Giovedì, 15 marzo 2018
Quante volte accade che a un cristiano venga chiesto: "Prega per me"?
E quante volte ci si impegna a farlo, consapevoli di cosa ciò davvero significhi?
Per mettersi di fronte a Dio, « faccia a faccia » con Lui, per « bussare al suo cuore » ci vogliono, infatti, grande « coraggio » e altrettanta « pazienza ».
È una « libertà » interiore che non si può dare per scontata.
È quanto ha sottolineato Papa Francesco, durante l'omelia della messa celebrata a Santa Marta giovedì 15 marzo, prendendo spunto dalla prima lettura del giorno ( Es 32,7-14 ).
Il Pontefice ha ripercorso con grande attenzione, punto per punto il brano biblico nel quale viene presentato un « dialogo fra Dio e Mosè » che discutono di « un problema che Mosè doveva risolvere »: il fatto cioè che il popolo di Israele si fosse costruito un vitello d'oro per adorarlo.
Ha sottolineato il Papa: « Il Signore era un po' impaziente: si è adirato contro il suo popolo e alla fine ha detto: "Ma tu stai tranquillo, questo lo risolvo io, perché il tuo popolo si è pervertito.
E questo popolo è un popolo dalla dura cervice", dice il Signore.
"Ora, lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori.
Di te invece farò una grande nazione" ».
Ci si trova quindi di fronte a una posizione dura del Signore che « vuole risolvere questo problema della apostasia del popolo ».
Francesco ha fatto notare che innanzitutto Mosè è colpito dalle « due proposte » di Dio: « Distruggerò il popolo: ma tu stai tranquillo.
Di te, invece, farò una grande nazione ».
Una situazione per lui assolutamente particolare.
A tale riguardo il Pontefice, per facilitare la comprensione ha suggerito un esempio tratto dalla « vita quotidiana ».
Può infatti accadere che « a un dirigente, a una persona che ha responsabilità in un'impresa, in un governo, in una ditta », di fronte a una situazione negativa venga prospettata la punizione per molti, e che questo immaginario dirigente accetti in cambio di qualcosa per se stesso ( « Ma va bene: quanto è per me? » ).
È, ha spiegato il Papa, la « logica della tangente », lasciar fare qualcosa pur di avere un tornaconto.
Nel dialogo con Mosè, il Signore gli propone un'alternativa: « Lasciamo fare questo e a te pago con questo: ti farò capo di un grande popolo! ».
Utilizzando un'iperbole, Francesco ha detto: « … quasi un tangente! », per sottolineare la presa di posizione spiazzante per Mosè che, però, ha una reazione illuminante.
Quest'ultimo infatti, ha evidenziato il Pontefice, « amava il Signore: dice la Bibbia che parlava faccia a faccia, come un uomo con il suo amico ».
E ha sottolineato quanto sia « bello sentire questo! » perché fa comprendere che egli « aveva libertà davanti al Signore ».
Una libertà che gli consente di « reagire »: egli infatti « supplicò » Dio, fece cioè « una preghiera di intercessione ».
Proprio su questo tipo di preghiera si è soffermato il Papa, consapevole che la preghiera « per gli altri, non è facile farla.
E ha spiegato che a chi chiede « Per favore, preghi per me che ho questo … », non si può promettere preghiera e risolvere il tutto con « un Padre Nostro e un'Ave Maria » e poi dimenticarsi.
« No: se tu dici che vai a pregare per l'altro, la preghiera di intercessione ti coinvolge, come Mosè è coinvolto con il suo popolo ».
Addirittura Mosè con coraggio - ma, ha detto Francesco, « ci vuole coraggio, eh?
Ma la preghiera di intercessione richiede coraggio!
Dire in faccia a Dio le cose … » - « rinfresca la memoria a Dio » e obbietta: « Signore, ascolta un po': si accenderà la tua ira contro il tuo popolo …
Tu, che lo hai fatto uscire dalla terra d'Egitto con grande forza e con mano potente »; e gli dice: « Ma Tu hai fatto tutto questo, e adesso distruggerai tutto quello che tu hai fatto?
Ma, Signore, non va, questo! ».
Va innanzitutto notato come Mosè porti delle « argomentazioni ».
Francesco ha così sintetizzato il discorso fatto al Signore: « Pensa alla brutta figura che Tu farai: perché dovranno dire gli egiziani: "Con malizia li hai fatti uscire per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra?" », e ancora: « Ma Tu sei il Dio della bontà e farai una brutta figura davanti agli egiziani …
Eh no, Signore, questo non va! ».
E cerca di convincerlo.
Poi insiste: « Desisti, Signore, dall'ardore della tua ira; abbandona questo proposito di fare del male al Tuo popolo ».
Ovvero: « Non fare questa brutta figura: ricordati che sei stato Tu a liberare il popolo ».
E, come se avesse « paura che le argomentazioni non fossero sufficienti », aggiunge: « Signore, anche ricordati: ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, Tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso, hai detto "renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo e tutta questa terra di cui ho parlato la darò ai discendenti e la possederanno per sempre".Ricordati di questo! ».
Mosé, ha spiegato il Pontefice, si « appella alla memoria di Dio » e, è importante notarlo, si « coinvolge ».
Tanto che - è narrato in un altro passo dell'Esodo ( Es 32,32 ) - dice: « E alla fine, Signore, se Tu vuoi cancellare questo popolo dalla terra, cancella anche me ».
Proprio questa è la caratteristica della « preghiera di intercessione: una preghiera che argomenta », che ha il coraggio di dire le cose « in faccia al Signore »; una preghiera che è « paziente ».
Infatti, ha aggiunto il Papa, « ci vuole pazienza: noi non possiamo promettere a qualcuno di pregare per lui e poi finire la cosa con un Padre Nostro e un'Ave Maria e andarcene. No.
Se tu dici di pregare per un altro, devi andare per questa strada. E ci vuole pazienza ».
Si tratta della « stessa pazienza della cananea »: la donna può infatti anche « sentirsi insultata da Gesù », ma « va avanti, lei vuole arrivare a quello e va avanti ».
Ed è la stessa pazienza insistente della donna che « che andava dal giudice iniquo e un giorno il giudice si stancò e disse: "Ma a me non importa niente di Dio né degli uomini, ma per togliermi questa sì, farò la cosa", e ha vinto, ha vinto la vedova ».
Ci vuole, ha concluso Francesco aggiungendo un altro esempio, « la costanza.
La pazienza di andare avanti.
La pazienza di quel cieco all'uscita di Gerico: gridava e gridava e gridava, e volevano farlo tacere … Ma gridava!
E alla fine, il Signore lo ha sentito e lo ha fatto venire ».
Quindi, riassumendo, « per la preghiera di intercessione ci vogliono due cose: coraggio, cioè parresìa, coraggio, e pazienza.
Se io voglio che il Signore ascolti qualcosa che gli chiedo, devo andare, e andare, e andare, bussare alla porta, e busso al cuore di Dio », e farlo « perché il mio cuore è coinvolto con quello!
Ma se il mio cuore non si coinvolge con quel bisogno, con quella persona per la quale devo pregare, non sarà capace neppure del coraggio e della pazienza ».
Naturalmente, ha continuato Francesco, è necessario avere una « grande libertà », come quella che si permette Mosè.
Tant'è che si potrebbe pensare: « Ma, Mosè è stato maleducato » nel rifiutare la proposta di Dio.
Mosè invece, pur rispettando Dio, non viene meno al « suo amore al popolo.
E questo piace a Dio ».
Accade allora che « quando Dio vede un'anima, una persona che prega e prega e prega per qualcosa, Lui si commuove » e « concede la grazia ».
Da tutto questo scaturisce il consiglio per ogni cristiano che si trova in una situazione simile.
Sarebbe bene domandarsi: « Quando a me chiedono di aiutare con la preghiera a risolvere un problema, una situazione difficile, un dolore in una famiglia, io mi coinvolgo con quello? ».
Perché se non si è capaci di coinvolgersi, è meglio dire « la verità » e confessare: « Non posso pregare: dirò soltanto un Padre Nostro ».
Se invece ci si impegna e si dice « Io pregherò », ha suggerito il Pontefice, la « strada della preghiera di intercessione » è ben chiara: « coinvolgiti; lotta; vai avanti; digiuna; pensa a Davide, quando il bambino si ammalò: digiuno, preghiera per ottenere la grazia della guarigione del bambino.
Ha lottato con Dio.
Non ha potuto vincere, ma il suo cuore era tranquillo: ha giocato la propria vita per il figlio ».
Occorre perciò, ha concluso il Papa, chiedere al Signore « la grazia di pregare davanti a Dio con libertà, come figli; di pregare con insistenza, di pregare con pazienza.
Ma soprattutto, pregare sapendo che io parlo con mio Padre, e mio Padre mi ascolterà ».