salvezza ».
Bisogna, al contrario, « avere paura di coprirli, di truccarli, di dissimularli, di nasconderli ».
Fondamentale è « essere chiari » con se stessi.
E allora « il Signore ci guarisce ».
L'invito del Papa è stato quindi quello di chiedere al Signore la grazia « di avere quel coraggio di accusare noi stessi » e di « dire la verità sulla nostra vita »; dirlo a se stessi « e poi dirlo al Signore perché perdoni ».
Con « concretezza ».
È come, ha concluso, « quando un chirurgo ti porta nella sala per farti un intervento chirurgico »: non è che anestetizza e poi non fa nulla, il medico « ti apre, cerca e quando trova il concreto lo toglie ».
Lo stesso accade con se stessi: bisogna essere concreti, « così si toglie la piaga, si guarisce la piaga e il rimorso della coscienza viene guarito e se ne va ».