Giovedì, 25 ottobre 2018
« Sarà una bella abitudine se tutti i giorni, in qualche momento, potessimo dire: "Signore, che ti conosca e mi conosca" e così andare avanti ».
È il suggerimento proposto da Papa Francesco nella messa celebrata giovedì 25 ottobre a Santa Marta.
Non servono « cristiani a parole » che dicono il Credo « a pappagallo », ha affermato il Pontefice, invitando a vivere l'esperienza di sentirsi sul serio peccatori.
« Se qualcuno - ha esordito Francesco - ci domanda "chi è Gesù Cristo", noi sicuramente diremo quello che abbiamo imparato nella catechesi, come lui è venuto a salvare il mondo, diremo la vera dottrina su Gesù: è il salvatore del mondo, il Figlio del Padre, Dio, uomo, quello che recitiamo nel Credo ».
Ma, ha fatto presente, « un po' più difficile sarà rispondere alla domanda: "È vero, ma per te, chi è Gesù Cristo?" ».
E questa è una « domanda » che « ci mette un po' in imbarazzo, perché devo pensare e arrivare al mio cuore per dare la risposta ».
Dunque, ha rilanciato il Papa, « per me, chi è Gesù Cristo?
La conoscenza di Gesù Cristo che io ho, quale è?
Quando dico che per me Gesù Cristo è il Salvatore, è così - ha affermato il Pontefice - ma ognuno di noi deve rispondere anche dal cuore, quello che sa e sente di Gesù Cristo, perché tutti sappiamo che è il salvatore del mondo, che è il Figlio di Dio, che è venuto sulla terra per salvarci, e anche possiamo raccontare tanti passi del Vangelo ».
Resta, però, la domanda diretta: ma « per me » chi è Gesù Cristo?
Proprio « questo è il lavoro di Paolo » ha spiegato Francesco in riferimento al passo liturgico tratto dalla lettera agli Efesini ( Ef 3,14-21 ), facendo notare che l'apostolo « ha questa inquietudine di trasmettere la propria esperienza di Gesù Cristo ».
In effetti, ha insistito Francesco, Paolo « non ha conosciuto Gesù Cristo cominciando dagli studi teologici; poi, è andato a vedere come nella Scrittura era annunciato Gesù Cristo ».
Al contrario, « lui ha conosciuto Gesù Cristo per propria esperienza, quando è caduto da cavallo, quando il Signore gli ha parlato al cuore, direttamente ».
E « quello che Paolo ha sentito vuole che noi cristiani lo sentiamo ».
Se fosse possibile domandare a Paolo « chi è Cristo per te? », ecco che, ha affermato il Papa, lui racconterebbe « la propria esperienza, semplice: "Mi amò e si è consegnato per me" ».
Ma Paolo « è coinvolto con Cristo, che ha pagato per lui », e « questa esperienza Paolo vuole che i cristiani - in questo caso i cristiani di Efeso - la abbiano, entrino in questa esperienza al punto che ognuno possa dire: "Mi amò e si consegnò per me" ».
Però è importante « dirlo con l'esperienza propria » ha suggerito il Papa.
Francesco ha voluto rileggere un passo della lettera agli Efesini proposta come prima lettura: « Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere - lì va Paolo - quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio ».
« Paolo vuole condurre tutti noi a questa esperienza » ha spiegato il Pontefice, perché è « l'esperienza che lui ha avuto di Gesù Cristo: l'incontro con Gesù Cristo gli ha fatto capire questa cosa grande ».
Ma « come si può arrivare a questo, qual è la strada? » è la questione proposta dal Papa.
Forse, ha aggiunto, « devo recitare il Credo tante volte?
Sì, ma non è proprio la migliore strada giusta per arrivare a questa esperienza: aiuterà, ma non è quella giusta ».
Infatti, ha affermato Francesco, « Paolo quando dice che Gesù si è consegnato per lui, che è morto per lui, vuole dire "ha pagato per me" e racconta tante volte nelle sue lettere la propria esperienza: "Io ero un peccatore", "io perseguitavo i cristiani" ».
Per farlo, ha proseguito il Papa, egli « parte dal proprio peccato, dalla propria esistenza peccatrice, e la prima definizione che dà Paolo di se stesso è "peccatore": scelto per amore, ma peccatore ».
Così, ha fatto presente il Pontefice, « il primo passo per la conoscenza di Cristo, per entrare in questo mistero, è la conoscenza del proprio peccato, dei propri peccati ».
« Tutti noi ci accostiamo al sacramento della riconciliazione e noi diciamo i nostri peccati » ha proseguito Francesco.
« Ma - ha specificato - una cosa è dire i peccati, riconoscere i peccati e un'altra cosa è riconoscersi "peccatore", di natura "peccatore", capace di fare qualsiasi cosa ».
Insomma, « riconoscersi una sporcizia ».
E « Paolo ha questa esperienza ».
Ci vuole, perciò, la consapevolezza che « il primo passo per la conoscenza di Gesù Cristo è la conoscenza propria, della propria miseria, che ha bisogno di essere redenta, che ha bisogno di qualcuno che paghi: paghi il diritto a dirsi "figlio di Dio" ».
In realtà, ha spiegato il Papa, « tutti lo siamo, ma » per « dirlo, sentirlo, c'era bisogno del sacrificio di Cristo e, partendo da questo, Paolo va avanti con queste esperienze religiose che lui ha, una dietro l'altra, tramite la preghiera e la carità ».
Ecco allora, ha riaffermato il Pontefice, che « il primo passo » è « riconoscersi peccatori, ma non in teoria, in pratica ».
Dire « ho incominciato a fare questo, mi sono fermato, ma se io fossi andato più su questa strada, sarei finito male, molto male » è « la radice del peccato che ti porta avanti ».
Dunque « il primo passo è questo: riconoscersi peccatore e dire a se stesso le proprie miserie, vergognarsi di se stesso: è il primo passo ».
« Il secondo passo per conoscere Gesù è la contemplazione, la preghiera » ha affermato il Papa, proponendo la semplice invocazione: « "Signore, che io ti conosca" ».
E aggiungendo che « c'è una preghiera bella, di un santo: "Signore, che ti conosca e mi conosca" ».
Si tratta, ha spiegato Francesco, di « conoscere se stessi e conoscere Gesù ».
E « qui si dà questo rapporto di salvezza: la preghiera » ha rilanciato il Pontefice, invitando a « non accontentarsi con il dire tre, quattro parole giuste su Gesù » perché « conoscere Gesù è un'avventura, ma un'avventura sul serio, non un'avventura da ragazzino ».
Conoscere Gesù, ha proseguito il Papa, « è un'avventura che ti porta tutta la vita, perché l'amore di Gesù è senza limiti ».
Lo ricorda Paolo sempre nella lettera agli Efesini: « Quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità » è un'espressione per indicare, appunto, che « non ha limiti ».
Ma « questo soltanto con l'aiuto dello Spirito Santo possiamo trovarlo: è l'esperienza di un cristiano ».
E « Paolo stesso lo dice: Lui ha tutto il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare.
Ha la potenza di farlo ».
Però « dobbiamo domandarlo: "Signore, che io ti conosca; che quando io parlerò di te, dica non parole da pappagallo, dica parole nate nella mia esperienza, e come Paolo possa dire: "Mi amò e si è consegnato per me" e dirlo con convinzione ».
Proprio questa è la nostra forza, questa è la nostra testimonianza ».
« Cristiani di parole, ne abbiamo tanti; anche noi, tante volte lo siamo » ha messo in guardia Francesco.
Ma « questa non è la santità: santità è essere cristiani che operano nella vita quello che Gesù ha insegnato e quello che Gesù ha seminato nel cuore ».
Per farlo occorre « conoscere Gesù » con « quella conoscenza che non ha limiti: l'altezza, la lunghezza, la pienezza, tutto ».
Il « primo passo » ha ripetuto il Papa, resta « conoscere se stessi peccatori: senza questa conoscenza, e anche senza questa confessione interiore che sono un peccatore, non possiamo andare avanti ».
Poi, ha ricordato, il « secondo passo » è « la preghiera al Signore che, con la sua potenza, ci faccia conoscere questo mistero di Gesù che è il fuoco che lui ha portato sulla terra ».